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No bavaglio, Fabbriche, Fare Futuro: i movimenti che vivono in rete

28 Dicembre 2010 4 min lettura

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No bavaglio, Fabbriche, Fare Futuro: i movimenti che vivono in rete

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3 min lettura

Il 2010 è stato l'anno della partecipazione democratica via internet. Tante battaglie, tanti appelli, Dalla Legge Bavaglio a Sakineh, passando per i gruppi che hanno tentato (e tentano) di cambiare gli equilibri della politica italiana. Con l'effetto di rendere sempre più plurale il discorso pubblico

DA un lato i campioni della Videocrazia. Talk show, telegiornali, format d'approfondimento. E tutto ciò che rende la televisione il luogo di formazione di gran parte dell'opinione pubblica degli italiani. Dall'altro lato, loro: i paladini dell'informazione dal basso. Movimenti d'opinione che vivono e sfruttano le possibilità della rete. Fornendo versioni alternative dei fatti. Diffondendo partecipazione e pratiche democratiche. Con lo sguardo sempre rivolto all'agenda politica. Il 2010 è stato anche il loro anno. Tante battaglie, tanti appelli. Dalla Legge Bavaglio alle firme per Sakineh e per la legge elettorale. Passando per i gruppi che dalla rete hanno tentato - e tentano - di cambiare gli equilibri nella politica italiana. Con l'effetto di arricchire e rendere sempre più plurale il discorso pubblico.

Labirinti. Le storie, i gruppi, i protagonisti sono tanti. C'è chi dura un giorno. E chi è ancora attivo. Il 2010 dei movimenti online si apre alla fine di gennaio e nel segno della politica. In Puglia. Con la vittoria alle primarie del centrosinistra di Nichi Vendola. Il governatore uscente ha dalla sua, oltre a cinque di buongoverno, le Fabbriche di Nichi: proiezioni virtuali di un comitato elettorale. Le Fabbriche diffondono in rete programmi e idee, videomessaggi e contenuti multimediali. Diventano la struttura, leggera e radicata, che porteranno Vendola a presentarsi come candidato leader

del centrosinistra.

Assalto al partito. I partiti sono tra gli interlocutori principali scelti dai movimenti online. Che, a volte, rappresentano la falange digitale di precisi gruppi politici. I finiani di Generazione Italia e FareFuturo; i rottamatori democratici di Prossima Fermata Italia. Ovvero: come utilizzare la rete per ridurre un gap comunicativo e di organizzazione. Una precisa ragione sociale: creare consenso intorno alle proprie posizioni, promuovere e accreditare il gruppo o il leader come protagonista dell'arena politica. E, ovviamente, realizzare una critica costante e approfondita ai propri "avversari" interni ed esterni.

Le elezioni. Dalle rete arrivano micro-mobilitazioni ad ogni avvenimento politico. Come quella contro il decreto salva-liste presentato dal governo prima delle elezioni regionali di marzo. Con il web che diventa un intricato miscuglio di accuse e richieste di giustizia. Si innescano manifestazioni reali, consistenti. E, dopo il voto, i social network diventano cartina da tornasole per rilevare l'entusiasmo o alla rassegnazione dei militanti. E per la serie dalla rete al Palazzo, da registrare il successo del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo alle elezioni regionali, con i consiglieri eletti pronti a portare nelle istituzioni le battaglie del comico genovese.

No alla Legge Bavaglio
. Ma la maggioranza dei movimenti online è autonomo dai partiti. Aggregati di idee, condensati di lotte e battaglie civili. E se il 2009 ha ricevuto dalla rete il No-B Day, il 2010 è l'anno del No alla Legge Bavaglio. Il gruppo "Libertà è partecipazione", i ragazzi del Post-it, una mobilitazione dove i confini tra reale e virtuale diventano labili, invisibili. E con la rete che emerge come strumento di implementazione della partecipazione democratica. Basta una pagina per far partire una protesta che, dopo tre mesi, da maggio a luglio, riuscirà a rispedire in soffitta il ddl Alfano sulle intercettazioni.

Minzolini. Spesso i movimenti online si condensano intorno a un tema. E' il caso di Valigia Blu, tra i gruppi più attivi dell'anno. Anche qui parte tutto da Facebook. Da una lettera che Arianna Ciccone, mente e anima del Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia, scrive il 27 febbraio. Chiedendo una rettifica al Tg1 di Augusto Minzolini che, sul caso Mills, aveva riportato la notizia, falsa, dell'assoluzione dell'avvocato inglese. In tre giorni la lettera viene sottoscritta da 100mila persone. E dopo una settimana, la Ciccone consegna 154mila firme alla Rai. Da allora il gruppo realizza altre campagne di mobilitazione. I temi: un'informazione corretta e la Rai libera dai partiti.

Repliche. Sono oramai i veterani dei movimenti online italiani. Il Popolo Viola, con le sue infinite ramificazioni, prende un bel pezzo di rete: 300mila iscritti su Facebook. Da cui partone denunce, idee, proposte di manifestazioni, sit-in, mailbombig e quant'altro mente di attivista digitale possa concepire. I temi: difesa della Costituzione, della libertà d'informazione e richiesta di dimissioni si Silvio Berlusconi. Micro iniziative a raffica durante tutto l'anno e in tantissime città italiane. Poi, il 2 ottobre, quello che sembra essere diventato un appuntamento fisso, quasi un format: il No B Day, la manifestazione nazionale a Roma.

Incroci. E in rete emergono storie, istanze, si rafforzano campagne d'opinione emerse dalla società civile. In prima linea tante associazioni che utilizzano la rete come medium privilegiato per rendere pubbliche le loro posizioni. Tante le battaglie. Come quella di Libertà e Giustizia per cambiare la legge elettorale. O quella del Forum dei Movimenti per l'Acqua Pubblica. Poi le migliaia di firme raccolte per Sakineh. E, naturalmente, la protesta del movimento studentesco contro la riforma Gelmini. Dove l'utilizzo della rete come strumento di mobilitazione e informazione diventa quasi una rivendicazione generazionale. Per realizzare un controcanto in diretta al potere. E per circoscrivere un nuovo territorio dove preservare e coltivare diritti e democrazia.

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