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Il 2011 raccontato ‘a modo nostro’ #yearinhashtag

20 Dicembre 2011 4 min lettura

Il 2011 raccontato ‘a modo nostro’ #yearinhashtag

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Arianna Ciccone
@valigiablu - riproduzione consigliata


"Oggi, media flessibili, economici e inclusivi ci permettono di fare cose d’ogni tipo che un tempo non facevamo. Nel mondo con ‘i media’ eravamo come bambini, seduti in silenzio al margine di un cerchio a consumare qualunque cosa i grandi seduti al centro decidessero di produrre. Quella realtà ha ceduto il posto a un mondo dove la maggior parte delle forme di comunicazione, pubbliche e private, è a disposizione di tutti in qualche forma"
Clay Shirky, Surplus cognitivo (CodiceEdizioni, 2010) 
Blogger, web designer, giornalisti... Si conoscono in Rete e in Rete nasce l'idea di raccontare il 2011 attraverso gli hashtag. Tre settimane di lavoro matto e disperatissimo, riunioni via skype e chat mail. Strumento di lavoro: google docs. 
Loro sono Claudia Vago (@tigella), Luca Alagna (@ezekiel), Marina Petrillo (@alaskaRP), Maximiliano Bianchi (@strelnik) e Mehdi Tekaya (@mehditek). Con yearinhashtag.com hanno fatto il loro regalo di Natale ai netizen italiani. Come mi ha detto Tigella durante una chiacchierata su skype: "abbiamo restituito alla Rete quello che la Rete ci ha dato". 
Un esempio, a mio avviso, potentissimo di generosità e condivisione del sapere. 'Sfogliando' il sito mese per mese o selezionando i luoghi - America, Asia, Europa, Medioriente... - ti rendi conto che i magnifici 5 hanno ragione quando scrivono: ‘Uno sguardo sul 2011 che non comprenda tweet, blog, fotografie e video immediatamente caricati online è uno sguardo parziale, incapace di raccontare la vera ricchezza dei tanti eventi che si sono svolti in questo lungo e intenso anno’. ‘Sfoglio’, rileggo tweet, vedo immagini che mi erano sfuggite, rivedo video e mi rendo conto che Year in Hashtag è un nuovo linguaggio, un nuovo modo di raccontare, di fare informazione. 
#Jan25#tahir, la storia di Piazza Tahir, della rivoluzione in Egitto. La storia del dirigente di Google Wael Ghonim che partecipa attivamente alla rivolta. Che profonda emozione rileggere quel suo tweet: “Sono molto preoccupato perché sembra il governo stia progettando un crimine contro il popolo per domani. Siamo tutti pronti a morire”. Queste sono le immagini di Al Jazeera English del momento in cui a Tahrir arriva l’annuncio delle dimissioni di Mubarak l’11 febbraio:
    
Il sito ci restituisce, in un unico racconto, il primo tweet con l’hashtag #SidiBouzid che riferisce del gesto di Mohamed Bouazizi - che in quel giorno si era dato fuoco a seguito della confisca della sua merce da parte della polizia - e il video del 14 gennaio durante l’ennesima grande manifestazione a Tunisi, quando, giunti di fronte alla sede del Ministero degli Interni sull’avenue Habib Bouguiba, i manifestanti intonano l’inno nazionale e, a seguire, scandiscono il grido “Dégage!” (“Vattene!”). Sarà la fine di Ben Alì.
Ancora: #17feb, Libia, la giornata della collera è l’inizio della fine per Gheddafi; #Japan, l’11 marzo Twitter si rivela uno strumento prezioso nei primissimi momenti sia per informare il mondo che per organizzare soccorsi e individuare superstiti. Ecco il terremoto in Giappone visto da Twitter:

C'è #SpanishRevolution e la prima assemblea generale di AcampadaSol, raccontata su Twitter e trasmessa in streaming, #BinLaden e quel tweet che annuncia (senza volerlo) l’operazione delle forze speciali della marina americana nel rifugio di Bin Laden ad Abbottabad, vicino a Islamabad. 

Ci sono la morte di #AmyWinehouse, la strage di #oslo e la richiesta via Twitter da parte di un ragazzo presente a Utøya, gli scontri di #londoriots e la storia di #occupywallstreet, con la raccolta di tutti gli storify, e naturalmente  #150, ‘Il mondo agisce insieme per il cambiamento’, con manifestazioni in più di 1000 città in 82 Paesi, dall’Australia al Giappone, da tutta Europa agli Stati Uniti e all’America Latina. La morte di Steve Jobs e gli oltre 2,8 milioni di tweet con hashtag #iSad e #ThankYouSteve.

Tra gli eventi di casa nostra troviamo: #allertameteoLG, quando durante l’alluvione di Genova twitter viene usato per diffondere e richiedere informazioni e, poi, per chiedere aiuto nelle zone più duramente colpite; #aeiouy, usato per ‘festeggiare’ le dimissioni di Silvio Berlusconi da Presidente del Consiglio.

Perdersi in quei tweet ritrovando la memoria di quegli eventi è un viaggio affascinante, emozionante. Molti li abbiamo vissuti in diretta, ma rivederli così ha un effetto incredibile. E il lavoro di ricostruzione e montaggio dei materiale è davvero impressionante. 

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Sarebbe riduttivo vedere il tutto come un decoupage 2.0. È invece un’operazione di recupero della ‘memoria’ della Rete: tweet, foto e video che insieme fanno un racconto, legano elementi gli uni agli altri, facendone una narrazione del tutto originale. Un modo per salvaguardare, proteggere un patrimonio dalla liquidità della Rete, mi dice Tigella: "È questa la motivazione che ci ha spinto ad impegnarci su questo progetto. In questi giorni mi sono chiesta se valeva pena. E già mentre me lo chiedevo sapevo che la risposta era sì". 

Year In Hashtag è un lavoro aperto, in continua elaborazione almeno fino al 31 dicembre. “Alcuni utenti - aggiunge Tigella - ci hanno segnalato altri hashtag, tra cui #nofreejobs, contiamo non solo sulle segnalazioni ma anche sulla collaborazione di chi vorrà unirsi a noi in questa avventura”; avventura con la quale si è reso omaggio a un lavoro collettivo di informazione e di produzione di notizie. “È per rendere omaggio a tutti coloro che in questo 2011 hanno raccontato la realtà intorno a loro che è nato Year In Hashtag, per valorizzare l’impegno di migliaia di persone nel mondo che ogni giorno hanno costruito un pezzo della Storia di questo anno indimenticabile”. Un omaggio alla figura del citizen journalist che, come ha tenuto a precisare Tigella, non è affatto antitetico al giornalista ‘tradizionale’. L’uno non esclude l’altro. Ma il citizen journalist è sul campo, di solito è un testimone diretto. “Spesso non è altro che 'il manifestante' armato di smartphone e account su un social network e in altri casi è qualcuno che non può fisicamente essere presente ma da casa sua, con computer e connessione a internet, partecipa agli eventi in modo semplice ma fondamentale: raccontando quello che succede, raccogliendo notizie, informazioni, richieste, fotografie, video e rilanciandoli, amplificandoli, contribuendo a costruire la narrazione dell’evento”. 

Year In Hashtag è un messaggio chiaro anche al mondo del giornalismo: “Sta cambiando qualcosa e chi sa come raccontarlo siamo noi. Siamo qui”.

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