Berlusconi a Matrix: l’intervista più imbarazzante degli ultimi 150 anni
3 min letturaGrazie, Alessio Vinci, grazie!
Sei stato proprio un grandissimo l’altra sera, quando hai intervistato Berlusconi a Matrix. Finalmente un giornalista che, in Italia, fa vedere di essere un “cane da guardia del potere”. Anzi di più: sei stato una muta di rottweiler, una rutilante orda di chihuahua idrofobi! Alla faccia di tutti quei benpensanti della sinistra, i quali avranno pensato che, siccome Berlusconi giocava in casa, ti saresti sdraiato davanti a lui mostrando la scritta “BENVENUTI” tatuata sulla pancia.
Già in apertura, quando hai esordito dicendo che “nel giorno più buio degli ultimi 400 anni”, evocando solstizi, strane coincidenze astrali ed eclissi, “a portare un po’ di luce è arrivato Berlusconi”, hai piazzato un attacco micidiale, altro che Santoro! “portatore di luce”, ossia Lucifero: neanche un minuto di trasmissione, e già hai paragonato Berlusconi al male; e mica lo hai fatto in Rai, ma in uno studio Mediaset! Non ti ha potuto nemmeno dire “lei è un dipendente pubblico, si vergogni”, come fa di solito quando telefona in studio per salutare Floris o Santoro, né “lei è un mio dipendente”, perché è troppo liberale per ricordartelo a telecamere accese e microfoni aperti.
E l’ironia con cui gli hai fatto notare che è la prima volta che veniva a Matrix fuori dalla campagna elettorale, come a dire “Ao’ già stai qua?”: im-pa-ga-bi-le. E Berlusconi infatti aveva tutta la faccia tirata, più del solito, e stava con le mani giunte a pregare su quei foglietti bianchi, e si vedeva che i fogli te li avrebbe dati in testa. Un uno-due degno di un peso massimo.
E mentre Berlusconi parlava della crisi di Governo e della maggioranza ottenuta per tre voti in saldo, con quella cadenza tipica di chi vuol far pensare al pubblico che abbiate concordato insieme le domande prima della trasmissione, che vi siate messi d’accordo sull’evitare certi argomenti e sull’evidenziarne altri, mentre continuava a rispondere riprendendo le tue parole, o costringendoti a finirgli le frasi, facendo sembrare che tu, più che intervistarlo, gli stessi imboccando gli argomenti come un bravo papà farebbe col figlio di quattro anni che non vuole mangiare l’amare minestra pre-elettorale, eri lì ad interromperlo di continuo e ad incalzarlo come un Aldo Forbice con un radioascoltatore.
Eri lì a dargli il tormento con domande come “lei riesce a garantire la stabilità in questo momento?”, “ma lei sta lavorando per cercare di riavvicinare Udc e Lega?”, “gli attacchi alla sua vita privata le hanno fatto più male rispetto ad altri?”, annuendo alle risposte di Berlusconi come chiaro segno di sfida e di indipendenza, anche quando diceva che “la politica estera prende più del 60% del mio tempo” (al netto delle nipoti di Mubarak e dei letti putiniani), oppure parlava di sé oscillando tra la terza e la prima persona, o dava cifre a caso per i patiti della Smorfia napoletana. I suoi monologhi hanno vacillato sotto i colpi dei tuoi “A sentirla parlare Presidente, sembrerebbe che lei non ha problemi”, “Lei non se l’è vista brutta il 14?”, al che Berlusconi ha dovuto ammettere che il PDL si è limitato ad ottenere la fiducia con tre voti soltanto, perché ci sono state delle reazioni così aggressive da parte dell’opposizione che alcuni di quelli che erano a favore si sono dovuti trattenere, per cui il Governo ha rinunciato a stravincere.
Lo hai messo in grande, grandissima difficoltà con quelle domande su Wikileaks (al netto delle crisi narcolettiche al telefono), sui rapporti con la Russia e sull’omicidio Calipari, spostando abilmente il discorso sul “ciberterrorista” Julian Assange: essendo Berlusconi uno che per navigare consulta “gogol”, è stato un po’ come se avessi chiesto a mio nonno un parere sui Marlene Kuntz (“Forte questa Marlena Kuzz!”, “nonno, la dentiera…”). E ogni volta che hai evitato di interromperlo, e invece di ribattere alle sue vaneggianti e fantasiose ricostruzioni della realtà, citando dati reali, fonti e fatti, ti sei limitato a scandire ritmi neotribali muovendo su e giù la testa, lo hai naturalmente fatto per meglio mostrare al pubblico la debolezza degli argomenti di Berlusconi.
A proposito: sublime l’idea di far applaudire il pubblico a comando ogni volta che Berlusconi si incensava con frasi come “è il miglior governo che abbiamo avuto come componenti nella storia della nostra Repubblica” (al netto degli ex ministri e degli ex alleati di governo). Ottima anche la mossa di far abbassare la guardia a Berlusconi dichiarando di non voler parlare dei suoi problemi con la giustizia, equivalenti all’incirca a mezzo programma di Governo, spiazzandolo completamente. Molto meglio incalzarlo sul possibile nuovo nome da dare al partito, vero punto cruciale per capire se il paese saprà uscire dalla crisi. Berlusconi ha dichiarato che il nome nuovo sarà una parola sola, breve. Avanzo un’ipotesi: sarà mica “LUCE”?
Matteo Pascoletti
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