Il 2011 raccontato ‘a modo nostro’ #yearinhashtag
4 min letturaC'è #SpanishRevolution e la prima assemblea generale di AcampadaSol, raccontata su Twitter e trasmessa in streaming, #BinLaden e quel tweet che annuncia (senza volerlo) l’operazione delle forze speciali della marina americana nel rifugio di Bin Laden ad Abbottabad, vicino a Islamabad.
Ci sono la morte di #AmyWinehouse, la strage di #oslo e la richiesta via Twitter da parte di un ragazzo presente a Utøya, gli scontri di #londoriots e la storia di #occupywallstreet, con la raccolta di tutti gli storify, e naturalmente #150, ‘Il mondo agisce insieme per il cambiamento’, con manifestazioni in più di 1000 città in 82 Paesi, dall’Australia al Giappone, da tutta Europa agli Stati Uniti e all’America Latina. La morte di Steve Jobs e gli oltre 2,8 milioni di tweet con hashtag #iSad e #ThankYouSteve.
Tra gli eventi di casa nostra troviamo: #allertameteoLG, quando durante l’alluvione di Genova twitter viene usato per diffondere e richiedere informazioni e, poi, per chiedere aiuto nelle zone più duramente colpite; #aeiouy, usato per ‘festeggiare’ le dimissioni di Silvio Berlusconi da Presidente del Consiglio.
Perdersi in quei tweet ritrovando la memoria di quegli eventi è un viaggio affascinante, emozionante. Molti li abbiamo vissuti in diretta, ma rivederli così ha un effetto incredibile. E il lavoro di ricostruzione e montaggio dei materiale è davvero impressionante.
Sarebbe riduttivo vedere il tutto come un decoupage 2.0. È invece un’operazione di recupero della ‘memoria’ della Rete: tweet, foto e video che insieme fanno un racconto, legano elementi gli uni agli altri, facendone una narrazione del tutto originale. Un modo per salvaguardare, proteggere un patrimonio dalla liquidità della Rete, mi dice Tigella: "È questa la motivazione che ci ha spinto ad impegnarci su questo progetto. In questi giorni mi sono chiesta se valeva pena. E già mentre me lo chiedevo sapevo che la risposta era sì".
Year In Hashtag è un lavoro aperto, in continua elaborazione almeno fino al 31 dicembre. “Alcuni utenti - aggiunge Tigella - ci hanno segnalato altri hashtag, tra cui #nofreejobs, contiamo non solo sulle segnalazioni ma anche sulla collaborazione di chi vorrà unirsi a noi in questa avventura”; avventura con la quale si è reso omaggio a un lavoro collettivo di informazione e di produzione di notizie. “È per rendere omaggio a tutti coloro che in questo 2011 hanno raccontato la realtà intorno a loro che è nato Year In Hashtag, per valorizzare l’impegno di migliaia di persone nel mondo che ogni giorno hanno costruito un pezzo della Storia di questo anno indimenticabile”. Un omaggio alla figura del citizen journalist che, come ha tenuto a precisare Tigella, non è affatto antitetico al giornalista ‘tradizionale’. L’uno non esclude l’altro. Ma il citizen journalist è sul campo, di solito è un testimone diretto. “Spesso non è altro che 'il manifestante' armato di smartphone e account su un social network e in altri casi è qualcuno che non può fisicamente essere presente ma da casa sua, con computer e connessione a internet, partecipa agli eventi in modo semplice ma fondamentale: raccontando quello che succede, raccogliendo notizie, informazioni, richieste, fotografie, video e rilanciandoli, amplificandoli, contribuendo a costruire la narrazione dell’evento”.
Year In Hashtag è un messaggio chiaro anche al mondo del giornalismo: “Sta cambiando qualcosa e chi sa come raccontarlo siamo noi. Siamo qui”.
