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ACTA, arriva il primo sì: multinazionali vs cittadini

26 Gennaio 2012 5 min lettura

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ACTA, arriva il primo sì: multinazionali vs cittadini

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Bruno Saetta @brunosaetta

@valigiablu - riproduzione consigliata
Oggi, 26 gennaio 2012, presso la sede del Ministero degli Affari Esteri a Tokio, l’Unione Europea e i suoi 22 Stati membri hanno ufficialmente apposto la firma preliminare all’accordo commerciale anti contraffazione comunemente conosciuto come ACTA. Con questa firma agli Stati che hanno adottato ACTA nell’ottobre del 2011 (Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud, Marocco, New Zealand, Singapore e USA) si aggiungono 22 Stati europei: Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Regno Unito e ovviamente Italia. Non hanno firmato: Cipro, Estonia, Slovacchia, Germania e Olanda.

Abbiamo già chiarito cosa è realmente ACTA, e quali pericoli si insinueranno tra le pieghe delle norme comunitarie con la sua approvazione definitiva.

Un portavoce della Commissione europea spiega che ACTA non creerà nuovi diritti intellettuali, ma rafforzerà i diritti già esistenti, dichiarando così ingiustificate le opinioni allarmistiche che si leggono in merito. In realtà anche se tale asserzione è sostanzialmente giusta, la sostanza non muta.

ACTA va, infatti, a modificare le misure applicative delle norme europee, e quindi degli ordinamenti degli Stati membri, rafforzando la tutela dei diritti già esistenti. Tale rafforzamento avverrà a mezzo di regolamentazioni contrattuali tra le multinazionali titolari dei diritti e le multinazionali che offrono servizi in rete, schiacciando così i cittadini europei tra due poteri forti, rendendoli incapaci a potersi opporre in assenza di una tutela dei loro diritti da parte di un governo, nazionale o sovranazionale, che di fatto demanderà l’applicazione delle norme ai privati presunti lesi. Siamo sempre nell’ottica della privatizzazione spinta propugnata dagli americani con le leggi gemelle SOPA e PIPA, tutte normative che concedono alle aziende private il diritto di valutare la liceità o meno di un contenuto online, e chiedere, sulla base di quella valutazione di parte, ad un giudice o addirittura al fornitore di servizi online, la rimozione del contenuto.

E’ vero, quindi, che ACTA non modifica nessun diritto, ma consegna il ruolo di giudice, unico organo deputato a valutare l’illiceità di un comportamento, nelle mani delle multinazionali, le quali potranno usufruire, volenti o nolenti, delle aziende fornitrici di servizi online come poliziotti del web.

Possiamo noi cittadini fidarci delle valutazioni delle multinazionali nella corretta applicazione delle leggi, quando quelle aziende hanno come scopo precipuo quello di aumentare il più possibile i loro profitti? In presenza di una applicazione possibile delle utilizzazioni libere (fair use in inglese) previste dalle norme sul diritto d’autore, possiamo realmente credere che le multinazionali giudicheranno correttamente tale situazione, oppure preferiranno ritenerla comunque illecita e chiedere la rimozione del contenuto?

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Ma non basta, per come si presenta tale accordo sarebbe già in contrasto con la recente proposta di riforma sulla protezione dei dati personali (privacy) sulla quale si è soffermata più volte il Commissario UE Reding. Infatti la sezione 5 di ACTA prevede che gli Stati aderenti dovranno garantire la collaborazione tra aziende al fine di tutelare i titolari dei diritti, con addirittura la possibilità (may provide) per i detentori dei diritti di ottenere le informazioni per l’identificazione degli utenti semplicemente accusati (allegedly) di una possibile violazione del copyright, dati di identificazione che verranno forniti direttamente alle aziende, con evidenti problemi di riservatezza degli stessi.

La riforma europea in materia di privacy, che dovrebbe sfociare in una direttiva ed un regolamento nel corso del 2012, prevede una tutela rafforzata dei dati personali dei cittadini con la finalità di incrementare la fiducia nei servizi online, e quindi nei fornitori di servizi. Come si concilia la fiducia in un provider con la possibilità che quello stesso provider possa dover fornire i nostri dati personali ad una azienda privata sulla base di una semplice accusa di violazione del copyright?

Ricordiamo, ACTA non è una normativa nata da un processo democratico, bensì un accordo contrattuale scritto da funzionari non eletti e non rappresentativi. Ma se l’Europa lo voterà diverrà legge per tutti noi.

Adesso il percorso di ACTA è tracciato. Dovrà passare alla Commissione per il commercio internazionale (INTA) a partire dal 29 di febbraio, poi alla Commissione giuridica (JURI) che tra l’altro ne ha già tessuto le lodi in passato, infine alla Commissione Sviluppo (DEVE), a quella delle Libertà Civili (LIBE) e a quella per l’Industria (ITRE). Ognuna di queste Commissioni dovrà fornire il suo parere, dopo di ché la Commissione INTA redigerà una relazione finale che sarà presentata al Parlamento in seduta plenaria, tra l’11 e il 14 giugno.
Per cui il tempo per opporsi c’è, ma occorre muoversi, e fare pressione sulle istituzioni europee, perché anche lì molti sono in disaccordo, come ad esempio il relatore di ACTA all’interno della Commissione INTA che oggi si è dimesso dal suo incarico per protesta contro la scarsa trasparenza che ha accompagnato fin dall’inizio il trattato.

In Polonia, inoltre, alla notizia dell’approvazione del trattato il partito di opposizione ha chiesto un referendum sul punto criticando aspramente il fatto che non si sia svolta nel paese alcuna consultazione pubblica sul trattato in questione.

Quindi, chiunque voglia esprimere la propria opinione su ACTA potrà rivolgersi direttamente ai vari membri delle singole Commissioni indicate (i riferimenti li trovate nei link delle singole Commissioni), specialmente ad INTA che si occuperà della relazione finale, oppure ai parlamentari europei dello Stato membro.
Segnaliamo anche una petizione di Agorà Digitale .

Puoi immaginare il tuo Internet service provider controllare tutto ciò che fai online? Puoi immaginare farmaci generici, che potrebbero salvare delle vite, messi al bando? Puoi immaginare semi che potrebbero nutrire migliaia di persone tenuti sotto controllo e trattenuti nel nome dei brevetti? Tutto questo diventerà realtà con ACTA. ACTA è l'accordo su commercio e anti-contraffazione. Mascherato da accordo commerciale, ACTA va molto, molto oltre. Negli ultimi tre anni, ACTA è stato negoziato in segreto da 39 paesi. Ma i negoziatori non sono stati democraticamente eletti. Non ci rappresentano, ma stanno decidendo le leggi alle nostre spalle. Scavalcando il processo democratico, impongono nuove sanzioni penali per fermare il file sharing in rete. ACTA mira a rendere gli Internet service e access provider legalmente responsabili per ciò che fanno i loro utenti online. Trasformandoli in poliziotti e giudici digitali privati, che censurano le proprie reti. Le conseguenze sulla libertà di espressione sarebbero terribili. Nel nome dei brevetti, ACTA darebbe alle multinazionali il potere di fermare farmaci generici prima che raggiungano le persone che ne avrebbero bisogno. E di impedire l'utilizzo di certi semi per la coltura. Il Parlamento Europeo presto voterà su ACTA. Questo voto sarà l'occasione per dire 'no' ora e per sempre a questo pericoloso trattato. Come cittadini, dobbiamo spronare i nostri rappresentanti a rigettare ACTA.  Per saperne di più e agire clicca qui


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