Il vero scandalo sono i rimborsi elettorali
4 min letturaNon per questo noi chiamammo tanta parte del Paese alla vita pubblica…
(L’imperio di Federico De Roberto - 1929)
Il numero di luglio de L’Europeo fa i conti in tasca a quella che ormai non possiamo che definire una vera e propria deriva: “persone che vivono – direttamente e indirettamente – di politica: 1,3 milioni. Costi: 18,3 miliardi di euro l’anno, che salgono a 24,7 per colpa del sovrabbondante sistema istituzionale. E poi ci sono le auto blu, i voli di Stato, i rimborsi, le spese di rappresentanza…”
Pagina dopo pagina un viaggio doloroso negli sprechi della classe politica più screditata della nostra storia repubblicana.
Perché qui non sono in discussione i legittimi costi della democrazia, ma i privilegi insostenibili di un Parlamento di nominati e non di eletti dai cittadini.
Secondo uno studio della Uil, oltre agli stipendi dei parlamentari, sono gli enormi costi di gestione di Camera e Senato a pesare sui costi della politica tra dipendenti (sono 2.632, per un costo complessivo solo di stipendi di 451 milioni), costi di manutenzione, per i servizi, per la sicurezza, i pasti a carico dei contribuenti, consulenti e segreterie particolari (la Camera ha previsto 21 milioni per le “prestazioni di personale non dipendente”), la cancelleria (un milione), il vestiario di servizio (più di un milione), affitti di uffici anche non utilizzati per decine e decine di milioni di euro (ad ogni parlamentare è garantito un ufficio personale per una spesa di 54 milioni all’anno).
E poi come si sa c’è la busta paga dei politici tra indennità, diarie, benefit, rimborsi forfettari per viaggi e telefoni, con privilegi che per i parlamentari italiani continuano anche a fine mandato tra assegni di solidarietà (!!), decenni di pensioni d’oro e vitalizi.
In tutto questo esiste una voce davvero esilarante: rimborso forfettario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori. C’è da rotolarsi: ogni deputato riceve 3.690 euro e ogni senatore 4.180 per un rapporto che semplicemente non c’è, visto che con la legge porcellum del 2005 l’elettore vota solo per le liste di candidati, senza poter esprimere preferenze. Quindi questi politici oggi al governo hanno tolto ai cittadini il diritto di scegliere i loro rappresentati ma non hanno pensato che, a quel punto, andava rimosso anche il rimborso per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettore. Quando dici la credibilità.
Due parole - prima di arrivare al vero scandalo - sulla “Repubblica delle berline”. Le auto blu, concesse a parlamentari, presidenti di regione e di provincia, sindaci, presidenti di commissione… Secondo una indagine del 2010 voluta dal Ministro Brunetta, le “auto blu” sono circa 86mila. I consumi si aggirano sui 300 milioni di euro e tra ammortamenti, manutenzione, assicurazioni, personale, meccanici (sono circa 45 mila i dipendenti che si occupano delle auto dei politici) arriviamo a una spesa annua di 2 miliardi di euro. A questo bisogna aggiungere almeno un altro miliardo per le auto dedicate ai servizi speciali e di vigilanza urbana.
Il vero scandalo, a mio avviso, sono i rimborsi elettorali. E se ne parla pochissimo. O almeno io non avevo l’esatta percezione dell’enormità di questo scandalo fino a quando non ho letto l’inchiesta de L’Europeo. Di sicuro anche altri ne avranno parlato, ma davvero ho la sensazione che rispetto alla gravità di questa voce l’opinione pubblica sia poco sensibilizzata.
Sono in pratica gli ex finanziamenti pubblici ai partiti (aboliti dal referendum del 1993) e “camuffati, come scrive L’Europeo, grazie a un decreto legge del 2006, che permette ai partiti di incassare il doppio di quello che spendono“.
In quel decreto legge del 2006 viene inserito un comma che recita: “In caso di scioglimento anticipato del Senato e della Camera il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è effettuato”. Traduzione: le Camere si sciolgono, ma ai rimborsi elettorali non succede niente. In pratica dal 2008, più rimborsi “doppi” per tutti, rappresentanti in Parlamento e no, fino a tutto il 2011.
Come funziona? Leggiamo sempre su L’Europeo: “Per ogni elettore potenziale i partiti si autoassegnano un euro e poi si distribuiscono i soldi in base ai risultati elettorali, senza il bisogno di dover presentare e dimostrare spese realmente sostenute. Un euro ogni elettore potenziale, per ogni tornata elettorale (Camera, Senato, regionali ed europee), per cinque anni. Totale? Una tombola”.
Nel 1993 subito dopo il referendum che abolì il finanziamento pubblico ai partiti (referendum proposto dai radicali), i politici s’inventano "il contributo per spese elettorali", allora fissato in 1600 lire per ogni abitante censito, per un totale di 90 miliardi di lire (47 milioni di euro). Nel 1999 il contributo viene triplicato e arriva a 4.000 lire e non viene più calcolato per abitante ma sugli elettori registrati nelle liste della Camera. Poi arriva l’euro e il Parlamento decide per un euro per ogni elettore che però non corrisponderà a un dimezzamento rispetto alle 4.000 lire perché quell’euro sarà riconosciuto per ciascuno dei cinque anni della legislatura. Quindi le 4.000 lire con l’arrivo dell’euro diventano 5 euro. "E i rimborsi del 2001 da 194 milioni passano a oltre 476 milioni di euro".
"Per le politiche 2008, la Lega Nord (quella di “Roma ladrona”) ha speso 3 milioni 476 mila 704 euro ma incassa dallo Stato 41 milioni 384 mila euro. Il PDL, a fronte di 68 milioni e mezzo spesi, porta a casa 206 milioni e mezzo… Il Partito democratico 18,4 milioni spesi e 180,2 incassati. L’IDV ha speso 4,4 e incassa 21,6; l’UDC ha speso 21 milioni e chiude con un attivo di 5 milioni in 5 anni”. Anche chi è rimasto fuori dal Parlamento ha usufruito dei rimborsi: la Destra ha incassato 6,2 milioni, con un guadagno di quasi 4 milioni. Rifondazione Comunista nel 2006 (i partiti che componevano il cartello Sinistra Arcobaleno si sono “consolati" con ciò che restava dei rimborsi per la legislazione precedente) incassa 34 milioni e mezzo di euro a fronte di una spesa di appena 2,8 milioni.
"I partiti sono uno dei pilastri della nostra vita politica: un pilastro che in 16 anni è costato agli italiani 2 miliardi 253 milioni 612.233 euro e 79 centesimi".
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