Referendum Lombardia: i pro e i contro del voto elettronico
5 min letturaAl di là dell’esito del voto referendario di domenica 22 ottobre sull’autonomia in Lombardia e Veneto, la giornata di domenica verrà ricordata, soprattutto, per essere stata la prima volta in Italia del voto elettronico in proporzioni così di massa. Mentre in altri paesi, come negli Stati Uniti o in Estonia, è diventata una prassi abituale, in Italia non è ancora riuscito a imporsi come una modalità affidabile e accettata da tutti. Sul referendum lombardo le polemiche si sono concentrate soprattutto, sui costi sostenuti dalla Regione per l’acquisto dei tablet utilizzati per il voto e per la formazione degli assistenti digitali, quasi la metà dei 50 milioni di euro messi a disposizione da Regione Lombardia per il referendum.
Il voto elettronico è stato rivendicato con forza dal Movimento 5 Stelle lombardo, che ha fatto ormai del voto online uno dei suoi marchi di fabbrica, mentre decisamente più critici sono i commenti arrivati da Possibile, che ha messo sotto accusa «l’opacità aziendale e di prodotto» di Smartmatic, società aggiudicatrice dell’appalto, e dai Radicali, che hanno invitato gli elettori a rifiutare il «Referendum in stile “venezuelano” del Governatore Maroni», lamentando l’assenza dei requisiti di sicurezza, unicità e non “manipolabilità” del voto.
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Un allarme lanciato dall’associazione Hermes Center per la difesa dei diritti digitali che ha voluto capire più a fondo come funzioni l’intero sistema elettorale informatico messo in piedi da Smartmatic, ricevendo però, una risposta negativa dagli uffici regionali. Matteo Flora, hacker ed esperto di sicurezza informatica, inoltre, ha denunciato che «svariati gigabyte di software, certificati, istruzioni relative a parti di software del voto, pezzi di codice, macchine virtuali e password, nomi utenti e chiavi di autenticazione di possibili amministratori del sistema» di Smartmatic sarebbero stati accessibili a chiunque in Rete per un certo periodo di tempo. Fonti dell'azienda citate dal Corriere della Sera hanno ribattuto che «le informazioni viste dall’hacker non sono sensibili e confidenziali — sono applicazioni che consentono operazioni per il coordinamento della logistica — e in alcun modo sono riconducibili al voto elettronico».
Tuttavia, quello del voto elettronico è un tema che molte democrazie stanno affrontando, avendolo già adottato in alcuni casi oppure avendo deciso di abbandonarlo dopo anni, perché non c'era certezza sulla sicurezza da attacchi informatici. È il caso dell'Olanda, in cui il ricorso al voto elettronico è stato incoraggiato fino al 2006, per essere messo sotto accusa nel 2007 dopo la scoperta di alcuni errori nelle consultazioni passate e poi riproposto nuovamente nel 2013 per superare le imprecisioni del conteggio a mano. Alle elezioni di quest’anno, però, il voto manuale è stato riutilizzato a causa della sospetta vulnerabilità del sistema elettronico rispetto ad attacchi hacker e manipolazioni dall’esterno. «Per l’Italia quello di domenica è il primo caso di voto elettronico su larga scala dopo altri esperimenti di dimensioni decisamente molto ridotte. È, quindi, un test estremamente rilevante», ha affermato a Valigia Blu Paolo Carlotto, esperto in materia e autore del volume Il voto elettronico nelle democrazie contemporanee.
Nel gergo specialistico, quello di domenica sarà un voto elettronico in ambiente controllato con l’elettore che si dovrà recare al seggio per essere registrato, prima, e per esprimere, poi, il suo voto nella cabina elettorale. Altra modalità è, invece, il voto elettronico in ambiente non controllato in cui la preferenza dell’elettore viene espressa direttamente su un sito internet, registrata e trasmessa al server di conteggio dei voti. Quest’ultimo «è un voto che può essere fatto anche da casa e lo si può assimilare al voto per corrispondenza con gli stessi problemi per quanto riguarda la segretezza del voto», ha aggiunto il ricercatore dell’Università di Padova che vede, invece, molte analogie tra il voto elettronico in ambiente controllato e quello solito con carta e matita.
Attualmente le votazioni online sono già realtà in alcuni paesi. La fase sperimentale è terminata in alcuni cantoni della Svizzera, permettendo così al Consiglio Federale di estendere il voto elettronico a due terzi del paese entro il 2019 con l’obiettivo di trasformarlo nel terzo canale di voto ordinario. In Estonia, uno dei primi paesi a introdurre l’e-voting, più del 25% dei voti è stato espresso via internet nelle ultime elezioni. In questo caso però, il giudizio degli osservatori non è stato unanime: secondo alcuni, le votazioni online hanno dato garanzia di affidabilità e rappresentano il futuro, mentre per altri, “il sistema di e-voting ha seri limiti strutturali e gap procedurali che potenzialmente potrebbero mettere a rischio la veridicità delle elezioni”. Per quanto riguarda, invece, il voto elettronico in ambiente controllato, simile a quello usato in Lombardia, è utilizzato normalmente nelle elezioni venezuelane, dove non sono mancate negli anni le contestazioni sulla loro validità, o in quelle americane, accusate di non aver saputo reagire agli attacchi e alle manipolazioni subite dall’esterno.
Che l’elettore debba recarsi al seggio oppure no, i benefici del voto elettronico appaiono chiari: «la rapidità del conteggio e l’accuratezza del voto sono i due vantaggi più evidenti», spiega Paolo Carlotto, evidenziando anche come elezioni con uno scarto limitato tra i due sfidanti non avrebbero avuto strascichi polemici se fossero stati utilizzati apparecchi informatici. Sui limiti del voto elettronico, invece, molto dipende dalla tipologia utilizzata: nel caso di quello online, «le perplessità riguardano la segretezza del voto, la riconoscibilità dell’elettore e la capacità del sistema di evitare intromissioni dall’esterno», mentre in quello in ambiente controllato, «il problema non risiede nella personalità del voto ma nella cosiddetta “scatola nera”: l’elettore sa cosa entra e cosa esce in termini di voti per ciascuna delle opzioni disponibili ma non sa cosa succede nella fase intermedia. Il conteggio dei voti è tutto nelle mani di un server».
Proprio su questa fase e in particolare sulla sua mancata pubblicità si era soffermata anche la Corte Costituzionale tedesca nel 2009 quando aveva dichiarato incostituzionale l’utilizzo dei dispositivi elettronici elettorali: la registrazione elettronica dei voti e la loro pubblicazione potevano essere costituzionalmente validi, infatti, solo se “le fasi essenziali del voto e dell’accertamento del risultato possano essere esaminate in modo affidabile e senza nessuna conoscenza specialistica”. Secondo i giudici tedeschi, insomma, non era sufficiente che fosse pubblico solo il risultato del processo di registrazione e calcolo effettuato dai dispositivi elettronici ma anche il processo necessario per arrivare a quel risultato. Un possibile rimedio suggerito anni fa dalla Corte tedesca è prevedere un esame complementare in cui “i voti sono registrati in modo diverso da quello elettronico”. In Lombardia anche questa possibilità è prevista domenica: appositi apparecchi permetteranno la stampa su carta del voto espresso. Solo, però, per il 5% degli aventi diritto.
Foto anteprima via LaPresse.