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Yemen: al via in Svezia i negoziati di pace per mettere fine alla guerra

7 Dicembre 2018 5 min lettura

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Yemen: al via in Svezia i negoziati di pace per mettere fine alla guerra

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Si sono aperti ieri, in Svezia, i negoziati di pace per fermare il conflitto che da quasi quattro anni viene combattuto in Yemen che vede da una parte il governo yemenita, sostenuto da una coalizione internazionale guidata dall'Arabia Saudita, e dall'altra i ribelli Houthi, appoggiati dall'Iran.

Per Martin Griffiths, inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, si tratta di una tappa fondamentale per giungere a un accordo che cessi le ostilità che continuano a mettere a repentaglio la vita di 14 milioni di cittadini – metà della popolazione – ridotti alla fame a causa della peggiore crisi umanitaria mondiale degli ultimi tempi.

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Secondo quanto riportato dalla CNN gli incontri sono iniziati non prima di uno scambio reciproco di minacce: da un lato i ribelli Houthi che hanno dichiarato che avrebbero completamente chiuso l'aeroporto di Sana'a - attualmente sotto il loro controllo - a meno che l'Arabia Saudita non si decida a ridurre il blocco aereo, dall'altro i funzionari yemeniti che hanno chiesto il ritiro degli Houthi dalla città di Hodeida per restituirla al governo.

La delegazione dei ribelli Houthi (guidata da Mohammed Abdelsalam) e quella del governo yemenita (con a capo il ministro degli Esteri Khaled Al-Yamani), composte da 12 membri ciascuna e arrivate in Svezia rispettivamente martedì e mercoledì, hanno iniziato nella giornata di giovedì colloqui informali, alla presenza delle Nazioni Unite, che si protrarranno per una settimana.

«Ricordiamoci che si tratta di consultazioni, non stiamo ancora iniziando il processo di negoziazione», ha detto Griffiths, aggiungendo di non voler essere "troppo ottimista".

Le due parti non si incontravano da più di due anni, quando dopo 106 giorni di negoziazioni in Kuwait, i ribelli Houthi rifiutarono una proposta delle Nazioni Unite mirata a porre fine alla guerra e i funzionari del governo yemenita abbandonarono i colloqui poco dopo. L'ultimo tentativo di avviare i negoziati è fallito lo scorso settembre, quando gli Houthi non si sono presentati ai colloqui programmati a Ginevra.

L'obiettivo immediato che si intende raggiungere nei prossimi giorni è evitare i combattimenti nel porto della città di Hudayda che metterebbero a rischio la vita di migliaia di civili attualmente intrappolati in quell'area. Nella città che si affaccia sul mar Rosso, attualmente nelle mani dei ribelli, arriva il 70% degli aiuti umanitari provenienti dall'estero. Distruggerla equivarrebbe a una catastrofe.

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«Nei prossimi giorni avremo un'opportunità importante per dare slancio al processo di pace», aveva detto Griffiths ai giornalisti prima dell'inizio dei colloqui che si stanno svolgendo nel castello di Johannesberg, a Rimbo, a 50 chilometri da Stoccolma.

In una conferenza stampa l'inviato delle Nazioni Unite ha confermato la firma di un accordo sottoscritto da entrambe le parti - al quale si è pervenuti per rafforzare reciprocamente la fiducia - con cui si autorizzerebbe uno scambio di un numero non precisato di prigionieri. Dello scambio - ha poi aggiunto Griffiths – beneficerebbero migliaia di famiglie.

Durante l'organizzazione degli incontri, Griffiths aveva già negoziato con successo il trasferimento in Oman di 50 ribelli Houthi che necessitavano di cure mediche. Un'altra decisione che ha contribuito alla realizzazione degli incontri in Svezia.

In un editoriale pubblicato ieri dal New York Times Griffiths scrive: “Il popolo dello Yemen ne ha avuto abbastanza. In oltre tre anni di guerra sono state uccise migliaia di persone, sfollate più di 500.000, è esplosa un'epidemia mortale di colera e circa 14 milioni di yemeniti sono sull'orlo della carestia.

Nel disperato tentativo di sfuggire alla fame, di ricongiungersi ai propri cari, di piangere i morti, di salvare il futuro dei propri figli, gli yemeniti stanno raccogliendo semi sparsi di speranza che questo conflitto possa finire.

Giovedì, per la prima volta in due anni, il governo dello Yemen siederà con Ansar Allah, conosciuti come Houthi in Svezia. Ci sono volute molte false partenze e opportunità mancate prima che le due parti accettassero di incontrarsi e ci offrissero un barlume di speranza per ricominciare un processo di pace in Yemen. È un inizio importante vedere le parti coinvolte nel conflitto sedersi insieme e parlare – un dialogo che richiede da parte di entrambe di sospendere la loro fiducia nella possibilità di una vittoria ottenuta con le armi”.

“Credo che l'incontro di questa settimana in Svezia possa portare buone notizie per Hudayda e per il popolo dello Yemen" - prosegue Griffiths - "Stiamo lavorando per giungere a un accordo che risparmi sia alla città che al porto, garantendone il pieno funzionamento, la minaccia della distruzione. Raggiungere un simile accordo non solo metterà fine alle battaglie, ma salverà anche da ostruzioni e distruzioni il principale canale umanitario per il popolo dello Yemen. Ciò contribuirà a garantire che l'incombente spettro della carestia sia cacciato via”.

Mercoledì scorso, al termine del suo viaggio in Yemen, Geert Cappelaere, direttore UNICEF per il Medio Oriente e Nord Africa, in una dichiarazione ha affermato che la sofferenza dei bambini in Yemen è totalmente creata dall'uomo.

“Il bilancio di quasi quattro anni di combattimenti in tutto lo Yemen è sconvolgente, con oltre 2.700 bambini reclutati per combattere la guerra. Oltre 6.700 bambini sono stati uccisi o gravemente feriti. Circa un milione e mezzo di bambini è stato sfollato, molti di loro vivono una vita che è una semplice parvenza di ciò che dovrebbe essere l'infanzia. Oggi, in Yemen, ogni notte, 7 milioni di bambini vanno a dormire affamati. Ogni giorno 400.000 bambini affrontano una malnutrizione acuta pericolosa per la loro vita, potendo morire in qualsiasi momento. Più di 2 milioni di bambini non vanno a scuola, chi la frequenta deve spesso accontentarsi di un'istruzione di scarsa qualità in aule sovraffollate. Solo quando si interagisce direttamente con questi bambini ci si rende conto delle molteplici e profonde cicatrici che portano. Dietro i numeri, ci sono bambini con nomi, volti, famiglie, amici, storie, sogni infranti e vite spezzate”.

"Questi numeri - e le storie che ci sono dietro – interessano a qualcuno?", si chiede Cappelaere. "Avrebbero dovuto scuotere il mondo e spingerlo a muoversi  molto tempo fa".

Foto anteprima via Unicef 

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