Benvenuta Farah
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Si chiama Farah Boukhalfa è figlia di genitori di origine tunisina, è nata a Modena alle 00.01 dell’1 gennaio 2011, un secondo dopo l’inizio del nuovo anno ed è la prima persona nata in Italia. I suoi genitori lavorano ed abitano in Italia, contribuiscono allo sviluppo del paese e pagano le tasse. Farah studierà in scuole italiane, potrà andare all’università, avrà una vita italiana ma non sarà cittadina italiana tanto facilmente. Almeno con la normativa attuale.
La prima nata nel nostro paese porta alla luce un tema poco indagato dai mezzi di distrazione di massa: lo status delle così dette seconde generazioni, i figli di immigrati nati in Italia o giunti qui da piccoli. Non si tratta propriamente di immigrati poiché non hanno scelto di compiere una migrazione, ma sono cresciuti o cresceranno accanto a noi e vogliono gli stessi diritti dei loro coetanei.
Questi "mezzi cittadini" sono spesso costretti da una legge estremamente restrittiva, la n. 91 del ’92, a cominciare l’età adulta con un permesso di soggiorno, anche se sono nati in Italia ed hanno una carta di identità italiana che lo certifica. Si sentono chiedere cosa mangiano, se sono integrati, come se fossero diversi dai loro amici con cui studiano, giocano, amano, tifano, progettano un futuro.
Un tentativo di riforma di legge c’è, ma è fermo alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati in attesa che il Ministro dell’Interno Roberto Maroni esponga in Commissione Affari Costituzionali i dati e le procedure di concessione della cittadinanza italiana. Nel dicembre scorso la discussione ha compiuto due anni durante i quali sono state presentate 15 proposte di modifica della legge da parte di molti gruppi parlamentari.
Da una parte la Lega e il PDL che vorrebbero leggi più restrittive, dall’altra la maggioranza a cui si è aggiunto recentemente il presidente della Camera Fini, che vuole un percorso più semplice e breve per concedere la cittadinanza. E in mezzo ci stanno loro, 573.000 seconde generazioni (dati Istat al 1 gennaio 2010) che chiedono gli sia riconosciuta la cittadinanza non in base allo "ius sanguinis" ovvero al diritto alla cittadinanza solo se si è figli di Italiani (diritto di sangue), ma in base allo "ius soli", cioè al diritto di cittadinanza per essere nati sul territorio (diritto del suolo).
Cittadini a metà dunque, perché compiuti i 18 anni le seconde generazioni devono trovare un lavoro o continuare a studiare per poter avere il permesso di soggiorno, in assenza del quale, con le leggi attuali, potrebbero essere addirittura rimandati nel paese di origine. Anche in assenza di un paese di origine!
Oggi solo i nati in Italia possono chiedere la cittadinanza al compimento del diciottesimo compleanno, purché dimostrino il possesso continuativo sia del permesso di soggiorno che della residenza anagrafica dalla nascita. Ma il percorso non è breve né facile. Su 100 ragazzi nati e residenti in Italia, una volta maggiorenni ben 42 rimangono stranieri, nonostante una vita italiana solo perché non hanno la continuità di residenza anagrafica e di soggiorno per tutti i 18 anni. Ci sono molto casi poi in cui si rinuncia a chiedere la cittadinanza per mancanza di informazioni.
Sul problema è intervenuto più volte anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ma il Parlamento sembra non aver colto la necessità.
Benvenuta Farah.
Duccio Pedercini
@Valigia Blu - riproduzione consigliata
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