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Via le mani dall’informazione, dalla giustizia, dall’economia… Subito una legge sul conflitto di interessi. Ora o mai più

9 Settembre 2010 3 min lettura

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Via le mani dall’informazione, dalla giustizia, dall’economia… Subito una legge sul conflitto di interessi. Ora o mai più

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Abbiamo aderito con convinzione all'appello per una nuova legge elettorale lanciato sul quotidiano "la Repubblica" da Sandra Bonsanti a nome di "Libertà e Giustizia" e da Arianna Ciccone per Valigia Blu. Siamo anche noi dell'avviso che il "Porcellum" abbia sottratto, come recita l'appello, "il potere previsto dalla Costituzione di eleggere propri rappresentanti alla Camera e al Senato" e che sia indispensabile riappropriarci del principio costituzionale di sovranità popolare. Una condizione sine qua non affinchè gli elettori, al momento del voto possano scegliere liberamente i propri rappresentanti.

Tuttavia, accanto alla nuova legge elettorale c'è un'altra legge, di eguale importanza che deve impegnare da subito le forze politiche. Non solo nel centro sinistra e nell'opposizione ma anche in quei settori del centro destra che in questi ultimi giorni sono visibilmente preoccupati per lo squilibrio dell'informazione ("il tg1 di Minzolini censura la realtà" ha scritto ieri in un editoriale il web magazine di Fare Futuro): parliamo della LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI.

E' la madre di tutte le riforme, perchè il conflitto di interessi è la metastasi della nostra democrazia. E dal perverso intreccio fra potere istituzionale, potere mediatico e potere economico, che nascono i principali problemi del nostro attuale sistema democratico e che allarma lo stesso Parlamento europeo allorchè, già nel 2002 in una precisa risoluzione deplorava che, "in particolare in Italia, permane una situazione di concentrazione del potere mediatico nelle mani del presidente del Consiglio, senza che sia stata adottata una normativa sul conflitto d’interessi".

Marco Travaglio, nell'editoriale di ieri Su "Il Fatto" citava le furibonde polemiche suscitate a Londra dalla visita del direttore generale della Bbc, al numero 10 di Downing Street per incontrare il portavoce del premier Cameron e le reazioni della stampa britannica che, nel vedere la foto che immortala il numero uno della tv pubblica entrare nella residenza del primo ministro, facevano notare che “l’appuntamento è del tutto irrituale, inedito e molto preoccupante”.

Pensiamo adesso a quante volte in questi anni abbiamo assistito nel nostro Paese a situazioni ben più gravi di commistione tra potere politico e mediatico. Quante volte il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il suo servizio d'ordine hanno espresso pubblicamente la loro ostilità per giornalisti, autori, conduttori televisivi ottenendo la loro cacciata dal video? E quanti giornalisti, autori e conduttori televisivi hanno dovuto sottostare (altri lo hanno fatto volontariamente e altri ancora se ne sono andati indignati!) a linee editoriali contrarie ai più elementari principi di pluralismo per non perdere il posto?
E se poi al conflitto di interessi relativo al pluralismo nell'informazione radio-televisiva pubblica e privata, si aggiunge il conflitto di interessi politico-giudiziario, consentendo ad un capo del governo di approvare leggi che gli garantiscano l'impunità? Allora l'anomalia diventa macroscopica.

Il centro sinistra in questi 16 anni, anche nella pur breve parentesi di governo ha avuto gravi responsabilità nel non essersi battuto a sufficienza su questa materia. Ciononostante sono state depositate numerose proposte di legge. Quelle di Stefano Passigli o di Furio Colombo per citarne alcune. Il 30 luglio 2009 gli on. Veltroni, Zaccaria, Giulietti, Donadi, Tabacci, Orlando, Pezzotta, Castagnetti, Fassino, Gentiloni ed altri hanno presentato una proposta di legge alla Camera volta ad introdurre "misure per prevenire le situazioni di conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo, per garantire l’accesso alle cariche pubbliche in condizioni di eguaglianza" e per impedire che il titolare di una carica di Governo sia al contempo titolare di un interesse economico privato tale da condizionare, l’esercizio delle sue funzioni pubbliche.

Quando nacque Articolo21 imprimemmo nello Statuto della nostra associazione l'impegno a lottare per "mantenere ed accrescere l'attenzione sui problemi della libertà di espressione, elevarne la qualità, denunciare monopoli, oligopoli, sbarramenti, censure ed autocensure". Oggi, alla vigilia di elezioni che appaiono imminenti affrontare immediatamente questa materia deve essere una priorità per tutte quelle forze politiche, sociali, culturali ed economiche che hanno a cuore non solo i principi della libertà di informazione e del pluralismo ma anche quelli della concorrenza economica e di una giustizia davvero uguale per tutti e non diseguale per pochi.

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