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Web e Democrazia. Se l’Occidente aiuta i dittatori

29 Ottobre 2011 5 min lettura

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Web e Democrazia. Se l’Occidente aiuta i dittatori

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La traduzione italiana del libro del blogger e ricercatore universitario Evgeny Morozov The Net Delusion: the Dark Side of Internet Freedom è appena stata pubblicata da Codice Edizioni. 

Evgeny ha presentato The Net Delusion nel corso della V edizione del Festival Internazionale del Giornalismo ad aprile 2011, al quale ha gentilmente concesso questa intervista. 

La versione italiana del tuo libro The Net Delusion è in vendita da pochi giorni in tutte le librerie italiane. La traduzione letterale del titolo è La delusione della rete: il lato oscuro della libertà su Internet, mentre nella versione italiana il titolo è L’ingenuità della rete. Sei d’accordo con questa scelta? 
Sì, direi di sì. Parte del messaggio che ho cercato di trasmettere attraverso questo libro riguarda la pigrizia che molti di noi manifestano quando si tratta di pensare a Internet e alla politica. Di solito andiamo alla ricerca di analogie inadeguate e ormai obsolete (ad esempio l'utilizzo dei fax per distribuire samizdat durante la Guerra Fredda), oppure supponiamo che Internet, in ragione della sua particolare architettura, possa condurre a determinati risultati politici e sociali (prodemocratici), e questa secondo me è sciocchezza. Il libro costituisce parte di un mio tentativo generale volto a dare maggiore visibilità alle conseguenze di questa ingenuità. 
Questo atteggiamento ingenuo riguardo al Web non soltanto ci fa perdere opportunità nel suo utilizzo quale modalità per promuovere la democrazia in Stati autoritari, ma al tempo stesso fa sì che in pratica permettiamo ai dittatori, spesso con l'aiuto delle imprese occidentali, di promuovere i propri programmi con l'aiuto del Web. 
Che “i social network agevoleranno la diffusione della democrazia” è stata e continua ad essere una convinzione molto diffusa. Puoi fornirci esempi recenti di regimi autoritari che abbiano utilizzato le reti sociali per sopprimere il dissenso? 
Innanzitutto, vorrei sottolineare che personalmente non ho nessun problema nel riconoscere che i social network possano essere utilizzati per diffondere informazioni su manifestazioni di protesta o per rendere noti atti di brutalità da parte delle forze dell'ordine. Tutto ciò è ovviamente positivo, ma sarebbe prematuro trarre conclusioni eccessive su Internet e la democrazia da questi esempi. 
Regimi autoritari più sofisticati, quali quelli di Russia, Cina e Iran, hanno individuato modalità per sfruttare il Web per scopi di sorveglianza, per diffondere la propaganda e per attacchi informatici. Alcuni regimi pagano blogger pro-governativi affinché manipolino il dibattito on-line, mentre altri regimi operano per rafforzare veri e propri campioni di Internet in grado di competere con Facebook o Twitter – garantendo così un maggiore controllo. 
Quello che mi fa veramente arrabbiare è che tutto questo stia accadendo con il sostegno – talvolta nascosto, talvolta esplicito – delle imprese del mondo occidentale, più che felici di fornire a questi regimi software, hardware e anche consulenza. Si tratta di un problema che deve essere risolto prima di lasciarci trasportare dall'entusiasmo nel celebrare il potenziale liberatorio della Rete. 

Quanto sono stati importanti i social network nelle recenti sommosse nel Nord Africa?
A questa domanda si può rispondere in modo critico o in modo inutile. Il modo critico, e lo ribadisco nel mio libro, è che i guru di Internet non sono le persone giuste per rispondere a questa domanda, dato che le loro conoscenze e la loro importanza pubblica sono correlate con Internet, per cui questi guru sono tentati di celebrare o di sminuire Internet sulla base di motivazioni strutturali. Se si vuole sapere quale ruolo abbia svolto Internet nel Nord Africa bisogna andarlo a chiedere a qualcuno che conosce il Nord Africa, perché anche se una persona sa tutto di Internet non può darti la risposta che cerchi: l'importanza di Internet nella sequenza di quegli eventi può essere valutata solamente dall'esterno del contesto di Internet, quando si ha qualcosa con cui confrontare Internet. Ho letto troppi articoli scritti da professionisti di Internet secondo i quali “Twitter ha svolto un ruolo importante in Egitto” – ma l'unica cosa che queste persone hanno fatto è stata studiare il traffico di messaggi su Twitter. Ora, come si può dire che questo ruolo è stato "importante" se non è possibile confrontare Internet con nient'altro? La risposta più diplomatica – il modo inutile di risponderti – è che è troppo presto per dirlo. Stiamo ancora dibattendo il crollo dell'Unione Sovietica, e rispetto al 1990 c'è un'attenzione molto maggiore sulle ragioni strutturali del fallimento dell’URSS piuttosto che sul ruolo delle trasmissioni occidentali o dei samizdat o dei dissidenti. Dopo il crollo di un grande regime tutti questi elementi salgono alla ribalta – i media devono pur parlare di qualcosa – ma di norma l’intelligenza dell’analisi cresce nel tempo. In pratica, dobbiamo ricordare un elemento importante: ciò che oggi appare entusiasmante potrebbe sembrarlo solamente perché non disponiamo dei dati per parlare di qualcos'altro. 
I social media creano conformismo riguardo ai contenuti della rete e al modo in cui tali contenuti vengono elaborati?
Non saprei. Creano conformismo? In effetti nel mio lavoro ho sottolineato come molte persone in luoghi quali Russia o Cina non usano la rete per informarsi sulle ultime notizie di politica, ma piuttosto per scaricare film porno. È una funzione della rete. Ora, di questo accuso Internet? Assolutamente no. Dico soltanto che tendiamo a fare di coloro che vivono in uno Stato autoritario o di Internet un feticcio. E mi riferisco anche a coloro tra di noi che vivono nell'Occidente che hanno pensato che Internet sarebbe stato un canale monodirezionale per esportare le pericolose idee della libertà e della democrazia. In questo senso, la ragione per cui così tante persone utilizzano la rete per l'intrattenimento o per chattare sta nel fatto che le persone sono sociali per natura e amano divertirsi. Sono d'accordo sul fatto che dovremo analizzare più approfonditamente il modo in cui Facebook, Zynga o simili possano incoraggiare il consumo di informazione-spazzatura – consumo che permette loro di fare profitti – ma su questo punto tenderei a dare a Internet almeno il beneficio del dubbio!
Wikileaks ha appena chiuso i battenti adducendo come motivazione la mancanza di fondi. Il denial of service a Wikileaks da parte delle imprese americane costituisce una forma di censura?
La risposta breve è chiaramente sì; peggio ancora, il governo americano avrebbe potuto evitare questa situazione se si fosse apertamente dissociato da persone quali Joe Liberman che hanno richiesto ad Amazon e ad altri di rompere i legami con WikiLeaks. Ciò detto è importante ricordare anche che WikiLeaks aveva molti altri problemi: troppi nemici, problemi nel reclutare personale per paura che si potesse trattare di spie, problemi nel vagliare nuovi documenti tanto approfonditamente quanto necessario e così via. WikiLeaks era già morto molto tempo prima dell'annuncio. Fondi aggiuntivi avrebbero potuto risultare utili, ma quelli che ho citato sono problemi che il denaro non può risolvere. L'ho già detto a gennaio e lo ripeto: la cosa migliore che Assange avrebbe potuto (e ancora potrebbe) fare è accantonare il lavoro sulla trasparenza e concentrarsi invece su una campagna per la libertà di Internet, facendo in modo che alcuni dei movimenti che lui stesso ha promosso – come ad esempio Anonymous – non divengano eccessivamente radicali, al tempo stesso concedendo il suo marchio a progetti importanti. Purtroppo il consiglio è rimasto inascoltato…
@valigiablu - riproduzione consigliata

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