Fuori da qui

In diretta dall’Egitto: stanno uccidendo piazza Tahrir

12 Giugno 2012 5 min lettura

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In diretta dall’Egitto: stanno uccidendo piazza Tahrir

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5 min lettura
Jasmine Isam 
@valigiablu - riproduzione consigliata 
Jasmine Isam è nata a Roma da padre egiziano e madre italiana. Dal 1997 vive al Cairo con il marito archeologo col quale gestisce un'AGENZIA DI VIAGGI. Mamma di due bambini sostiene la Rivoluzione alla quale partecipa in piazza e attraverso un suo BLOG che stiamo ospitando.   
Stanno uccidendo piazza Tahrir
In questi giorni il Cairo è
tranquillo.
La vita procede normalmente, le strade sono piene di
auto, le scuole sono finite, la gente lavora e piazza Tahrir si è
svuotata.

Sono passata lì ieri e, tranne il
traffico, non ho trovato altro che venditori ambulanti e tende. Una
decina di persone in tutto. Nessun vero rivoluzionario, nessun vero
manifestante.
La ruota della quotidianità ha ricominciato,
parzialmente, a girare, contornata da discorsi fiume nei caffè, nei
taxi e nelle case su chi sarà il nuovo presidente e su quanto e come
la nostra vita cambierà.
Intanto, però, qualcosa è cominciato a
cambiare, in maniera subdola e viscida, proprio nella casa della
rivoluzione, proprio e nuovamente tra il Popolo.
E questa volta ad
essere prese di mira sono state le donne.
Se durante la
rivoluzione e i 18 giorni che hanno portato alla caduta di Moubarak
la piazza era un mix di donne e uomini di ogni età, ceto sociale e
religione, oggi non è più così.
Se prima erano i militari e le
forze armate i nemici delle manifestanti femminili intimidite in ogni
maniera, a suon di botte e test della verginità, oggi a spaventare
le donne della rivoluzione sono gruppi sconosciuti di uomini che le
molestano, in maniera violenta, di giorno e in gruppo. Naturalmente
senza che la polizia, tra l'altro inesistente, intervenga.


"Non è stato normale, non si è
trattato di una 'solita molestia' a cui siamo abituate qui
in Egitto, sembrava una cosa organizzata"
. A parlare è
Nihal Saad, 26enne egiziana che lo scorso 2 giugno, è stata assalita
per un'ora e mezza da un gruppo di uomini proprio in piazza Tahrir
dove si trovava con quattro sue amiche a manifestare contro la
sentenza di Moubarak. 

"Quello che ci insospettisce è che
si tratta di gruppi molto grandi. Ed è impossibile che tutti i
molestatori del Cairo si riuniscano ogni volta in piazza" 
continua Lail-Zahra, amica di Nihal, anche lei vittima
dell'aggressione del 2 giugno.

Proprio a seguito di quest'episodio
è stata invocata lo scorso venerdì in piazza una marcia femminile
per chiedere che questi personaggi siano fermati. Poche donne hanno
partecipato alla manifestazione, che tra l'altro non è durata più di un'ora
e che è terminata con nuove molestie ed aggressioni.

"Secondo
me si tratta di controrivoluzione: lo SCAF, i militari, chiunque ha
interesse a far ritornare attivo il vecchio regime" 
afferma
Nadine Wahab, attivista di Tahrir e membro del movimento 'I nostri
diritti' creato da El Baradei.

"Non organizzerò più
nulla a piazza Tahrir finché non si saprà chi sono queste persone.
E la cosa mi spezza il cuore perché Tahrir è stato il posto dove
da sempre mi sono sentita più sicura" 
dice Nihad Saad,
organizzatrice della marcia dello scorso venerdì (fonte: The daily
beast).

Come commentare quello che sta
accadendo? Credono forse che molestando le donne la gente decida di
non andare più a manifestare? Oppure è una maniera per far capire
al popolo che nulla è cambiato e che se 'i piani alti' decidono noi
non possiamo far altro che accettare?

L'altro ieri sono stata a
casa di un'amica, in una zona molto popolare del Cairo, ribattezzata
'il governatorato cinese d'Egitto'. Parlo di Dar El Salem, quartiere
abitatissimo a sud del Cairo, a dieci minuti di auto da El Maadi,
zona invece 'in' del Cairo.

Ho visitato Dar El Salem molte volte
in passato. L'ho sempre trovato sicuramente sporco, ma nulla di più
di altre zone della capitale.

Quello che ho visto invece due
giorni fa mi ha fatto piangere, letteralmente, dentro il minibus.

Via
Ahmed Zaki, la più grande strada a due sensi della zona era divisa,
nel vero senso della parola, da immondizia.

Non parlo di
sacchetti, lattine o sigarette.

Parlo di chilometri interi di vere e proprie montagne alte alcuni metri di immondizia, una
quantità enorme di qualcosa di indefinibile, che solo quando arriva a
toccare la sponda dell'altro lato della strada viene "ripulito"
con una ruspa.

"Meno male che oggi è pulito" -
ha detto l'autista del minibus -
"fino a ieri passavamo sopra
l'immondizia che aveva invaso la strada"
 ha
proseguito, mentre gli altri passeggeri si tappavano il naso e
chiudevano i finestrini.

Una scena devastante, tristissima, che mi
ha riempito di rabbia e disgusto, incapacità di reazione e
impotenza.

Donne che fanno la spesa con i bambini, negozi aperti e
persone sedute per strada davanti ai caffè. Tutto di fronte a
montagne altissime e larghissime di sporcizia, sacchi sopra sacchi,
mobili buttati lì, insieme ad altre cose che sono divenute
irriconoscibili a causa del sole e del maltempo.

"Prima della Rivoluzione non
era così" 
- ha detto la mia amica - "prima
pulivano. C'era immondizia, è vero, ma pochissima. La situazione ora è intollerabile. Abbiamo reclamato e pensa che dopo la caduta di
Moubarak i manifestanti sono venuti a pulire. Ma ora nessuno pensa a
questo quartiere e noi viviamo così, che possiamo fare?".

Che
possiamo fare?

Dovremmo chiederlo ai Fratelli (non ) Musulmani,
così bravi e decisi ad aiutare questo paese che in parlamento non si
parla altro che di 'età di matrimonio delle donne' o di 'pistole per
bambini che urlano frasi anti-islamiche'.

Dovremmo portare un po'
di parlamentari a vivere in questi quartieri e mangiare il pane
'pubblico' dei chioschetti che si trova proprio davanti alle montagne
di immondizia.

Credete che farebbero qualcosa o si sentirebbero,
per così dire, a casa?

Io sono disgustata. Le cose stanno
andando male, malissimo. 

La gente è ormai arrivata al punto del
'stavamo meglio prima'.

Certo, la punizione ha avuto i suoi
frutti.

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Dopo più di un anno di violenze, sangue e morti, crisi di
benzina e gas che hanno ucciso non so quante persone, assenza di
polizia nelle strade, scioperi degli operatori ecologici lunghi mesi,
mancanza di lavoro, caduta libera del turismo, dopo tutto questo, che
cosa dovrebbe dire questa gente?

Mancano pochi giorni al
ballottaggio.

Io ho deciso di non votare. Non ce la faccio. Mi
hanno detto che non votando do chance al nemico, ma a questo punto
non so più chi sia il vero nemico.

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