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@beppe_grillo, Ingroia e la dose quotidiana di paranoia

26 Luglio 2012 4 min lettura

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@beppe_grillo, Ingroia e la dose quotidiana di paranoia

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I giudici prima si ammazzavano, ora si mandano al confino all'estero, molto più lontano che ai tempi di Mussolini. Ieri a Eboli, oggi a Città del Guatemala. Con il loro consenso, ovviamente.

Così Beppe Grillo nel suo ultimo post, dove ipotizza, anzi afferma, che il giudice Antonio Ingroia viene spedito al confino con il suo consenso, per sottrargli dalle mani la delicata indagine sulla trattativa Stato-Mafia. Il comico (o politico) forse nemmeno si rende conto che questo significa denigrarlo, non certo difenderlo. Quello che sta paventando è un complotto di cui lo stesso Ingroia sarebbe involontario complice, anzi a cui darebbe il "consenso".

Da tempo le Nazioni Unite mi hanno proposto un incarico annuale di capo dell’unità di investigazione e analisi criminale contro l’impunità in Guatemala. La proposta la considero una sorta di prosecuzione della mia attività in Italia. In quelle latitudini, per fortuna, i giudici antimafia italiani sono apprezzati anziché denigrati e ostacolati.

È ciò che dice Antonio Ingroia nell''intervista su La Stampa, a cui lo stesso Grillo rimanda nel post. Una proposta di lavoro che il giudice palermitano ha accettato volontariamente. Un incarico per il quale doveva arrivare l'assenso del Consiglio Superiore della Magistratura. Dopo la riunione del plenum, il Consiglio ha deciso a maggioranza di concedere a Ingroia il permesso di recarsi in Guatemala per ricoprire l'incarico offertogli dall'Onu. Peraltro, a votare contro sono stati anche "laici" del PdL e togati di Magistratura Indipendente, corrente di centrodestra della ANM. Dunque hanno votato per impedire a Ingroia di allontanarsi dall'Italia persone vicine a una parte politica nota per essere piuttosto critica nei confronti del giudice. Perchè? Se esiste una logica che sottende alla volontà di disfarsi di persone considerate scomode, non si capisce bene. Comunque, Grillo se la dovrebbe prendere con lo stesso Ingroia o con il CSM che gli ha consentito di andare in Guatemala, per occuparsi, tra l'altro, di questioni come il narcotraffico e il riciclaggio internazionale che rientrano nell’impegno anti-Mafia del pm.

Naturalmente si può discutere di questa decisione. Lo si può fare alla luce del contesto, delle polemiche che hanno coinvolto il Presidente della Repubblica, della storia giudiziaria e politica recente, delle stesse parole di Ingroia, il quale constata come in questo paese i giudici siano spesso "denigrati e ostacolati", si sia d'accordo o meno con questo punto di vista. Che Ingroia possa cogliere l'occasione del Guatemala perchè si sente un bersaglio, con lo spirito di chi si allontana dall'Italia come da un paese in cui il lavoro di certi giudici viene "denigato e ostacolato", è un conto. Altra e diversa cosa è vedervi allontanamenti coatti, mascherati magari da promozioni. Anche perchè il termine bersaglio viene usato da Grillo, ma non solo, in modo arbitrario, per richiamare l'immagine di un bersaglio fisico. Le bombe insomma:

Ingroia era diventato un bersaglio. Rischiava di finire ammazzato come Borsellino.

Le parole di Ingroia di qualche giorno fa:

È vero che sto valutando la proposta con interesse. In Italia il lavoro non è finito, il lavoro ha anche una sua proiezione internazionale e si può anche pensare per un periodo limitato di creare le basi per gettare un ponte tra l'Italia e quell’area dell'America Centrale che in questo momento è nevralgica per tutti i traffici illeciti. [... ] Perchè è un'esperienza che mi stimola molto. Ammetto, di provare un po' di stanchezza di [essere] bersaglio quotidiano.

A meno di non pensare che stia parlando in codice o di accusarlo di nascondersi o di non avere il coraggio di dire quello che vorrebbe, si può ammettere con tranquillità che il termine bersaglio, ripreso da molti, com'è qui utilizzato da Ingroia, è inteso nel senso "bersaglio di polemiche/accuse quotidiane", che per quanto violente sono sempre altra cosa rispetto al tritolo.

Insomma: Ingroia accetta un incarico in Guatemala che egli stesso considera rilevante e di personale interesse, anche perchè in Italia si sente bersaglio quotidiano. Tutto questo nell'Universo-Grillo diventa "Ingroia corre il pericolo di saltare in aria e viene mandato al confino in Guatemala". Cosa che, peraltro, viene considerata positiva, da un certo punto di vista, dallo stesso Grillo, perchè se fosse davvero così si starebbe salvando la vita al giudice, invece di sbarazzarsene.

Piaccia o meno, ci si creda o meno, l' America Centrale è considerata nevralgica da Ingroia Stesso. Perciò quando Grillo invita il ministro della Giustizia a "evitare di prendere per il culo gli Italiani" per la sua frase:

Combattere la criminalità organizzata anche fuori dal territorio nazionale è importantissimo, perché la criminalità organizzata è transnazionale e avere i nostri magistrati... è una cosa che ci fa veramente onore

in realtà sono le affermazioni di Ingroia stesso che dovrebbe considerare barzellette atomiche, come scrive riferendosi invece al ministro Severino.

...con Ingroia in Guatemala, ancora una volta questo Paese si dimostra di merda. Quella sostanza che esce dal culo delle istituzioni deviate da almeno vent'anni.

Di nuovo, la pacata considerazione andrebbe rivolta ad Antonio Ingroia.

Le questioni riguardanti le inchieste sulla trattativa Stato-Mafia sono già complesse e delicate e servirebbe uno sforzo di riflessione un po' più grande di quello richiesto dall'urlare a imminenti attentati, complotti per disfarsi di giudici e lamenti sulla materia di cui è fatto il nostro paese, materia che non diventa più o meno nobile se un giudice decide di allontanarsi per un po'.

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È Ingroia ad affermare che le indagini possono continuare anche in sua assenza:

Ritengo che questa missione internazionale possa fare molto bene all'Italia per riacquistare credibilità. Non sto facendo un passo indietro, ma un passo di lato. E poi la Procura di Palermo è piena di giovani che proseguiranno benissimo il nostro lavoro". [...] Ho sempre considerato controproducente - ha aggiunto - un eccesso di personalizzazione delle indagini perchè‚ è sempre più facile attaccare la persona che i fatti giudiziari.

Viene spontaneo domandarsi perchè risulti così difficile rimanere aderenti ai fatti, dato che il più delle volte sono già sufficienti, così come sono, a sollecitare riflessioni e denunce. Quando ci si allontana il risultato è, come in questo caso, solo quello di iniettare, anche nella Rete, la solita dose quotidiana di paranoia.

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