Minzolini e il giornalismo: anatomia di un TG
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3 min lettura
Gli editoriali di Minzolini disseminano, ogni volta, una scia d'inevitabili polemiche. Politici, giornalisti, blogger, comuni cittadini, ne attaccano i contenuti sfacciatamente di parte, combacianti perfettamente con le opinioni politiche del presidente del Consiglio.
Tutto nasce dal fatto che il principale tg del servizio pubblico si è contraddistinto, sotto la guida di Minzolini, nel produrre un pessimo modo d'interpretare e fare informazione; caratterizzato da falsità , notizie, diffuse in tutto il mondo, non date perché ritenute mediaticamente scomode al governo e ridotte a estivi gossip da ombrellone, una riduzione di spazio e quindi d'attenzione alle questioni politiche, economiche e sociali in favore di fatti inutili fine a se stessi - come "le Scimmie orfane del Kenya, aquile reali, cappellini e cavalli inglesi ad Ascot, cappelli senza cavalli a Milano, il ritorno in classifica di Raffaella Carrà", ecc - spacciati, al contrario, per vere e proprie notizie d'importanza nazionale da dover esser comunicate all'opinione pubblica.
Operazioni di controllo dell'informazione che tre giornalisti del comitato di redazione del telegiornale hanno condensato e raccolto in un dossier intitolato Il tg1 secondo Minzolini, utile a capire che oltre a porsi contro la correttezza richiesta ne La Carta dei doveri del giornalista esse sono la causa di numerosi problemi che hanno investito il tg1 in questi anni di linea "minzoliniana": una forte perdita di ascolti, diffide e multe per il continuo squilibrio di minuti concesso al governo e a Silvio Berlusconi.
L'esasperazione verso questo tipo di giornalismo, asservito (e in difesa) al potente di turno, ha inasprito le critiche rivoltegli, tanto da far pretendere, in svariate di esse, che Minzolini smetta di fare editoriali, poiché - sostengono - un direttore di un telegiornale, tanto più del servizio pubblico, per rimanere imparziale non dovrebbe esprimere un proprio punto di vista riguardo realtà politiche/economiche nazionali ed internazionali.
L'errore di tali richieste d'imparzialità sta nel considerare fonte di paragone come Minzolini si pone nel ruolo da direttore del tg1. I suoi editoriali, difatti, non sono analisi critiche basate su letture di accadimenti avulse da interessi di partito o di parte. Ogni volta che Minzolini
parla non cerca mai una lettura intellettualmente onesta del Paese: non
formula interrogativi che, pur potendo risultare non condivisibili, dimostrino comunque il lodevole coraggio dell'editorialista
nel rischiare l'errore in prima persona e non, come ironizzava Biagi,
per conto terzi.
parla non cerca mai una lettura intellettualmente onesta del Paese: non
formula interrogativi che, pur potendo risultare non condivisibili, dimostrino comunque il lodevole coraggio dell'editorialista
nel rischiare l'errore in prima persona e non, come ironizzava Biagi,
per conto terzi.
Al contrario, l'intento del "direttorissimo" è quello di difendere il potente, avallare le sue svariate pretese di comando e controllo, attaccando i “nemici”-politici , giornalisti, magistrati - del suo ideale editore di riferimento (Silvio Berlusconi). Legame politico, tra l'altro, che lo stesso giornalista ha confermato, dichiarando che la sua permanenza alla direzione del tg1 è strettamente connessa alla durata del presidente del Consiglio nella guida del governo.
Insomma, gli editoriali di Minzolini, sono editoriali nella forma ma non nella sostanza, in quanto si contraddistinguono per fare della pura e semplice propaganda politica.
Proprio per questo motivo, basare il proprio giudizio su come dovrebbero essere gestiti il ruolo e i compiti di un direttore di telegiornale, avendo come termine di paragone la propaganda e non il giornalismo, può portare ad una cura ben peggiore della malattia, in quanto il passaggio dal desiderio d'imparzialità del giornalista alla pretesa di avere un tg asettico come una lista della spesa, in cui le notizie vengono semplicemente lette, senza un approfondimento e un utile e attenta analisi è qualunquisticamente sottile.
Pericolo che non possiamo permetterci, maggiormente in un periodo come questo, in cui il conformismo e il servilismo giornalistico televisivo sono più dilaganti che mai, per evitare di non riuscire più a distinguere tra informazione e mera propaganda.
Ecco perché un direttore di telegiornale, se lo ritiene necessario, è libero di poter fare tutti gli editoriali che vuole, informando, ma non può permettersi d'inscenare comizi dal pulpito della prima rete del servizio pubblico, basando la sua opinione su fatti forzati o manomettendo e manipolando circostanze della realtà politica e sociale di questo Paese per fare un favore al potente di turno.
Perché, come sosteneva, nel 1994, un ottimo giornalista d'assalto, definito lo squalo, "il mio referente è il lettore e non il politico e (...) il mio compito è quello di rappresentarlo come è senza mediazioni".
Andrea Zitelli (ha collaborato Arrestate Zuckerberg ovunque)
@valigiablu - riproduzione consigliata
andrea
C'era forse bisogno di aspettare di ascoltare l'ultimo suo editoriale per potere inserire il suo nome nella, ormai lunga, lista dei "servi della gleba"? Ovviamente folta schiera riconducibile al nostro cavaliere, con sede ad Arcore, Palazzo Grazioli, Villa certosa, eccetera...
paolo
con questi servizietti che regala al Premier con addebito a carico dei cittadini, Minzolini sembra un serio candidato a condurre il prossimo Festival di Sanremo, dopo la stagione della Arcuri e quella di Belen
anonimo
Siamo sempre più inondati da informazioni ma siamo sempre meno informati. Ognuno può leggere su ogni tipo di media le notizie. Ognuno può reperire informazioni; ma come nelle scatole di lego della nostra infanzia, le informazioni da sole non servono se non si sanno reinterpretare e legare insieme per poter costruire una struttura multicolore che rappresenterebbe poi la nostra opinione, o coscienza dei fatti. È indispensabile la presenza di un intellettule/giornalista che raccolga le notizie nel caos, le spolveri e le metta in relazione l'una con le altre. Noi, lettori, paghiamo questo servizio con il prezzo del giornale. Ovviamente il modo in cui l'intellettuale/giornalista collega e riordina le notizie è di per sè una interpretazione. L'asettico ricopiamento di una notizia non rappresenta un servizio, non ha plusvalore, a mio parere. C'è un punto però che mi preme sottolineare in tutto questo: il lettore è sempre in una posizione subordinata rispetto a chi fornisce le notizie, chi per lavoro le interpreta, redige, colleziona. È uno sforzo quasi "sovrumano" mantenere una coscienza autonoma, sempre al di sopra della soglia di attenzione, che voglia verificare ogni opinione, che sia critica nei confronti di quella del giornalista. Il giornalista ha perciò un compito importantissimo ed estremamente delicato: far sì che la sua propria interpretazione dei fatti non inibisca e non dia risposte semplici al lettore. Il consumatore di notizie deve essere facilitato nel suo processo di interpretazione dei fatti ma non alienato da ogni possibilità interpretativa. Questa è la mia sfida a voi della "valigia blu"...