Veri uomini – Il sistema che “uccide” le donne e non solo
5 min letturaLa mappatura dei Centri Anti Violenza aggiornata ad aprile 2023 è fornita dal Dipartimento per le Pari Opportunità ed è disponibile qui. Il 1522 è il numero gratuito da tutti i telefoni, attivo 24 ore su 24, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Per avere aiuto o anche solo un consiglio chiama il 1522 oppure apri la chat da qui.
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“Se anche una volta hai alzato le mani su una donna, se hai sentito quella maledetta voglia di sopraffazione, vuol dire che la violenza ce l’hai dentro e l’unico modo per salvarsi è riconoscerla. Cambiare si può, io l’ho fatto. Mica è facile dire: io picchiavo. Ogni volta che accadeva mi pentivo. Ma cercavo sempre una giustificazione esterna. Mi dicevo: è stata lei a provocarmi, mi tradiva, voleva dominarmi, l’ira mi ha accecato. Con la nascita dei figli io e mia moglie litigavamo di continuo, ero sempre più violento… Se ripenso alle scene che hanno visto i miei figli da piccoli sto male davvero. Una sera le ho tirato uno zoccolo in faccia e le ho incrinato il setto nasale. Mi ha denunciato. Ci siamo lasciati. Abbiamo divorziato. Prima di intraprendere il percorso che mi ha fatto rinascere dovevo toccare il fondo. Il patriarcato ce lo abbiamo dentro tutti, sradicarlo è difficilissimo, fa male”.
Sono le parole di Michele, un impiegato di Torino, che, intervistato dalla giornalista Maria Novella De Luca, ha raccontato la sua storia di uomo violento e maltrattante e del percorso di consapevolezza e liberazione intrapreso grazie all’associazione ‘Il Cerchio degli uomini’ [qui un articolo di Federica Delogu su alcuni centri che svolgono progetti rivolti a uomini maltrattanti].
“Il patriarcato ce lo abbiamo dentro tutti, sradicarlo è difficilissimo, fa male”. Dice Michele. Ed è proprio di questo sistema che vogliamo parlare oggi e del sistema che alleva, vuole, pretende che gli uomini siano “veri uomini”.
In questi giorni, dal femminicidio di Giulia Cecchettin, stiamo assistendo a un dibattito pubblico imponente, anche confuso e portatore di caos. Ma importante e per diversi motivi, a partire dal fatto che è necessario continuare a parlare, mettendo in discussione e in crisi, smontandola pezzo per pezzo, la retorica con i miti che puntualmente sono usati in questi momenti, davanti alla notizia di un uomo che toglie la vita a una donna in quanto donna. Stiamo assistendo a una copertura mediatica come sempre piena di falle, errori, alcuni davvero macroscopici, imperdonabili (come l’uso cinico oltre che inopportuno della foto dell’assassino abbracciato a Giulia, i due sorridenti in un campo di fiori). Solo nella discussione, nell’impegno, nell’attivismo persistente, costante, ostinato prima o poi l’impianto socio-culturale che sottostà alla violenza di genere sarà sgretolato e finalmente archiviato come un reperto storico. Ci vorrà tempo, ce n’è sempre voluto. Stiamo parlando di smontare un sistema di potere secolare. Pensiamo al nostro paese: fino al 1948 le donne non avevano diritto di voto, come ci ricorda il film di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, dove violenza domestica e liberazione della donna anche attraverso l’esercizio del voto sono fortemente intrecciati. Ci vorrà tempo, lo sappiamo. È per questo che lottiamo da anni in una sorta di staffetta generazionale.
Ecco perché oggi non mi concentro su quell’ondata di delegittimazione (a firma quasi tutta maschile) che si è scatenata contro la sorella di Giulia, Elena. Elena, che, come splendidamente osservato dalla scrittrice Valeria Parrella, ha spiazzato tutti e tutte e ha rovesciato il tavolo: “L’altro giorno - ha scritto Parrella - pensavamo tutte a Elena Cecchettin, e oggi è lei che sta pensando a tutte noi. Ogni tanto, nella storia, una Antigone si alza accanto al corpo di chi deve seppellire e va davanti al coro del popolo e davanti al tiranno, e dimostra che quel dolore può essere lotta”. Oggi mi voglio concentrare, accendere il faro su quell’ondata di uomini che pubblicamente, usando i social, stanno facendo sentire la loro voce per dire che sono al fianco di Elena, che parla di sistema, di patriarcato, di disuguaglianza, di dinamiche di dominio e potere. Nello sconquasso del dolore, Elena mostra dignità e potenza che nessuno di noi aveva visto arrivare. Oggi voglio posare il mio sguardo sugli uomini che non si rifugiano dietro il “non tutti gli uomini”. Che non si affrettano a dire: io no, io non sono così. Uomini, come lo storico Francesco Filippi, che su Facebook ha scritto: “Perché un uomo ha ucciso una ragazza e un branco di maschi di potere sta a discutere su toni e modi in cui la sorella della vittima ha chiesto giustizia. Ecco perché noi maschi siamo, tutti, responsabili”.
Il sistema che denuncia con voce ferma Elena Cecchettin si fonda sull’idea di mascolinità tradizionale che enfatizza il dominio, la competitività, l’eteronormatività, l’avversione nei confronti di tutto ciò che viene percepito come femminile, dall’ambito personale a quello politico. Una gabbia pericolosa anche per la salute psicofisica degli stessi uomini.
Le resistenze sociali e politiche al mutamento sono molte e le stesse donne non ne sono immuni. Resistenze potenti, lo vediamo in queste ore, al punto che un politico della Lega non si fa alcun tipo di problema e scrupolo nell’accusare la sorella di Giulia di essere una satanista, mentre una psicoterapeuta si dice stupita della lucidità della donna, del suo progetto politico-ideologico costruito così velocemente sul dolore.
'Veri uomini' - Il sistema che “uccide” le donne e non solo. Ne ho parlato con Maria Giuseppina Pacilli, professoressa associata, insegna psicologia sociale all'università di Perugia, autrice di “Uomini duri, il lato oscuro della mascolinità” e con il contributo di Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista, autore tra gli altri di “Perché il femminismo serve anche agli uomini”.
Nel podcast cito due articoli, quello di Carlo Canepa per Pagella Politica relativo ai dati sui femminicidi in Italia ed Europa e quello sulle argomentazioni argomentazioni che non vorremmo più sentire quando si parla di violenza sulle donne, di Claudia Torrisi per Valigia Blu.
Il brano musicale che ci ha accompagnato durante la conversazione è stato diffuso il 7 marzo 2020 sul canale YouTube della cantautrice Vivir Quintana che nel video è accompagnata da El Palomar, un gruppo composto da decine di donne, e dalla cantante cilena Paz Court. Un testo potente, una musica che si riallaccia alla canzone popolare, un'interpretazione appassionata, dolente e rabbiosa, "Canción sin miedo" è diventata l'inno femminista contro i femminicidi, che si verificano quotidianamente in Messico e in tutto il mondo.
Regia: Vudio
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La mappatura dei Centri Anti Violenza aggiornata ad aprile 2023 è fornita dal Dipartimento per le Pari Opportunità ed è disponibile qui. Il 1522 è il numero gratuito da tutti i telefoni, attivo 24 ore su 24, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Per avere aiuto o anche solo un consiglio chiama il 1522 oppure apri la chat da qui.
Immagine anteprima: tratta dal libro di Maria Giuseppina Pacilli "Uomini duri - il lato oscuro della mascolinità"