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Il voto di Verona contro l’aborto e la saldatura tra estrema destra e ultracattolici: diritti sotto attacco

11 Ottobre 2018 11 min lettura

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Il voto di Verona contro l’aborto e la saldatura tra estrema destra e ultracattolici: diritti sotto attacco

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La notte del 4 ottobre il Consiglio comunale di Verona ha approvato una mozione con l’obiettivo di finanziare e sostenere associazioni cattoliche che promuovono iniziative contro l’aborto. Il documento, presentato dalla Lega e sottoscritto dal sindaco Federico Sboarina, tra le altre cose proclama “ufficialmente Verona città della vita”.

Durante la seduta del Consiglio diverse attiviste di Non Una Di Meno hanno protestato silenziosamente, assistendo al voto vestite come le ancelle della serie tv Handsmaid’s Tale, tratta dal romanzo distopico di Margareth Atwood che racconta una società governata da estremisti cattolici dove le donne perdono ogni diritto e vengono usate solo a scopo procreativo.

Con 21 voti a favore e 6 contro, È STATA APPROVATA pochi minuti fa la MOZIONE 434 che dichiara ufficialmente Verona "...

Pubblicato da Non una di meno - Verona su Giovedì 4 ottobre 2018

La mozione contro l’aborto a Verona

La mozione 434 è stata promossa dal consigliere leghista Alberto Zelger in occasione del quarantesimo anniversario della legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Con il voto positivo l’amministrazione si impegna innanzitutto a inserire “nel prossimo assestamento di bilancio un congruo finanziamento ad associazioni e progetti che operano nel territorio del comune di Verona”. Tra questi vengono citati come esempio i progetti Gemma e Chiara, volti entrambi a evitare che le donne abortiscano.

Il primo è stato costituto nel 1994 dalla Fondazione Vita Nova, con l’obiettivo di fornire a livello nazionale “un servizio per l’adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino. Una mamma in attesa nasconde sempre nel suo grembo una gemma (un bambino) che non andrà perduta se qualcuno fornirà l’aiuto necessario”. Il progetto Chiara, invece, è dell’associazione cattolica Centro Diocesano Aiuto Vita, è descritto sul sito come “il servizio della Chiesa Veronese per l’accoglienza e per la protezione della vita nascente, per il sostegno alla maternità e per la prevenzione dell’aborto volontario”.

In secondo luogo, la mozione di Zelger prevede la promozione del “progetto regionale Culla Segreta”, anche “stampando e diffondendo i suoi manifesti pubblicitari nelle circoscrizioni e in tutti gli spazi comunali”. Stando a quanto si legge sul sito del Comune di Verona, Culla Segreta è “un servizio gratuito a sostegno della maternità e alla famiglia” avviato a fine settembre 2008. “La donna in gravidanza che non riesce a superare gli ostacoli legati alla maternità, potrà compiere una scelta consapevole e responsabile, partorire in modo riservato, restare anonima, e non riconoscere il neonato alla nascita, che verrà inserito in una famiglia adottiva idonea, scelta dal Tribunale dei Minorenni”.

La mozione spinge sull’importanza dell’aspetto economico quando si parla di maternità. «Questo è sicuramente vero, ma non si può non considerare il contesto politico in cui nasce la mozione, le premesse sono tutte sbagliate», spiega a Valigia Blu Giulia Siviero, giornalista del Post che ha seguito sin dall’inizio questa vicenda.

Dopo un’introduzione incentrata su tutela e incentivo della maternità, infatti, il documento elenca alcuni dati citando come fonti siti pro-life, denuncia come l’aborto sia stato usato “ai fini di limitazione delle nascite”, definisce le interruzioni di gravidanza con metodo farmacologico (la pillola RU486) “uccisioni nascoste” che diffondono la “cultura dello scarto” e si scaglia contro la diagnosi prenatale, che consente alle donne di scoprire gravi malformazioni del feto.

«Il problema non è che si danno soldi al progetto Gemma o altre associazioni che sostengono le donne in gravidanza in difficoltà economica – dice Siviero – Il punto è che un’amministrazione pubblica non metta i consultori pubblici in condizioni di fare il lavoro che la 194 chiede loro, e cioè informare, mentre si finanziano associazioni private. Perché iscriversi a Gemma costa». Quanto a “Culla segreta”, invece, una legge che permette alle donne di restare anonime al momento del parto esiste già nell’ordinamento italiano.

Le premesse in cui è maturata la mozione emergono anche da alcune dichiarazioni rilasciate dal suo promotore, il consigliere leghista Alberto Zelger, che in un’intervista alla Gazzetta di Modena si è definito «antiabortista», perché «l'aborto è peggio della guerra» e se le donne italiane non faranno figli «saremo conquistati dai musulmani che appena saranno maggioranza ci imporranno la legge islamica».

Ai microfoni de La Zanzara su Radio24, Zelger ha detto che l’aborto è «un abominevole delitto. Il mio esempio è la Russia di Putin, dove gli aborti sono scesi da quattro milioni l'anno a due con sussidi alla maternità. Fosse per me la legge sull'aborto, la 194, non dovrebbe esistere. Sono contrario all'aborto, del tutto in linea con la posizione del ministro Fontana. Significa uccidere un bambino nella pancia della mamma». In quella stessa occasione il consigliere ha anche definito gli omosessuali «una sciagura per la riproduzione e la conservazione della specie. Il sesso omosex fa male alla salute, fa venire malattie di tutti i tipi, è un disturbo della personalità».

Secondo un’attivista di Non Una di Meno Verona intervistata da LetteraDonna, «tutti i passaggi politici svelano un’altra verità dietro la facciata del sostegno alla maternità: le donne sono delle incubatrici a cui vengono dati dei soldi affinché partoriscano. Ma la scelta di diventare o non diventare madre è più complessa e non è legata solo a fattori economici. Le donne devono poter decidere libere da ingerenze esterne». Per difendere la mozione, aggiunge, «hanno tirato in ballo l’articolo 1 della Legge 194, dove si afferma che Stato, Enti e Regioni devono lavorare per evitare che l’aborto diventi un mezzo di controllo delle nascite. Finanziare queste associazioni scongiurerebbe, a loro avviso, questo rischio. Ma per evitare gravidanze indesiderate le misure da adottare sono altre: dall’educazione sessuale nelle scuole, alla contraccezione gratuita e ai finanziamenti ai consultori pubblici».

Della mozione 434 si era già discusso lo scorso 26 luglio, quando era arrivata in Consiglio insieme a un’altra, la 441, che chiede che i feti delle donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza siano automaticamente sepolti, senza bisogno della loro autorizzazione e prescindendo dalla loro volontà. Quest’ultima proposta non è stata ridiscussa per problemi procedurali. Anche se, secondo Siviero, probabilmente tornerà all’ordine del giorno.

Anche in quell’occasione Non Una di Meno Verona aveva protestato: alcune donne erano arrivate in aula vestite da ancelle. Il consigliere comunale Andrea Bacciga (eletto con la lista a cui appartiene il sindaco Sboarina) aveva alzato il braccio destro facendo il saluto romano verso le attiviste, provocando un trambusto che ha interrotto la seduta per qualche minuto.

Non Una di Meno ha presentato un esposto in procura per violazione della legge Scelba. Bacciga ha spiegato di aver solo salutato «in questa maniera qua delle persone con la mano destra, ma se è proibito salutare con la mano destra ditemelo, evidentemente siamo in un regime che dovrò salutare con il pugno chiuso. Se volete tagliarmi la mano destra fatelo». Successivamente ha aggiunto che un’eventuale condanna sarebbe stata per lui «un onore».

Il gesto di Bacciga era stato visto anche da alcuni consiglieri, tra cui Michele Bertucco di Sinistra in Comune: «Ha fatto il saluto fascista due volte. Il primo ha scatenato le proteste del pubblico sul loggione e allora Bacciga l’ha rifatto. Solo dopo l’ha negato, dicendo che salutava le persone che erano intervenute dall’alto. Il sindaco non c’era, il presidente del Consiglio comunale Ciro Maschio ha dichiarato di non aver visto». Quest’ultimo ha difeso Bacciga, assieme ad altri e al sindaco Sboarina, che in un’intervista ha dichiarato che quella di Non Una di Meno è stata «una provocazione», a cui il suo consigliere ha risposto con un’altra.

A distanza di tre mesi la mozione 434 è tornata all’ordine del giorno ed è stata approvata ottenendo sei voti contrari e ventuno a favore. Tra questi c’è stato anche quello di Carla Padovani, capogruppo del Partito Democratico in Consiglio comunale, provocando numerose critiche e la richiesta di dimissioni da parte di alcuni esponenti della sua formazione. Padovani ha però dichiarato in una nota di aver «votato secondo coscienza», ritenendo la vita «un valore universale e non di partito». Nonostante le polemiche siano scoppiate solo ora, la consigliera aveva già mostrato in precedenza le sue posizioni: lo scorso febbraio aveva chiesto di essere cancellata da un video del PD di Verona perché compariva una coppia omosessuale.

Un laboratorio di erosione dei diritti

Sabato 13 ottobre Non Una di Meno ha chiamato a Verona una manifestazione per protestare contro la mozione votata in Consiglio. L’appuntamento rappresenta «la prima tappa di uno stato di agitazione permanente» indetto dal movimento a livello nazionale, spiega Siviero, che ha contribuito a costruire la manifestazione. «Verona sarà il primo step – aggiunge – perché mette insieme diverse cose: la mozione sull’aborto, il saluto fascista in aula, una recente aggressione omofoba. Sono successe una serie di cose per cui Verona è diventata un po’ il centro di qualcosa che si muove a strati più alti: è un terreno molto accogliente per discorsi che vengono portati avanti a livello nazionale».

Non a caso uno dei primi a esprimersi a difesa della mozione 434 è stato il senatore leghista Simone Pillon, relatore a Palazzo Madama del disegno di legge sull’affido condiviso che associazioni anti violenza e a difesa dei minori ritengono un passo indietro di oltre 50 anni, dannoso e pericoloso. «Dopo aver letto la delibera posso dire che non capisco davvero perché indignarsi se il comune scaligero, nel pieno rispetto della legge, decide di aiutare le donne in difficoltà a proseguire la gravidanza. A norma di legge dovrebbero farlo tutti i Comuni», ha detto Pillon. Qualche settimana fa il senatore aveva rilasciato un’intervista a La Stampa in cui sosteneva che avrebbe convinto «ogni donna a tenere il suo bambino», eventualmente corrispondendo «ingentissime» somme di denaro o impedendole di abortire.

Le congiunzioni tra quanto accade a Verona e la situazione nazionale sono molto profonde. L’esempio più evidente è probabilmente costituito dal ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana (anche lui difensore della mozione), il cui precedente ruolo era quello di vicesindaco della città veneta.

Come ricostruito da Yàdad de Guerre, autore del blog d’inchiesta Playing the Gender Card, Fontana è “un uomo di potere” da vent’anni nella Lega, partito in cui ha ricoperto diversi incarichi. Ha posizioni ultracattoliche, anti abortiste, anti “ideologia del gender”, contrario alle unioni civili e alle famiglie omosessuali, anti immigrazione e sostenitore del pericolo di una "sostituzione etnica".

Lorenzo Fontana è un uomo di potere.Sì, è un cattolico integralista, ovviamente antiabortista, certamente...

Pubblicato da Yàdad De Guerre su Venerdì 1 giugno 2018

Assieme a Simone Pillon ha partecipato all’ultima “Marcia per la Vita” a Roma, e fa parte del Comitato No194 che sabato 13 ottobre a Milano e Caserta manifesterà per abolire con un referendum la legge 194/78, e sostituirla con una normativa che punisca donne e medici che ricorrono all’aborto con una pena detentiva.

A Verona Fontana ha diverse e strette connessioni con movimenti di estrema destra e con l’integralismo cattolico. Lo scorso febbraio in città è stato organizzato il primo “Festival per la Vita”, un convegno dell’associazione Pro Vita con legami con Forza Nuova (non ultimo il fatto che il figlio di Roberto Fiore, segretario del partito di estrema destra, è caporedattore del sito dell’associazione). Fontana era presente ed è intervenuto.

A distanza di un anno, a marzo 2019, Verona sarà la sede del Congresso Mondiale delle Famiglie, organizzato dalle associazioni promotrici del Family Day (Pro Vita Onlus, Comitato Difendiamo i Nostri Figli e Generazione Famiglia) e dall’International Organisation for the Family (IOF). Come quello dello scorso febbraio, l’evento della prossima primavera è supportato da Fontana, stavolta da componente del governo. Anche il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha espresso parole di entusiasmo: «Siamo orgogliosi di ospitare le famiglie del mondo a Verona, questa è l’Europa che ci piace».

Il sindaco di Verona, Sboarina, ha dichiarato che il congresso «sarà l’occasione per ribadire valori a me cari e che sono nel mio programma amministrativo (…) Verona è orgogliosa di accogliere le migliaia di persone che parteciperanno al Congresso, ma soprattutto di diventare laboratorio di idee e di iniziative che promuovano la difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale, e della famiglia nel rispetto delle preziose diversità tra uomo e donna».

Siviero ritiene che Verona sia da tempo un laboratorio politico per certi ambienti. «Chi sta a Verona lo vede un po’ da sempre: da qui sono partite delle dinamiche che poi si sono propagate a livelli più ampi, adesso si trovano anche al governo. A Verona, ad esempio, c’è stata la svolta di Fiuggi, quindi l’entrata della destra “di strada” nelle istituzioni. E qui c’è stata la saldatura tra i movimenti cattolici e l’estrema destra». Una saldatura che Siviero ha ricostruito in un lungo reportage su Il Post, che evidenzia come queste realtà si siano ritrovate “fianco a fianco in diverse occasioni: dai convegni omo-bi-transfobici alle messe di riparazione fino alle mozioni contro il gender portate avanti da un ex consigliere comunale per la Lista Tosi, Alberto Zelger, che ora è in consiglio comunale con Sboarina”.

Intervistato nell’articolo, Emanuele Del Medico, attivista e studioso che nel 2004 ha pubblicato il libro "All’estrema destra del padre. Tradizionalismo cattolico e destra radicale", ha spiegato che Verona «è stata la capitale del tradizionalismo cattolico per numero di associazioni che hanno sempre avuto stretti legami con le frange della destra più radicale e con i partiti espressione di quella destra. Spesso chi militava da una parte stava anche dall’altra. L’obiettivo comune a questi ambienti era ed è ancora oggi ripristinare un ordine del passato – sia esso monarchico, teocratico o fascista – andato perduto. Politicamente questo continuo rimando alla tradizione si è tradotto a livello locale in tentativi, spesso violenti nelle forme e nei modi, di costruire una forte identità comune, etnica, nazionale o culturale fondata sull’esclusione del diverso. Da un mondo all’altro, c’è stata una specie di travaso di ideologismi: il razzismo, l’intolleranza, l’omofobia e una certa forma di violenza si sono coniugati con la ben collaudata visione dio-patria-famiglia».

Le due componenti di movimenti estrema destra e ultracattolici, afferma Siviero, «sono entrate in massa nella maggioranza che attualmente c’è nell’amministrazione locale, e si ritrovano oramai con una sponda fortissima dentro alle istituzioni anche nazionali che portano avanti con un linguaggio diverso la loro stessa sostanza. Lo vediamo con i migranti, con i diritti delle donne o quelli Lgbti».

Come sottolineato da Del Medico, insomma, «l’Italia si sta veronesizzando». Le dinamiche speriamentate nella città veneta si riflettono e si trasferiscono a livello nazionale, talvolta impersonificate dagli stessi soggetti - vedi il caso di Fontana.

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Il punto, secondo Siviero, è che si rischia di sottovalutare quanto sta accadendo e il pericolo che si corre. «Ai movimenti, a chi fa politica attiva, è evidente il cambio di passo. In altri ambienti meno: c’è un continuo tentativo di normalizzare quello che succede e le avvisaglie di ciò che potrebbe aspettarci», spiega. Ad esempio, aggiunge, «il capogruppo della Lega in consiglio comunale ha presentato una mozione che sarà discussa giovedì in cui condanna e prende le distanze dalle parole di Zelger ai giornali. Capogruppo che ha ovviamente votato la mozione contro l’aborto. È un tentativo di dire “non siamo tutti così”, di fare meno rumore. Lo trovo agghiacciante».

Le attiviste di Non Una di Meno sono convinte che la vicenda di Verona rappresenti solo un terreno di prova per politiche repressive, a partire dal disegno di legge Pillon: «La questione delle donne è entrata in una dinamica politica più ampia, che ha visto le istanze razziste e xenofobe dei movimenti di estrema destra saldarsi con le posizioni ultracattoliche. Quello che sta accadendo a Verona rischia di ripetersi a livello nazionale».

Foto in anteprima via Non una di meno – Verona

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