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Berlusconi e l’effetto Kakà

12 Luglio 2012 3 min lettura

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Berlusconi e l’effetto Kakà

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Dino Amenduni @doonie

@valigiablu - riproduzione consigliata
Berlusconi si candida Premier nel 2013. Lo dicono tutti i giornali, dunque sarà vero.

Però:

1. Berlusconi non ha ancora annunciato la sua candidatura, sebbene tutti i quotidiani parlino dell "annuncio di Berlusconi'. Qualcuno ha sentito la sua voce, ha visto il suo volto, può dire che esiste un annuncio? Tutto nasce da un retroscena sul Corriere della Sera non smentito (ma neanche confermato) dall'interessato. Possibile mai che l'uomo del nuovo miracolo italiano, del predellino, delle corna ad Angela Merkel, dell'editto bulgaro del 'chi vota a sinistra è un coglione', del Kapò a Martin Schulz si faccia anticipare da un quotidiano (che non appartiene al suo gruppo editoriale)?

2. Berlusconi ha compreso, suo malgrado, che esiste una forza più forte della politica nella definizione del successo o del fallimento delle sue imprese di famiglia: i mercati. Lo ha misurato in prima persona nel drammatico novembre 2011, quando lo spread arrivò a 570 punti. Governare il Paese non solo non lo mette al riparo da minacce esterne, ma fatalmente lo espone. Se qualcuno non volesse l'ex Premier al Governo, deve 'solo' attaccare il titolo Mediaset in Borsa. Perché un uomo che ha sempre tutelato i propri interessi economici dovrebbe smettere di farlo a 76 anni, per lo più nel momento più basso della sua storia d'amore con gli italiani?

3. L'annuncio/spauracchio della candidatura congela la discussione nel centrodestra. Chi in questi mesi ha dichiarato di voler andare oltre Berlusconi, di voler formattare il Pdl, di volere a tutti i costi le Primarie, ha pochi giorni di tempo per scegliere il proprio futuro politico. Se si resta con Berlusconi si rinuncia, forse per sempre, alla propria credibilità politica. Se si mette in discussione la candidatura bisogna di fatto candidarsi in modo competitivo, 'contro Berlusconi', con l'effetto di far detonare il centrodestra. A quel punto, in ogni caso, i detonatori avrebbero ben poco margine di consenso per restare nella politica che conta. Questa dinamica win-win per Berlusconi potrebbe portare alla chiusura quasi definitiva della discussione sulla legge elettorale: chi vuole andare in Parlamento dovrà farsi cooptare per non rischiare, dunque il Porcellum tornerà a essere il miglior sistema possibile, anche perché la storia di questi 17 anni ci dice che il consenso del centrodestra è stato consenso personale di Berlusconi traslato sui nominati: quanti leader del Pdl hanno una forza elettorale propria, sufficiente ad andare in Parlamento con collegi o preferenze?

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4. Il capolavoro di tattica politica potrebbe però essere garantito dalle conseguenze a sinistra di questo retroscena. Berlusconi, lasciando circolare questa notizia, chiude definitivamente la porta a Casini e Fini, che non potranno che candidarsi col Pd. I due, però, sono incompatibili con Vendola e Di Pietro. Molto difficilmente la foto di Vasto riuscirà a sopravvivere alla giornata di ieri. Il centrosinistra tradizionale (Pd + Idv + Sel), l'unico modello politico davvero alternativo a Berlusconi, rischia di esplodere a sua volta. Allo stesso tempo l'elettorato del Pd vede con profondissima diffidenza l'alleanza con Fini. L'unico candidato che potrebbe garantire solidità politica ed elettorale a questa alleanza Pd-Terzo Polo (con qualsiasi legge elettorale) è Mario Monti.

5. Se le cose dovessero evolversi in questo modo, sarà il Pd a candidare Monti in chiave anti-berlusconiana. Ma Monti ha sponsor ovunque, in Italia, in Europa e nel Mondo. Questi sponsor potrebbero decidere di fare pressione sull'opinione pubblica italiana da qui fino a settembre, data indicativa dell'inizio dell'eventuale campagna elettorale di Berlusconi. Monti, sempre a settembre, potrebbe essere 'costretto' a candidarsi, anche perché non c'è nessun segnale che ci lascia intendere che lo spread calerà, che la situazione economica migliorerà, che quella politica si chiarirà. A quel punto Berlusconi potrà esercitare quello che io definirei 'Effetto Kakà': un annuncio pubblico, la rinuncia alla candidatura per il bene del Paese (sarebbero due 'rinunce' in meno di un anno: molti elettori si convincerebbero che Berlusconi lo fa davvero per senso di responsabilità), la continuità governativa garantita, la salvezza dell'attuale classe dirigente del Pdl, uno scudo più che convincente agli interessi economici dello stesso Berlusconi.

Ma certamente mi sbaglio, certamente Berlusconi si candiderà.

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