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Quel pasticcio su AgCom e diritto d’autore

31 Marzo 2012 6 min lettura

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Quel pasticcio su AgCom e diritto d’autore

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Bruno Saetta

@valigiablu - riproduzione consigliata
Il 21 marzo si è tenuta al Senato l'audizione del presidente dell'Autorità Garante per le Comunicazioni, il quale ha difeso a spada tratta la delibera proposta dall'AgCom per la regolamentazione del diritto d'autore in rete

Eppure, nonostante le rassicurazioni sul pieno accordo con gli orientamenti dell'Europa e con lo stesso spirito col quale “la Commissione europea ha rimesso alla Corte di Giustizia della UE la valutazione sulla compatibilità dell’accordo ACTA con i principi fondamentali dell’Unione in materia di libertà di informazione”, il presidente ha sostanzialmente dovuto ammettere che un problema sussiste: “Ci rafforza in tale convincimento la norma di legge predisposta dalla Presidenza del Consiglio che ribadisce la legittimazione dell’AGCOM e ne definisce meglio la competenza e i poteri nella materia del diritto d’autore. Attenderemo che tale norma veda la luce prima di adottare il regolamento predisposto”. 

Insomma, avevano ragione i tanti che asserivano che un problema di legittimazione dell'AgCom ad emanare norme secondarie in materia di diritto d'autore c'è, ed infatti il Governo deve correre in soccorso dell'Autorità con un decreto che esce in versione non ufficiale (quindi potrebbe subire modifiche) sulle pagine de la Stampa. Intitolato: “Disposizioni interpretative in materia di competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, in realtà contiene tutto tranne che norme interpretative, e, come precisa Fulvio Sarzana, assumendo la forma di decreto sarebbe sottratto al controllo parlamentare (del resto il presidente dell'AgCom si è lamentato nel corso dell'audizione che, pur avendo invocato da tempo un intervento in materia di diritto d'autore da parte del legislatore, questo intervento non si è mai avuto). Inoltre sana ex post l'attività “legislativa” svolta dall'AgCom, affidando, come nota Guido Scorza, all'AgCom stessa il compito di vigilare sul rispetto della disciplina in materia di diritto d'autore online, di risolvere le relative controversie e di dettare le regole che governeranno i procedimenti relativi alla rimozione dei contenuti pubblicati in violazione del diritto d'autore online. Insomma, un'Autorità che assommerà in sé i poteri di legislatore, esecutore e giudice! 

Il testo individua nell'AgCom l'autorità “amministrativa, avente funzioni di vigilanza” che “può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore” “impedisca o ponga fine alle violazioni commesse”, autorità indicata nel decreto legislativo 70 del 2003, attuativo della direttiva europea e-commerce. 

Tale direttiva, però, si occupa della responsabilità dei provider non disciplinando affatto la procedura delle ingiunzioni, ma rimettendo agli Stati membri le modalità e le condizioni per i provvedimenti inibitori. Quindi i titolari dei diritti possono ottenere dei provvedimenti inibitori, ma solo alle condizioni previste dal diritto interno. In tal senso la direttiva Ipred (2004/48/CE) disciplina la tutela minima dell'enforcement, compiendo una scelta netta di giurisdizionalizzazione della procedura. 

E infatti il nuovo testo dell'articolo 163 della legge sul diritto d'autore dispone che il titolare dei diritti possa chiedere l'inibitoria “secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari”, riservando così tale funzione alla magistratura. Allo stesso modo l'art. 156 riferisce della possibilità di agire “in giudizio”, e aggiunge: “pronunciando l'inibitoria, il giudice può fissare...”. 

Mentre invece il decreto legislativo 70/2003 non riguarda affatto i diritti di proprietà intellettuale. 

In ogni caso il decreto del Governo affida espressamente all'AgCom l'emanazione di un regolamento in materia di diritto d'autore, assegnandogli il compito di valutare le violazioni delle norme ed eventualmente di applicare sanzioni: “In caso di accertata inottemperanza agli ordini e diffide impartite dall'Autorità… si applicano le sanzioni.... Nei casi di particolare gravità o di reiterazione delle condotte illecite, l'Autorità inoltre dispone la disabilitazione dell'accesso al servizio o, solo se possibile, ai contenuti resi accessibili in violazione della legge 22 aprile 1941, n. 633”. 

L'ultimo paragrafo non introduce affatto le disconnessioni dalla rete in stile Hadopi, come pure qualcuno ha adombrato, essendo, secondo le definizioni della stessa delibera, il riferimento al “servizio”, cioè al sito o portale. Del resto il presidente dell'AgCom ha sempre sostenuto che la delibera non si rivolge agli utenti. 

Piuttosto è assurdo che si possa pensare alla disabilitazione (oscuramento) di un intero servizio (sito) perché ha pubblicato più contenuti in violazione delle norme del diritto d'autore, anche se in passato è già accaduto (PirateBay) a seguito, però, di provvedimenti della magistratura (quindi con un effettivo contraddittorio). 

La verità è che il regolamento dell'AgCom non è altro che un tentativo barocco di riunire discipline diverse al fine di realizzare uno strumento unico, veloce ed economico per la rimozione di contenuti online, e che quindi presumibilmente vada incontro agli interessi dell'industria. 

Infatti, il regolamento comprende le violazioni dei diritti d'autore e diritti connessi compiute da fornitori di servizi di media audiovisivi (televisione, streaming, on demand, tv online) e radiofonici, quelle compiute da fornitori di servizi di media non audiovisivi e non radiofonici (giornali online), e anche le violazioni compiute dagli utenti dei siti che ospitano i cosiddetti user generated content (YouTube, Facebook e Twitter), tenendo fuori solo il p2p. 

Una analisi del testo della delibera rivela chiaramente l'intento, se si pone l'attenzione alla pletora di definizioni (servizio di media audiovisivi, fornitore di servizi, prestatore di servizi, gestore del sito, ecc...) generiche e foriere di difficoltà interpretative. L'uso di tali definizioni deriva dalla evidente necessità di ricercare tra le pieghe dell'ordinamento giuridico una legittimazione dell'AgCom all'emanazione di tale normativa secondaria. 

La confusione è ancora maggiore per la presenza di termini del tutto “agiuridici”, rivelatori dell'origine del testo (le famose best practices americane). Ad esempio il termine “copyright”, più volte utilizzato, che, nonostante sia comunemente usato come sinonimo di “diritto d'autore”, in realtà è proprio dei sistemi di common law(anglosassoni) nei quali identifica diritti non esattamente corrispondenti con il nostrano diritto d'autore. 

Oppure l'articolo 2 della delibera che disciplina le attività dell’Autorità, in particolare quelle finalizzate allo sviluppo dell’offerta legale di contenuti e della loro “corretta fruizione”. In un testo normativo ci si aspetta una differenziazione tra fruizione (meglio: utilizzo) legale od illegale, laddove “corretta” sembra richiamare espressamente i sistemi di common law che prevedono il cosiddetto fair use (fair = corretto, giusto), non esattamente corrispondente alle nostre utilizzazioni libere. 

Per inciso, il presidente dell'AgCom con riferimento a tali utilizzazioni rileva che: “attualmente, questi criteri sono rimessi alla libera determinazione delle parti e i tribunali li esaminano al di fuori di un quadro organico sulla base delle richieste della parte lesa, che in genere è il titolare del diritto”, vantando una sorta di codificazione da parte dell'Autorità sul punto, che conferirebbe (bontà sua!) certezza all'applicazione delle utilizzazioni libere. In realtà esse sono già ampiamente codificate (ad esempio artt. 65 e 70 legge 633/1941) laddove la delibera AgCom non fa altro che recepirle in maniera generica nel testo. Quindi la differenza starebbe nel soggetto che interpreta la norma: prima era un giudice, domani sarà l'AgCom. Ognuno decida di per sé cosa è meglio! 

Il decreto del Governo risolverebbe, forse, il problema della legittimazione da parte dell'AgCom a emanare una norma secondaria in materia, ma non gli altri problemi della delibera, prima di tutto il metodo di emanazione, decisamente poco democratico, di norme in una materia facilmente soggetta ad abusi (come ha ampiamente mostrato la casistica del DMCA statunitense al quale dichiaratamente si ispira la nostrana delibera), tanto più nel momento in cui l'AgCom diviene l'unico soggetto che se ne occuperà, quale legislatore, governo e giudice. 

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In realtà sotto questa profilo un ulteriore dubbio permane, perché le violazioni del diritto d'autore rimangono per lo più veri e propri reati, per i quali l'AgCom è obbligata ad una comunicazione alla magistratura (art. 182 ter L. 633/1941 e 331 c.p.p.), e la delibera prevede che nel momento in cui viene adita la magistratura la fase “giurisdizionale” dinanzi all'AgCom si blocca. 

È evidente la mancanza di raccordo tra le norme, e che l'intento della delibera, come avevamo già rilevato, non sia tanto trasferire la giurisdizione della materia dalla magistratura all'autorità amministrativa, quanto piuttosto costringere le multinazionali, i fornitori di servizi, in poche parole le grandi aziende, ad accordarsi privatamente con i produttori per risolvere le controversie in materia, al di “sopra” dei cittadini. Ci troviamo, quindi, decisamente nell'ottica di ACTA. 

Ma, ci chiediamo, se il punto è quello, non converrebbe attendere la prossima decisione del Parlamento europeo su ACTA, per non rischiare di doverci ritrovare poi con una normativa in contrasto? Certo, la decisione su ACTA sarà presa a metà giugno, invece l'AgCom cessa il suo mandato a maggio... 

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