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Siamo pronti per la rivoluzione? Da indignados a organizados

4 Agosto 2011 9 min lettura

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Siamo pronti per la rivoluzione? Da indignados a organizados

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s.berlusconi@camera.it

Signor Presidente del Consiglio "Si faccia da parte, consentendo al Parlamento e al Quirinale di organizzare un governo di salvezza nazionale. Prima che sia troppo tardi e nell'esclusivo interesse dell'Italia". Grazie. Ciao


Premessa

Prima Spider Truman, poi la mobilitazione per chiedere l’arresto di Borghezio ovunque, infine (per ora) la proliferazione di manifestazioni e presidi contro i privilegi della casta di Montecitorio. Solleticando la reazione rabbiosa di cittadini esasperati da eventi e situazioni che suscitano la comune indignazione (chi non si è indignato per l’aumento dei tagli e per il mancato abbassamento dei costi della politica? Chi non non ha provato rabbia per le dichiarazioni di Borghezio, e incredulità, dolore e sconcerto per le stragi norvegesi e ha pensato: “potrebbe succedere a noi?”, mettendo in crisi quel rapporto di fiducia e di reciprocità che tiene in piedi stati e democrazie e fa immaginare di sentirsi appartenenti ad una comunità?), cavalcando e caricando a molla sentimenti ed emozioni, è partita la caccia all’uomo, è stata invocata la piazza, è stata evocata la rivoluzione. Per fare giustizia, per farsi giustizia. Sommaria. 
Di fronte a un problema politico, sociale, culturale e simbolico - possiamo ancora definirci Paese? - che pone al centro la salute della nostra democrazia, oggi più che mai data per scontata e acriticamente sulla bocca di tutti, la risposta è stata quella della giustizia fai da te, per distruggere definitivamente istituzioni già erose dall’interno. 
E allora viene da chiederci: sarà sufficiente la sola indignazione come risorsa e risposta, senza un disegno di più ampio respiro che preveda un essere comunità e società? Sedurre cittadini al richiamo della rivoluzione, evocata a fini demagogici, non pone le condizioni affinché - per dirlo con Simone Weil - il “movimento rivoluzionario” cada con il regime stesso che mira a distruggere? 
Se non ci resteranno che macerie, cosa ci sarà dopo?
Riteniamo necessario un salto di qualità: da indignados a organizados, come ha scritto Pippo Civati. 
Non derive populiste e plebiscitarie, ma consapevolezza, impegno e cura delle istituzioni. Non distruggere e andare contro senza prospettiva, ma costruire laddove si è distrutto, rafforzare quel che è stato eroso, cambiare laddove c’è da cambiare. Conoscere e informare per non essere esecutori acritici e per continuare a immaginarsi comunità, perché come scriveva Danilo Dolci"Se l'occhio non si esercita, non vede. Se la pelle non tocca, non sa. Se l'uomo non immagina, si spegne".
In questi giorni in diversi Paesi ci sono proteste, manifestazioni, indignazione. Ma come ha ben scritto, a nostro avviso, lo scrittore Abraham B. Yehoshua rivolgendosi agli organizzatori della protesta delle tendopoli in Israele (una protesta decisa e autentica nella quale già si riconoscono segnali di aggressività da parte di giovani e meno giovani e incentrata, per il momento, su una sensazione di impotenza dinanzi al continuo e insostenibile aumento dei costi delle case e degli affitti): Giovani, la protesta non basta. "Se perciò i giovani organizzatori dell’attuale protesta non vogliono che il loro movimento rimanga un episodio isolato dovranno impegnarsi a portare avanti un grigio e costante lavoro politico per rivitalizzare il movimento socialdemocratico che ha dato ottimi risultati nel periodo della creazione di Israele e nel suo governo per lunghi anni. È vero, l’attività politica può essere sfibrante, frustrante e riservare non poche delusioni. Ma chi pensa di poter rimanere in disparte ed evitare di sporcarsi le mani lascerà il campo ad altri che porteranno avanti una politica di tipo diverso e si ritroverà in una tenda stretta e soffocante come parte di una protesta forse di tutto rispetto ma inefficace".

Consigli di lettura. La bozza Manifesto di Danilo Dolci

Notevoli opportunità di resistere, scegliere e inventare vengono evase da chi poi si lamenta vittima: il conformismo gregario deriva, dovremmo ormai sapere, tanto dalla mancanza di autodeterminazione come dalla paura

Mentre studiamo di regolare interazione bi e pluriunivoche proviamo intendere le interazioni globali (concepire la cultura dell’ambiente, la struttura ecologica, il sistema della biosfera), non confondendo la capacità di incontrarsi a concepire puntuali programmi di liberazione e logorrea predicatoria, l’epidemia delle trasmissioni, come sovente avviene. 
I dipendenti delle vaste fabbriche (non esclusa la scuola), estraniati dalle finalità e dall’insieme dei progetti, risultano sempre più invischiati, pilotati dalle circoscritte “istruzioni” delle minoranze dominanti che riescono a fingersi legali maggioranze
Nella selva mercantile il consumo acritico potenzia i produttori-padroni, sovente potenzia i virus del dominio. 
L’inaudita complessità dei problemi in un mondo che si dibatte tra la morte ed una nuova vita, richiede analisi e intuizioni approfondite per le quali ognuno può arrecare il suo apporto personale
Non è possibile comunicare senza impegno sincero, nonviolento, creativo, mentre d’altronde lo sviluppo della creatività richiede effettiva capacità di comunicare, connettere.

Il comunicare autentico (difficile e raro esito di attenta reciprocità, non soltanto vicenda di simboli e parole) rinforza i sistemi immunitari della vita terrestre, ci libera dalle nostre parassitosi e si concreta in economia indispensabile alla crescita civile: nel comunicare la probabilità dell’informazione-fecondazione si amplia potenziandosi e verificandosi complessivamente. 

La crescita delle creature dipende dalla quantità dei loro rapporti pluridirezionalmente connettivi: mentre il sincero, l’integro, può comunicare, il virus e l’inganno trasmettono inquininando.
Per lo smascheramento del sistema di dominio non si può generalmente contare sull’aiuto dei cosiddetti “mass media”, espressione unidirezionali di una deformante cultura (le fonti che si dichiarano libere potranno quindi trovare un pubblico banco di prova della loro effettiva autonomia): tendono a trasmettere televisivamente finanche corsi universitari e messe (che dovrebbero consistere in spazi di ricerca e iniziativa comunitaria), a ridurre a spettacolo sia lo sport che l’evento religioso, snaturando la Festa che degenera nel massificante teleassorbire.

Spettacoli elettronici, pilotati da esperti in confezioni di immagini vincenti, più e più sostituiscono l’effettivo approfondimento del radicato dibattito politico, e avvezzano a dipendere dal dominante

Chi gradisce rumori e fetori, e cerca di evadere disperato, ferisce attorno nel suicidarsi: mentre il respiro vivo non vuole corrompersi, ferirsi, non si lascia disfare e comperare, non vuole padroni, cerca il cooperare di chi vuole vivere compiutamente
Le istituzioni – laiche o non – che si presumono monopolio della verità, in ogni tempo – nei secoli passati e nel futuro – cercano di impedire la crescita autentica delle persone, dei gruppi, dei popoli.

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Occorre appellarsi a chi più avverte l’immensa portata di questa problematica per la vita del mondo, a tutti coloro cui non sfuggono gli intimi nessi tra la valorizzazione delle intime risorse inesplorate, e la pace - o tra sfruttamento e violenza -, soprattutto a chi nei più diversi contesti esercita una pur varia funzione educativa. 

Per scoprire ed esprimere i dirompenti segreti del comunicare occorre che germinino ovunque i suoi laboratori, consolidandosi in comuni fronti.

INVITIAMO CIASCUNO, DOVUNQUE POSSIBILE,

- promuovere, soprattutto con i giovani, iniziative in cui ognuno possa esprimersi (tra loro e con chi li può aiutare a trovarsi, identificarsi) per riconoscere i propri bisogni concreti; promuovere emancipanti iniziative che rendano possibili valutazioni comparative; 
- organizzare seminari e corsi affinché si formino, in ogni ambito e livello, esperti di come possiamo crescere in gruppi che favoriscano la creatività personale e collettiva sostituendo all’autorità unidirezionale strutture di strutture creaturali dell’intimo, sapendo che crescere in/con una struttura comunitaria nelle sue infinite variazioni è necessario, anche se non facile; 
- trovare i modi per sperimentare, in ogni ambiente e a ogni livello, quali metodologie possano risultare più efficaci affinché ognuno si interroghi: fino a qual punto siamo impediti a costruire civiche strutture comunicanti, e fino a quale punto, presi da miopi bisticci, non siamo capaci di concepirle e realizzarle? Il parassitismo non attecchisce più facilmente ove le creature non sanno crescere in sana autonomia? 
- identificare le aree ove già si sperimentano- strutture comunicative, studiarle, e inventare opportune strategie per ampliare confronti e iniziative;
- favorire la scoperta dei propri autentici interessi, abbandonando anacronistici ordinamenti e comportamenti inerziali (con quali leve?): mentre l’incoerente fatica disfa le creature, il vero lavoro ne potenzia l’intima natura; 
- avviare, con popolazioni che oggi si trovano ai margini delle zone ove più immediato è l’urto morbidamente vorticoso dell’industrialismo, processi di autoanalisi attenti a scoprire e valorizzare la propria genuina potenzialità, evitando di riguardare le proprie condizioni nell’ottica del complesso di inferiorità verso modelli estranei, deformanti (apparenti svantaggi possono risultare inestimabili risorse): iniziando dall’analizzare con appositi gruppi, pur di esperti, come possono essere sanate, attraverso specifici interventi, le piaghe della disoccupazione;

- provocare analisi, confronti e verifiche su certi eventi emblematici (l’ammassarsi di centinaia di migliaia di fans, ad esempio negli stadi; la vacuità di vari “successi” ecc.), costruendo al contempo esperienze – ed operando in modi – che educhino ognuno ad organizzarsi, valutare, scegliere, controllare, ed imparare a sperare senza illudersi;

- contro la moda che inflaziona svuotando il termine “creatività”, suscitare iniziative specifiche, processi di ricerca – azione – riflessione per identificare quali siano le condizioni per lo sviluppo di strutture che favoriscano il concretamento dell’intelligenza, la creatività personale e di gruppo, compresa la capacità di scegliere, decidere, annunciare, agire: ove è possibile valersi di iniziative esistenti (scolastiche, culturali, pacifiste, ecologiche, religiose, sindacali, cooperative, autenticamente politiche)?; dove occorre inventare le strutture del rispetto reciproco?; 
- suscitare autoanalisi coi giovani: come vivono, con quali prospettive, soprattutto negli inurbamenti più fittamente ingabbianti? Quali le cause dei mali? Come disinnescare le diverse forme del dominio? I giovani non vengono forse intossicati da forzature strumentalizzanti ed emarginazioni, prima che dalle droghe?
- ovunque la gente senza speranza rischia di fuggire dai suoi problemi e dalla sua terra per ammassarsi, sradicata, in ovili antieconomici in ogni senso, cercare di promuovere iniziative, anche internazionali e intercontinentali, escludenti rapporti di dominio (lavorare insieme tra diversi è occasione di conoscersi e arricchirsi reciprocamente) per individuare dalla base come valorizzarsi valorizzando al contempo il territorio indigeno e le metodologie più avanzate di ricerca e pianificazione organica, formando via via con gli adeguati organismi i necessari esperti: i governi che socchiudono le frontiere alla gente in fuga dai paesi più poveri, generalmente lo fanno per mantenere basso il salario minimo, a vantaggio dei più ricchi, e per acquistare chi è più disponibile alle prestazioni più ripugnanti – mentre tentano arroccare nei paesi più poveri le industrie transnazionali inquinanti che altrove i più avvertiti rifiutano; 
 - più e più le distanze si raccorciano, chiarire in ogni ambito come la necessità che l’Onu possa apprendere a risolvere i problemi internazionali divenga, anche con nuovi esperti, organismo concreto: in modo che le Nazioni Unite possano effettivamente concretare il comunicante governo del mondo verso la pace. 
“Combattere per la gente” non basta; non riesce l’avanguardia, pur se generosa, “dei condottieri di massa” a liberare il mondo

Falso mito è divenire “bandiera che insegni le masse a seguire e odiare”, come Gramsci aveva preannunziato.
Non “la violenza è la levatrice”, anche se “meglio di scappare è sparare” come Gandhi ha affermato, aggiungendo: “ma meglio di sparare è promuovere conflitti che siano più perfetti, più efficaci dello sparare”
Per disfare i sistemi clientelari – mafiosi pur a livelli continentali, non bastano fucili bombe spie.
Come è possibile valorizzare, liberando le infinite energie di un pianeta in cui ancora vengono parassitati interi continenti dall’esterno sistematicamente – come avviene ancora in Sud America -, finché da luogo a luogo non riusciamo a scoprire gli interessi alla gente con la gente medesima? 
Rivoluzione autentica non è mobilitare processi maieutici in cui cresca, dall’organizzazione, la forza necessaria per cambiare? Il potenziale del comunicare maieutico è soltanto al suo inizio, in scala planetaria è da scoprire: contro ogni preteso monopolio annunzia la responsabilità di una nuova rivoluzione, immensa, per ogni prossima generazione. 
La fissità dell’ammaestramento unidirezionale, screpolata da secoli, comincia a vacillare. Guardare il mondo tenendo presente la possibilità della struttura maieutica, è un po’ come il vedere di Galileo al nuovo telescopio. 
Ancora non sappiamo esattamente come sia comparsa la prima cellula, le condizioni ottimali di vita, come si siano formati il mutualismo, la coevoluzione ed il ricambio, l’organizzarsi del memorizzare e del coscientizzarsi: nel profondo ci è ignota la natura della vita
Ma dall’albero della vita – i cui rami non potenziati rinseccano – iniziamo a intendere qualche aspetto.
Profumando di miele, nell’autunno tra muro e muro a Modica si incandidano campagne pullulanti di erbetta cardellina. 
Le angiosperme hanno avuto più tempo di noi per inventare e strutturare l’enorme loro nuova economia; così le infiorescenze vegetali: per noi apprendere a comunicare è più lento, ancora più complesso. 
Quanto è difficile non è impossibile. 
Ogni creatura ha una nuova capacità di autorigenerarsi.

Danilo Dolci

Angelo Romano (ha collaborato Arianna Ciccone)
@valigia blu - riproduzione consigliata

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