Se la famiglia Cosentino chiede la distruzione del libro ‘Il Casalese’
3 min letturaAvevo recensito per Valigia Blu il libro Il Casalese, a dicembre, e a distanza di tre mesi mi trovo a scriverne di nuovo, per circostanze poco piacevoli. Mi riferisco alla querela per diffamazione mossa da Giovanni Cosentino, fratello del più celebre Nicola, parlamentare del PDL ed ex sottosegretario di Tremonti. La querela è verso gli autori del libro Il Casalese e verso l’editore. Qui l'articolo del Corriere del Mezzogiorno, che cita anche la solidarietà espressa da Luigi De Magistris, Sindaco di Napoli. Qui il post di Ciro Pellegrino che riassume la vicenda e la conferenza stampa in cui, insieme agli altri autori del libro, si è fatto il punto su un vero e proprio attacco alla libertà di espressione e al diritto-dovere di informare che caratterizza la professione giornalistica. So che in questi casi chi legge può avere una reazione anti-retorica di tipo allergico, leggendo l’espressione «attacco alla libertà di espressione», ma in tutta coscienza penso di dover sfidare il sistema immunitario del lettore.
Perché il querelante chiede in sostanza due cose:
1) distruzione del libro. Poiché lo chiede «in via principale», mentre in via «subordinata» chiede la correzione delle inesattezze imputate agli autori, evidentemente è questo che sta più a cuore al querelante; è presumibile che stia a cuore anche al fratello Nicola, visto che il libro è la prima biografia non autorizzata che viene scritta sul suo conto;
2) 1 milione e duecentomila euro tra danni morali, materiali e patrimoniali, e risarcimento previsto dalla legge sulla stampa del 1948.
Dunque il primo interesse è far sparire il libro. Ci sarebbe da ringraziare Giovanni Cosentino per una richiesta del genere: ci ha mostrato che, ancora prima del contenuto, il valore de Il Casalese è nel fatto stesso di essere stato scritto e pubblicato. È nell’essere stato acquistato, letto, e presentato in quei territori che costituiscono il feudo elettorale di Nicola Cosentino. È nell'essere circolato anche al di fuori di quei territori, rompendo le narrazioni fin troppo semplificate su un pilastro politico del PDL, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa (si può scrivere, avvocato?). Un libro del genere andrebbe acquistato solo per questo, e letto in pubblico, nelle piazze. O esibito anche solo virtualmente, come ha fatto la blogger Galatea Vaglio, che conosce tramite Facebook uno degli autori, Ciro Pellegrino, e che ha voluto esprimere la propria solidarietà con l'acquisto del libro e con un tweet:
Io ho comprato Il Casalese! E tu? Anche tu con @ciropellegrino! #conciro
— Galatea (@IltwitdiGalatea) Marzo 27, 2012
Del resto, le pagine citate come degne di querela, o meglio, gli estratti dalle pagine sono un numero ridottissimo e valgono dunque 1 milione e duecentomila euro. Confrontando l’entità del risarcimento chiesto con il prezzo di copertina del libro, l’acquisto è un vero affare!
Ironia a parte, non bisogna lasciare il “quarto potere” da solo, di fronte a una querela che, ci tengo a ripeterlo, è un attacco la cui efficacia potenziale aumenta tanto più il querelato lavora in condizioni precarie. Perché se hai scritto un articolo o un libro, o hai realizzato un servizio televisivo, e ti viene chiesta una somma infinitamente superiore a quanto potrai mai guadagnare in tutta la tua vita, dentro la testa trovano strada due pensieri. Il primo è pragmatico: “ormai l’ho scritto, la querela l’ho presa, pensiamo alla difesa”. Il secondo, più subdolo, scatterà al prossimo articolo che dovrai scrivere, o quando dovrai preparare le domande per un’intervista televisiva, o lavorare a un reportage: “Mi conviene indagare in quella direzione? Mah, forse se evito quella domanda scomoda non se ne accorgerà nessuno, in fondo picchio pesante su quell’altra faccenda… Mica per altro, ma ancora devo capire come finire di pagare l’avvocato, e i soldi per un’altra causa non ce l’ho”. E il secondo pensiero può scattare, in forma analoga, anche nel collega: “oh, lui s’è beccato una querela per quell’articolo contro Tizio, non è che rischio anch’io? Vabbè magari tolgo due righe, chi se ne accorge? Facciamo tre, per sicurezza. Mi pagassero duemila euro al mese rischierei, ma a venti euro lorde a pezzo chi me lo fa fare?”.
Ma è un attacco che però non va imputato all’orco cattivo di turno, contro cui i giornalisti buoni ed eroici devono a tutti i costi trionfare: è il sintomo di un fenomeno più complesso. La sproporzionata querela di Cosentino non è un fatto isolato, è invece analoga al risarcimento chiesto dalla FIAT a Corrado Formigli, ad esempio. O al sequestro del documentario Modena al cubo di Gabriele Veronesi. O, per restare in zona, alla richiesta danni di Cooprocon a Report, richiesta che colpisce gli esperti intervistati, tra cui il giornalista precario Stefano Santachiara, che non potrà avvalersi della copertura legale della trasmissione. E come valutare Rutelli che minaccia querela verso l’Espresso e, addirittura, verso chi ha osato od oserà diffondere l’articolo?
Sono tutte vicende in cui chi è in posizione di potere sembra dire al giornalista che prova a fare il proprio lavoro: «Dire sul mio conto cose che non gradisco è un lusso al di fuori della tua portata».
Di fronte a un simile messaggio, l’attenzione verso la querela che ha colpito autori ed editori de Il Casalese, e verso casi analoghi, ha un valore sanamente politico.
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