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Cosa significa la morte di Yahya Sinwar per la guerra a Gaza

18 Ottobre 2024 5 min lettura

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Cosa significa la morte di Yahya Sinwar per la guerra a Gaza

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Giovedì scorso le Forze di Difesa Israeliano (IDF) hanno confermato di aver ucciso a Gaza Yahya Sinwar, in un’azione condotta il giorno prima. Sinwar era uno dei bersagli prioritari per Israele dal 2011, anno in cui venne rilasciato in uno scambio di oltre mille prigionieri palestinesi per liberare il soldato israeliano Gilad Shalit. Sinwar era di fatto il numero uno di Hamas, di cui è stato tra i fondatori dell’ala militare. Nel febbraio 2017 era diventato leader dell’organizzazione della Striscia di Gaza, mentre ad agosto, invece, dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh in Iran, era diventato presidente dell’ufficio politico dell’organizzazione.

Sinwar era considerato una delle menti dietro gli attacchi del 7 ottobre 2023, dove sono state uccise circa 1200 persone e altre 251 sono state prese in ostaggio. Come riportato dal quotidiano israeliano Hareetz, dopo gli attacchi è rimasto nascosto nei tunnel di Gaza, mantenendo i contatti con i vertici di Hamas attraverso corrieri di fiducia. 

Sinwar è stato ucciso mercoledì insieme ad altri due militanti di Hamas a Tal al-Sultan, un’area di Rafafh. Non si è tuttavia trattato di un’azione mirata ma di un incontro fortuito, come confermato al New York Times da varie fonti militari. Secondo quanto riportato dall’IDF, durante un pattugliamento un’unità ha identificato tre combattenti, e li ha uccisi dopo un confronto armato. Il giorno seguente, dopo aver individuato i corpi grazie alla ricognizione dei droni, i soldati dell’IDF hanno ispezionato i cadaveri. Solo allora è stata notata la somiglianza di uno dei corpi con Yahya Sinwar e sono quindi iniziate le procedure di verifica attraverso il DNA. 

Al momento della morte il leader di Hamas era armato e aveva con sé un giubbotto antiproiettili, circa 10mila dollari e dei documenti. Dopo l’identificazione e le prime reazioni da parte delle autorità, l’IDF ha diffuso venerdì le riprese del drone che mostrano gli ultimi momenti di Sinwar prima della morte. Visibilmente ferito, nel video diffuso Sinwar prova a colpire il drone lanciandogli contro un bastone. 

In un discorso alla nazione, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha detto che restano ancora “molte sfide da affrontare”. Ha inoltre aggiunto che il paese continuerà a combattere per riportare a casa gli ostaggi ancora detenuti a Gaza. Il Presidente americano Joe Biden ha commentato l’uccisione di Sinwar dicendo che ora “è il momento di porre fine a questa guerra e portare a casa gli ostaggi”. 

Khalil Hayya, capo di Hamas a Gaza, ha confermato venerdì la morte di Sinwar, dichiarando che i “prigionieri” non saranno rilasciati finché Israele non interromperà gli attacchi ritirando le sue forze. La missione iraniania presso le Nazioni Unite ha dichiarato che le immagini degli ultimi momenti di vita di Sinwar “rafforzeranno lo spirito di resistenza”.

In un comunicato, il gruppo di attivisti israeliani dell’Hostages and Missing Families Forum ha accolto “con favore” la notizia della morte di Sinwar, invitando a usare “questo importante risultato per garantire il ritorno degli ostaggi.

Su Sinwar, assieme a Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri e al già citato Ismail Haniyeh, pendeva la richiesta di mandato di cattura della Corte Penale Internazionale. I tre leader di Hamas erano accusati di vari crimini di guerra e contro l’umanità in relazione agli attacchi del 7 ottobre. Tra questi, lo sterminio, la presa di ostaggi, lo stupro e la violenza sessuale, la tortura e il trattamento crudele nel contesto della prigionia. Tutti e tre sono stati uccisi, anche se la morte di Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri non è mai stata confermata da Hamas, ma solo dall’IDF. Oltre a loro, altri tre membri dei vertici dell’organizzazione sono stati uccisi nell’ultimo anno. 

Secondo Jason Burke, corrispondente del Guardian per la sicurezza internazionale, la morte di Sinwar “ha enormi implicazioni per il conflitto a Gaza, per le altre campagne di Israele in Libano e nella Cisgiordania occupata e per la politica interna di Israele”, segnando una sorta di spartiacque. Hamas ha ormai perso gran parte dei suoi vertici, e la morte di Sinwar verrà ritratta come quella di un martire della causa, per favorire il reclutamento, mentre la leadership passerà probabilmente al fratello Mohammed. A dispetto della propaganda, tuttavia, Hamas ha subito ingenti perdite, e ha bisogno prima di tutto di nuove leve.

Per Israele, invece, la morte di Sinwar “rafforzerà notevolmente la posizione politica del primo ministro Nethanyahu e radunerà la sua base di sostenitori della destra più dura”. Per parte dell’esercito, dei servizi di intelligence e alcuni esponenti del governo, potrebbe costituire “un buon momento per dichiarare la vittoria a Gaza”, anche se non è chiaro quali differenze dovrebbe comportare sul campo. C’è da considerare inoltre che Israele ha ormai aperto un fronte di guerra in Libano, rivolgendo più in generale la sua attenzione verso l’Iran. Mentre per quanto riguarda Gaza, scrive Burke:

I funzionari israeliani hanno chiarito che il controllo militare e le operazioni continueranno a Gaza finché lo riterranno necessario, e nessuno ha ancora proposto un nuovo assetto politico a Gaza che possa essere accettabile per tutte le parti.

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Sul Sole 24 Ore, Ugo Tramballi evidenzia come il problema di Israele non sia tanto il tempo impiegato “per togliere di mezzo un assassino”, ma il non aver costruito un’alternativa politica a Sinwar e Hamas. Scrive Tramballi: 

Nessun coinvolgimento dell’Autorità Palestinese; nessun tentativo di costituire una coalizione internazionale che riportasse l’ordine a Gaza, aiutasse una nuova entità politica palestinese a governare e desse avvio alla ricostruzione. Niente, solo guerra. Anziché un’alternativa politica, il governo di Benjamin Netanyahu e dei suoi alleati estremisti nazional-religiosi, hanno pensato a come uccidere e affamare gli oltre due milioni di abitanti di Gaza: in maniera più scientifica di quanto stesse già facendo Sinwar. Nessuna esortazione degli alleati americani, degli amici europei, perfino dell’Arabia Saudita – fondamentale per il futuro della regione – è riuscita a convincere il governo più estremista della storia contemporanea d’Israele. Non solo Netanyahu ha ribadito che Israele non permetterà mai che da qualche parte, fra il Mediterraneo e il fiume Giordano, possa essere creato uno stato palestinese. I suoi alleati estremisti hanno anche preparato piani e progetti per colonizzare di nuovo Gaza, ricostruendo quegli insediamenti che Ariel Sharon aveva smantellato vent’anni fa.

Come ricordato da Tramballi, resta sempre gravissima la situazione dei civili a Gaza. Martedì scorso Oxfam e altre 37 organizzazioni umanitarie hanno lanciato un appello per il cessate il fuoco. “L'assalto delle forze israeliane a Gaza” si legge nell’appello, “è arrivato a un livello di atrocità spaventoso. La zona nord di Gaza è stata cancellata dalla mappa”. 400 mila palestinesi hanno ricevuto l’ordine di evacuazione, ma di fatto secondo le ONG si tratta di uno “spostamento forzato sotto il fuoco delle armi”. A peggiorare la situazione, dal primo ottobre non è stato possibile portare cibo nell'area, rendendo i civili vittime dei bombardamenti e della fame. 

(Immagine in anteprima via Free Malaysia Today)

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