Il prossimo Premier italiano potrebbe essere un nerd. O quasi. Intendiamoci: non un hacker che smonta smartphone e Pc per sapere con quale chip è motorizzato o che scheda madre monta il computer. Né tantomeno un cyber-attivista o un blogger del Web 2.0. Ma un vero esperto di mercati digitali.
Se Mario Monti arriverà a Palazzo Chigi sarà il primo Premier in Italia che sa cosa sia un sistema operativo, il software libero, l'open source, che conosce l'importanza dell'interoperabilità software. E non dice Gogol.
L'ex commissario europeo nel 2004 ha affibbiato una (storica) maxi-sanzione al monopolista Microsoft, comminando una
mega multa da 497 milioni di euro a Bill Gates, l'uomo più ricco del mondo che tutto il globo riveriva ossequiosamente, dai ritrovi di Davos ai G8. Neanche l'Ftc, l'Antitrust americana, aveva osato sanzionare Microsoft. E invece Mario Monti, uno dei massimi esperti di regole, mercati e competitività a livello europeo, con fermezza e sobrio understatement, prese le difese di Sun Microsystems e soprattutto dei piccoli Davide delle software house (anche open source e Samba) per mettere KO il Golia del Software. Una storica vittoria: dopo i quasi 500 milioni di euro, della multa di Mario Monti, complessivamente Microsoft arrivò a cumulare sanzioni per 1.68 miliardi di dollari, per la violazione originale e poi per non essersi piegata per tempo all'Authority UE. Una caporetto, insomma.
L'Antitrust, guidata da Mario Monti, aveva impartito una delle sue lezioni: aveva insegnato a Microsoft che le regole dei mercati vanno sempre rispettate e mai prese sottogamba. E che se anche ti chiami Bill Gates, sei il numero uno del mercato software al mondo e per te una multa da centinaia di milioni di dollari è in fondo una goccia nel mare di ricavi e dei profitti miliardari trimestrali, devi inchinarti alle regole. “La legge è uguale per tutti”. Una lezione di stile, che ha cambiato Microsoft, che oggi ha imparato a non essere più aggressiva con i concorrenti e a rispettare l'interoperabilità.
Mario Monti è uno che conosce il bello delle nuove tecnologie, uno degli architetti dell'
Antitrust europeo, ma è anche uno degli uomini chiave impegnati a disegnare un
mercato unico digitale anche per l’e-commerce.
Oggi sette transazioni commerciali transfrontaliere su dieci tentate online tra i Paesi della Ue falliscono: “Il commercio transfrontaliero online – ha spiegato di recente il commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia – ha un grande potenziale di crescita che non è ancora sfruttato. Non abbiamo ancora creato un mercato interno per l’e-commerce e, come conseguenza, il commercio al dettaglio online attraversa un momento di difficile sviluppo in Europa”.
Il Rapporto intitolato “
Una nuova strategia per il mercato unico”, redatto da Mario Monti, mette l’accento su un mercato unico anche in ambito digitale perché bisogna garantire semplicità e sicurezza per i pagamenti online; è giunta l'ora di creare una Single European Payment Area (Area unica di pagamento europea) che garantisca un ambiente integrato in cui i pagamenti online possano essere fatti in modo semplice ed economico.
Perché questo è il punto: l'Europa e l'Italia non usciranno mai dalla crisi se non torneranno a crescere. Ma per crescere, oggi è prioritario investire in IT. Ma investire in IT non significa semplicemente comprare tonnellate di hardware quanto creare un ecosistema favorevole all'economia digitale.
E Mario Monti sa che senza banda ultra larga e senza un ecosistema favorevole (anche normativo), l'economia digitale non può decollare.
Mario Monti è il Senatore a vita oggi maggiormente consapevole dell'importanza dei sette punti dell'Agenda Digitale UE.
Che cos'è l'Agenda Digitale?
Responsabile dell'iniziativa è Neelie Kroes, vice presidente della Commissione Europea. In poche parole la
Digital Agenda UE è un promemoria per l'Europa 2020. Sette mosse per tredici obiettivi: promuovere la fiducia dei consumatori, l’affidabilità dei servizi e il buon funzionamento delle connessioni fra pubblico e privato; favorire il mercato unico per i contenuti digitali per superare la frammentazione e semplificare la diffusione di musica e film legali; migliorare la compatibilità e l’interoperabilità con standard europei migliori e più completi. Altro must consisterà nell’incrementare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Bisogna poi migliorare la vita dei cittadini, agevolando le attività di anziani, malati e disabili: entro il 2015, dovremo poter accedere online alle cartelle cliniche (e-health). Ed entro il 2020 dovremo collegarci in banda larga a 30 Mega.
Grazie a queste premesse, l'Agenda Digitale servirà a creare posti di lavoro e spronare la crescita dell'economia europea.
Ecco, noi, la generazione dei social media (Twitter e Facebook in testa), la Bit Generation dei Nativi Digitali, ci aspettiamo da Monti un'Agenda Digitale per innovare l'Italia. Accanto all'Austerity, chiediamo di investire in banda ultra larga e Ricerca e Sviluppo; in Innovazione; nella PA digitale per accorciare le distanze fra cittadini e e-government.
Perché oggi è tempo di uno scatto in avanti nell'economia digitale.
Perché rendere l’Italia digitale, superare i ritardi cronici e tornare a crescere e a creare occupazione, non sono optional. L’economia digitale già oggi vale 700 mila
posti di lavoro solo in Italia. Oggi il fattore Internet vale il 2% del Pil per 30 miliardi di euro. Solo l'ultima ricerca del
DAG in collaborazione con McKinsey sprona l’Italia ad investire nella banda ultralarga, adottare un’Agenda Digitale, ma anche sfruttare le opportunità di Internet e del Web per crescere.
Con banda ultralarga, un’Agenda Digitale e una seria politica economica per l’innovazione, l’Italia potrebbe crescere di più. Il fattore Internet in Francia vale il 3%, e addirittura il 5% in Gran Bretagna e Svezia. Quindi anche l’economia digitale potrebbe rappresentare il 4% del Pil italiano, se voltasse pagina, sfruttasse le opportunità per colmare il gap con il resto d’Europa.
Nel periodo 2005-2009 la Web economy ha contribuito per il 14% alla crescita del PIL, con un tasso di incremento a doppia cifra, e dieci volte superiore al ritmo di crescita nazionale. L’impatto indiretto dell’economia digitale genera altri 20 miliardi di euro (per acquisti nel canale tradizionale dopo la consultazione online e su blog).
Anche le PMI, spina dorsale dell’economia italiana, hanno beneficiato del fattore Internet. Le imprese con una vetrina online hanno registrato una crescita media annua del 10% e soprattutto hanno aumentato l’export.
L’e-commerce italiano rappresenta solo lo 0,7% del Pil (contro l’1 % francese e il 3 % britannico), ma sta crescendo a doppia cifra. Nel 2010 il ritmo di crescita è stato del 15% assestandosi su 6,65 miliardi di euro e a fine 2011, l’e-commerce italiano vedrà un’accelerazione che lo porterà a crescere del 20% rispetto all’anno scorso con 8 miliardi di euro di giro d’affari (E-commerce Consumer Behaviour Report 2011 dell’Osservatorio B2C Netcomm – School of management del Politecnico di Milano).
Altro storico ritardo italiano è l’utilizzo della PA online: i cittadini che usano i servizi di e-government in Italia si fermano a quota 20 (stima della Commissione europea), contro il 50 e 60% dei paesi nordici.
Ma si può fare di più: aumentare l’accesso alla banda larga e ultralarga, spingere gli italiani verso l’e-commerce, colmare i ritardi nella PA Digitale (illustrando meglio i servizi online della pubblica amministrazione), superare lo skill-shortage migliorando formazione e competenze digitali, superare colli di bottiglia e lacune normative.
Da uno
studio di Ericsson emerge che raddoppiare la velocità di connessione a banda larga genera un aumento del PIL dello 0,3%. L’incremento dello 0,3% nella crescita del PIL equivale a 126 miliardi di dollari, pari a un settimo del tasso della crescita media annuale dell’OCSE negli ultimi dieci anni. Il raddoppio ulteriore della velocità moltiplica l’effetto economico: per esempio quadruplicare la velocità di connessione produrrebbe una crescita del PIL pari allo 0,6%.
E-commerce, Voip, servizi bancari e finanziari online, social media (blog, forum e social network) sono i tasselli di una nuova Italia, che crede nei Bit e vuole entrare nel XXI secolo, scommettendo nell'IT, nell'OpenGov e nell'economia digitale. Temi che il Senatore a vita Mario Monti conosce più di tanti nerd.
uando
E' arrivato il paladino del bene che ha fermato Microsoft e quella terribile minaccia per l'Europa che era Internet Explorer preinstallato... minaccia talmente grande che IE è sceso sotto il 50% (e continua a calare) anche fuori dall'Europa dove viene venduta la versione di Windows che secondo l'anti-trust non permette un libero mercato. Sono tra i primi nemici di IE ma la multa per me non è stata un vittoria. La vittoria sono i dati di market share dei browser conquistati anche senza bisogno di multe miliardarie. Allo stesso modo sono un anti-Berlusconiano doc. Eppure trovarmi un advisor di Goldman Sachs a capo del governo senza elezioni non mi fa respirare tutta quest'aria di libertà (digitale e non).
Marco b
concordo in pieno. Ps il form del cap non funzione, ne ho messo uno farlocco perché il mio mi dice non valido
sandrof
Ho sempre apprezzato Mario Monti, di cui seguivo con ansioso piacere le lezioni in Boccpno, ma non ho mai capoito la sua guerra con Microsoft, per almeno tre motivi: - il consumatore era più contentoo di avere un sistema integrato piuttosto che pezzi separati da mettere insieme; - a che pro attaccare l'americana Microsoft per difendere l'americana Sun, poi finita nelle fauci di Oracle? - Il vero monopolio di Microsoft era quello che ti imponeva di cambiare i programmi (leggasi Office) per non avere problemi di compatibilità. Lì non si è mai fatto niente. Montì non dirà "Gogol", ma il monopolio di Google è più pericoloso di quello di Microsoft.