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#Sanremo sui social network: tutti parlano, nessuno ascolta

14 Febbraio 2012 2 min lettura

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#Sanremo sui social network: tutti parlano, nessuno ascolta

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2 min lettura

Dino Amenduni

@valigiablu - riproduzione consigliata

Sto seguendo il Festival di #Sanremo, in televisione, su Twitter e su Facebook. 

C'era grandissima attesa per ciò che sarebbe accaduto sui social media quest'anno dopo il botto dell'edizione 2011. Sanremo diventò un'inattesa e gigantesca piazza collettiva dove tutti (s)parlavano di tutti i protagonisti e questo, a mio avviso, ebbe il suo peso nel successo di pubblico e nella resurrezione di un format che, dopo anni mediocri, sembrava destinato a essere mandato in soffitta.

Ciò che l'anno scorso è stato in larga parte un processo spontaneo, sia nella sua nascita che nella sua progressiva formazione, quest'anno è stato largamente sostenuto sia dagli organizzatori, che hanno voluto dare un'impronta 'social' all'evento sin dai meccanismi di selezione dei cantanti della categoria 'giovani', sia dai media che dagli opinion leader. 

L'effetto è inedito quanto stordente: ci sono decine, centinaia, migliaia di utenti che fanno la loro personale diretta. Tutti scrivono, nessuno legge, nessuno cita, nessuno ritwitta. Sembra di assistere a una solipsistica autocelebrazione. L'effetto-piazza, bello e sorprendente nella sua genuinità, è praticamente scomparso. 

Il senso di coralità di un'esperienza narrativa che è possibile sperimentare durante un grande evento o un programma televisivo non c'è, perché non emergono le gerarchie (chi ne sa di più, chi ne sa di meno; chi è in studio e chi è a casa), non c'è tempo per leggere tutto (troppi tweets al secondo) e chi scrive ha ancora meno tempo degli altri per leggere. 

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Le tagline di Twitter, oggi, sono un ammasso indefinito di rumore. Troppo spesso i tweets dicono le stesse cose, ancora più spesso si soffermano su dettagli personali, cattiverie, nulla che ha a che fare con una diretta di valore giornalistico.

La Rete sta producendo un ammasso che è poco invitante da leggere in diretta e che sarà ancora meno invitante da leggere domani, a bocce ferme. Chi si vorrà informare andrà sui blog, sui siti dei giornali, leggerà le voci dei protagonisti (i cantanti, in particolare, quasi tutti presenti sui social media).

Facebook oggi appare un luogo più ordinato, in cui non tutti sentono il bisogno di dire la propria, in cui c'è più interazione attorno ai contenuti e più condivisione. Ovviamente è presto per fare analisi definitive, però ciò che sta accadendo in queste ore e che accadrà nei prossimi giorni potrebbe mostrare un limite imprevisto di Twitter: non regge le ondate di contenuti monotematici. 

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10 Comments
  1. Marco

    "Le tagline di Twitter, oggi, sono un ammasso indefinito di rumore. Troppo spesso i tweets dicono le stesse cose, ancora più spesso si soffermano su dettagli personali, cattiverie, nulla che ha a che fare con una diretta di valore giornalistico." E perché mai Twitter dovrebbe avere valore giornalistico? Non è lo scopo di nessun social network, che sono d'impianto solamente un ammasso di pensiero. Siamo noi giornalisti che li scambiamo come fonte di qualcosa che, in realtà, ha ben poca valenza. L'errore è proprio considerare Twitter e soci come "giornalismo". Non lo è.

  2. pippo

    Il problema co sti social network è che parlano cani e porci.

  3. Alex Kornfeind

    Mettere nell'incipit il post "non sense" di uno che posta frasi tipo "Anche se lo dicono su Twitter, purtroppo Whitney Houston è morta davvero" è bizzarro. Facile rispondergli "Ma se ti disturba leggere twitter non puoi utilizzare altri socialnetwork? ASW dove non si usano epiteti come Co..ni e C..zo che spesso usi?". Poi concordo in generale: i SN sono come dei frullati e fra questi uno sceglie il gusto più consono o migliore al palato ;-)

  4. Francesco Cingolani

    E quindi? Non ci vedo niente di giusto o sbagliato, né tanto meno un fenomeno da analizzare. Twitter è uno strumento per parlare: la gente parla. Grandi eventi: la gente parla molto. Effetto piazza? Certo, ma magari ha senso nelle occupazioni degli indignados. Per Sanremo forse non vale la pena, è lo sparlare su twitter ne è una prova. Per me è stato molto divertente seguire un pezzo di Sanremo e ogni tanto leggere a voce alta ai miei i twitter più divertenti. Un layer nuovo, una libertà quasi sovversiva, direi, di fronte a un evento cosí "serio". Come mai chiedete il CAP hai commentatori? :)

  5. Ivan

    Twitter? E' un insieme di SMS. Invece, i giornalisti dovrebbero occuparsi non di Twitter ma di Sanremo.

  6. RosaLouise

    Naturalmente non lo guardo, ma è ovvio che prima di scrivere o parlarne bisogna informarsi un po', e per fortuna che i nostri media stiano letteralmente esondando a proposito di Sanremo. Per non parlare di tutte le trasmissioni in cui Sanremo verrà spalmato per non farne perdere nemmeno un fotogramma a chi non lo vuole, non lo vorrebbe guardare. E questo basta e avanza per poterne scrivere o parlarne quando, quanto e dove si vuole.

  7. andreamond

    Ma proprio no. 1) Twitter non è una miniera di contenuti da consultare a posteriori, ma va fruito istante per istante (e nel caso specifico durante la diretta della trasmissione). Facebook è un insieme più ordinato? LOL, non c'è neanche una ricerca per scorrere i singoli post degli sconosciuti! E considerando la qualità media dei contenuti poi... 2) Twitter è fatto principalmente per leggere la propria timeline. È ovvio che leggere i risultati della ricerca di un hashtag risulti caotico, ma quello si fa per altri motivi. Io ho una mia timeline con gente che stimo, non seguo cani e porci (purtroppo questa cosa non vuole entrare nella testa delle persone: NON SI SEGUE CHIUNQUE, ma solo chi posta contenuto interessante. MERITOCRAZIA, è la base di twitter) e mi fa piacere leggere quello che scrivono queste persone, non cani e porci (sopratutto dopo che grazie ai "giornalisti" italiani si è iscritto chiunque nella vana e patetica speranza di parlare col proprio vip del cuore). 3) Assolutamente falso che nessuno cita, retwitta, risponde. Basta vedere i retweet del tweet dell'incipit, con reply e retweet come se piovesse. Tweet del cavolo tra l'altro, perché se il tizio in questione viene urtato dai commenti della gente che commenta sanremo basta smettere di seguire questa gente. Ma capisco che sia difficile da capire quando si iniziano a seguire cani e porci solo nella speranza di essere ricambiati e aumentare il proprio numero di follower. Sembra la gara a chi è più dotato della pre-pubertà (e scusate la volgarità del paragone).

  8. Orianalau

    Concordo in pieno con andreamond, e aggiungo che certe "analisi" dovrebbero essere basate su dati piuttosto che su percezioni distorte del mezzo. 1) Twitter non è nato con la pretesa di assumere "valore giornalistico"; semplicemente questo non è il suo ruolo. 2)Twitter risulta caotico a chi non ne conosce le regole e le consuetudini ed è abituato esclusivamente al mondo "ordinato" di Facebook. Tutto ciò che non si conosce risulta disordinato e senza senso. La prossima volta, invece di cercare per hashtag, usa le liste e dividi la gente per livello di influenza. Vedrai che non ti sembrerà poi così caotico...

  9. videlalla

    La cosa peggiore che ti possa capitare? 'Riuscire' grazie ad una botta di fortuna. Ricreare con cognizione l'alchimia è difficilissimo. Meglio provare con qualcosa di diverso. E, in particolare, non credo che Sanremo possa salvarsi solo grazie ad un salvagente gettato da un qualsiasi social network.

  10. Il Repubblicante

    D'accordo con l'autore, anche io sono rimasto negativamente colpito dall'involuzione di twitter sotto sanremo. Un cinguettio o un gracchiante cicaleccio? http://scorcidoblog.blogspot.com/2012/02/twitter-e-la-sindrome-sanremo.html

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