Internet non è un diritto dell’uomo
4 min letturaBruno Saetta @brunosaetta
Partiamo dalla premessa che stabilire se Internet, o più correttamente l'accesso alla rete, deve essere considerato un diritto dell'uomo o meno, è un problema politico, quindi dovrebbe essere un organismo sovranazionale a stabilirlo, per cui non ci imbarcheremo nemmeno in una discussione che palesemente non ci compete. Il punto che ci interessa evidenziare è come si possa scadere in facili semplificazioni che di certo non aiutano un dibattito davvero molto complesso.
Conviene quindi andare a leggere la risoluzione (L13, The Promotion, Protection and Enjoyment of Human Rights on the Internet) richiamata da molti articoli, nella quale troviamo diversi spunti interessanti.
Il testo messo a punto dall'ONU, infatti, riconosce la natura globale ed aperta di Internet come forza trainante per l'innovazione ed il progresso, e invita tutti gli Stati a promuovere e facilitare l'accesso ad Internet e la cooperazione internazionale al fine di sviluppare i media di informazione in tutti i paesi.
In merito ai diritti, il testo sostiene che l'esercizio dei diritti umani, in particolare il diritto alla libertà di espressione, su Internet è una questione di interesse e importanza tanto maggiore quanto lo sviluppo tecnologico consente ai singoli di utilizzare le nuove tecnologie per informarsi e comunicare.
I punti fondamentali appaiono i seguenti:
- “Affirms that the same rights that people have offline must also be protected online, in particular freedom of expression, which is applicable regardless of frontiers and through any media of one’s choice, in accordance with articles 19 of the Universal Declaration of Human Rights and the International Covenant on Civil and Political Rights”;
- “Decides to continue its consideration of the promotion, protection and enjoyment of human rights, including the right to freedom of expression, on the Internet and in other technologies, as well as of how the Internet can be an important tool for development and for exercising human rights, in accordance with its programme of work".
Quindi, il testo della risoluzione ONU non sostiene affatto che Internet, o meglio l'accesso alla rete, è da considerarsi un diritto umano, bensì specifica semplicemente una cosa che in realtà dovrebbe essere ovvia, ma che i governi nazionali faticano ad accettare, cioè che i diritti umani sono sempre gli stessi indipendentemente dal mezzo che si usa per esercitarli, sia esso la voce in una libera piazza, sia un giornale, sia un blog, un forum od un social network in rete.
Questo, però, non vuol dire affatto che Internet di per sé, quale mezzo di accesso alle informazioni o di esercizio della libertà di espressione, sia diventato esso stesso un diritto umano, la rete rimane sempre e solo un mezzo attraverso il quale si esercita il diritto, che è, nello specifico, il diritto alla libertà di espressione. La rete è uno dei tanti mezzi di esercizio dei diritti umani, forse uno dei più importanti, sicuramente quello più democratico e accessibile, ma è solo uno strumento, da non confondere con il diritto dell'uomo.
Il punto non deve apparire riduttivo, anzi, è un elemento fondamentale perché ciò vuol dire che in futuro un Governo che ha recepito la risoluzione ONU non potrà permettersi più di applicare ai diritti esercitati in rete delle limitazioni che non esistono al di fuori della rete, né potrà consentirlo alle aziende per la tutela dei loro interessi economici. Tanto per fare qualche esempio della diversità di regolamentazione, in rete accettiamo che un noto distributore di ebook cancelli un libro dal lettore di ebook senza il nostro permesso, mentre in casa non permettiamo che qualcuno entri senza permesso per frugare nella nostra libreria. In rete accettiamo che le aziende ci seguano passo passo nella nostra navigazione, nella realtà introduciamo il reato di stalking. In rete accettiamo che un ebook non possa essere prestato né rivenduto, nella vita reale il libro è nostro ed una volta acquistato possiamo farne quello che vogliamo. In rete vorrebbero imporre che siano le stesse aziende a stabilire cosa è lecito e cosa non lo è, nella vita reale questa è una funzione propria della magistratura. E così via...
Non possiamo, a questo punto, non notare la comunanza di posizioni della risoluzione suddetta con la raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009, che invitava gli Stati membri dell'Unione europea a “garantire che la libertà di espressione non sia soggetta a restrizioni arbitrarie da parte della sfera pubblica e/o privata e ad evitare tutte le misure legislative o amministrative che possono avere un effetto dissuasivo su ogni aspetto della libertà di espressione”.
Anche lì si evidenziò l'importanza del mezzo Internet, come strumento per l'esercizio delle libertà fondamentali del cittadino, in particolare della libertà di espressione, vero e proprio principio basilare dell'Europa. Anche lì, quindi, si stabiliva che gli individui hanno il diritto di esprimersi liberamente in rete, in particolare si evidenziava che non era ammissibile che i Governi si arrogassero il diritto di monitorare l'intero traffico in rete, nemmeno se ciò fosse giustificato da politiche di lotta alla criminalità.
I principi posti dalla raccomandazione dell'Unione europea sono, quindi, gli stessi alla base della risoluzione dell'ONU, l'esigenza di avviare un serio dibattito alle limitazioni che molti Governi vorrebbero imporre all'utilizzo della rete, così limitando di conseguenza l'esercizio dei diritti dell'uomo in Internet.
Quindi, come sostiene l'art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Ecco, attraverso ogni mezzo, anche tramite Internet.
Parlare, invece, di Internet, o di accesso alla rete, come se fosse un diritto dell'uomo, appare quindi una mera semplificazione che non giova alla comprensione del problema. E sarebbe davvero paradossale se con l'avvento della società dell'informazione, l'uomo dovesse perdersi nelle semplificazioni, invece di sfruttare l'aumentato flusso di informazioni che veicola la rete al fine di comprendere, fino in fondo, la maggiore complessità della società moderna. Solo in tal modo i cittadini potranno prendere coscienza, e combattere con le armi giuste, le battaglie che si prospettano per il futuro.
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