Università e ricerca: gli studenti contestano i tagli, il governo parla di accantonamenti. Fondi sacrificati per l’accordo con Europa
6 min lettura“È evidente come, per finanziare altre vostre priorità, avete deciso di fare cassa a spese dell’Università e di tutte le sue componenti, riconosciamo che l’istruzione non è realmente una vostra priorità e denunciamo con forza e totale contrarietà la vostra scelta di tenere fuori dalle politiche d’investimento del Governo proprio l’Istruzione, l’Università e la Ricerca”.
In una lettera inviata all’esecutivo Lega-M5S, il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) ha espresso tutta la sua delusione e contrarietà rispetto alle misure su università e ricerca previste dalla manovra fiscale.
La presidente del CNSU, Anna Azzalin, ha sintetizzato in un video pubblicato su Facebook le criticità sollevate dalla lettera:
- «30 milioni tolti alla ricerca e quindi più precariato»
- «40 milioni tolti al Fondo di Finanziamento Ordinario e quindi più università al collasso»
- «30 milioni tolti al diritto allo studio e quindi più idonei non beneficiari di borse di studio»
- «Blocco delle assunzioni»
Nello specifico, si legge nella lettera, il Governo non ha provveduto a un “rifinanziamento strutturale dell’Università, decurtando i 30 milioni sul Diritto allo Studio”; non sta contrastando la precarizzazione del mondo universitario perché, da un lato, non ha eliminato la figura dello studente idoneo non beneficiario di borsa di studio e, dall’altro, non ha previsto “una politica di assunzione e stabilizzazione di personale docente che possa garantire agli studenti una formazione di qualità e per tutti”, ma si è orientato verso il blocco delle assunzioni; e “anziché implementare il Fondo di Finanziamento Ordinario, di fatto ha proceduto a un ulteriore taglio di ben 40 milioni”, mettendo ancora più in difficoltà economica le università.
A tutto questo, conclude la lettera, “si deve poi aggiungere un taglio di 30 milioni sulla ricerca per un totale, quindi, di 100 milioni complessivi tolti al sistema universitario”. Così facendo, il Governo avrebbe disatteso quanto era stato promesso in precedenti incontri con “importanti e rappresentative del Ministero, come il Capo Dipartimento Giuseppe Valditara e il vice Ministro Lorenzo Fioramonti” e deluso “le premesse delineate nella Nota di aggiornamento al DEF”. In un’intervista al Corriere della Sera, Anna Azzalin ha aggiunto: «Luigi Di Maio, che è stato rappresentante degli studenti, ha sempre detto che l’Universitá, la ricerca e il diritto allo studio erano una priorità. E il viceministro Miur con delega all’Università, Lorenzo Fioramonti, ci assicurò, in un incontro, che non avrebbe mai tagliato un euro al sistema universitario. Non ci aspettavamo un taglio così drastico».
La risposta del Governo
Il vice Ministro Fioramonti ha risposto al CNSU con un’ulteriore lettera pubblicata sul sito Roars spiegando che nella legge di bilancio sono stati incrementati il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) di 40 milioni (ndr, in realtà incrementato di 46 milioni come ricostruisce Roars sul suo sito), il FOE (enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’Università e della Ricerca) di 40 milioni e il fondo per le borse di studio (FIS) di 10 milioni per un totale di 90 milioni, ma che questi fondi sono stati “accantonati” dopo i colloqui con la Commissione Europea per evitare eventuali procedure di infrazione.
Non si tratterebbe, dunque, di tagli, ma stando alle parole di Fioramonti, di “accantonamenti prudenziali” che “fino a luglio non avranno alcun effetto sugli atenei ed enti di ricerca, perché la ripartizione di FOE, FFO e FIS arriva di norma nella seconda metà dell’anno”. Il vice Ministro ha poi preso l’impegno di cercare di evitare che questi “accantonamenti” previsti dalla clausola di salvaguardia diventino tagli effettivi.
In un post su Facebook, Fioramonti ha spiegato che “la manovra include l’accantonamento di una piccola parte delle risorse a ‘garanzia’ di ogni Ministero, per un accantonamento complessivo di 2 miliardi di euro” e di 100 milioni di euro MIUR, ma “il rischio che questo si trasformi in ‘tagli’ è davvero minimo”. Questi fondi, ha proseguito il vice Ministro, “sono comunque in aggiunta a quanto stanziato dai governi precedenti e sono già disponibili” e “verranno definitivamente liberati dopo la revisione contabile di luglio e quindi in tempo per la decretazione ministeriale di spesa”.
Gli “accantonamenti” di cui parla Fioramonti rappresentano le garanzie date a Bruxelles che hanno permesso di evitare le procedure d’infrazione, insieme alla clausole IVA rafforzate e al monitoraggio di alcuni obiettivi di finanza pubblica che avverrà tre momenti (con il DEF ad aprile 2019, una verifica apposita a luglio e la Nota di aggiornamento al DEF, a settembre), scrivono Marco Mobili e Marco Rogari sul Sole 24 Ore. “Il test determinante per scongelare i fondi dei ministeri sarà quello di luglio. Le risorse potranno essere sbloccate (...) solo se l'andamento tendenziale dei conti pubblici risulterà coerente con gli obiettivi fissati. In caso contrario almeno per il prossimo anno i fondi resteranno inutilizzabili”, concludono i due giornalisti.
Va specificato, come spiega il direttore generale della Direzione generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione europea, Marco Buti, in una lettera al Corriere della Sera, che la Commissione approva i numeri ma non ha competenza sui contenuti delle manovre finanziarie dei singoli paesi. Quindi la decisione di accantonare questi fondi è responsabilità del Governo.
Cosa prevede la legge di bilancio
Riguardo l’Università e la Ricerca, in base alle ultime modifiche, la legge di bilancio (non ancora approvata) prevede:
- L’incremento del Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) di 20 milioni di euro nel 2019 e di 58,63 milioni di euro annui dal 2020 per il conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato di tipo B (ndr, Contratti triennali non rinnovabili riservati a candidati che abbiano già usufruito per almeno tre anni di contratti di tipo A, cioè a tempo determinato rinnovabili per soli due anni, una sola volta) a 1000 ricercatori. Questo stesso fondo è stato dotato di ulteriori 40 milioni di euro per il 2019.
- L’autorizzazione alle università statali a stipulare, in deroga alle vigenti facoltà di assunzione, per il 2019 contratti di ricerca a tempo determinato di tipo B e a bandire procedure per la chiamata di professori universitari di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale.
- La possibilità per le università “virtuose” di fare assunzioni superiori al 100% del turn over (si potranno assumere cioè più persone di quelle che vanno in pensione), per il 2019 e il 2020, nei limiti di spesa fissati.
- L’abrogazione del “Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta”, i cui finanziamenti sono stati destinati al Fondo di Funzionamento Ordinario.
- L’incremento di 10 milioni di euro, per il 2019, del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie.
- L’aumento di 10 milioni di euro di dotazione per il Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e degli istituti di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) di € 10 mln per il 2019.
La replica del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari
Successivamente Anna Azzalin ha replicato alle parole del vice Ministro Fioramonti, sottolineando come le misure proposte non prevedano investimenti sulla quota base del Fondo di Finanziamento Ordinario, ma tendano ad aumentare la quota premiale collegata ai risultati della didattica e della ricerca. Questo “non significa aumentare gli investimenti a supporto all’intero sistema, ma vuol dire aumentare le disparità tra gli atenei”.
Inoltre, prosegue Azzalin, non è possibile “accettare che non si possano finanziare le borse di studio come garanzia del rispetto dei vincoli europei. Con che coraggio il Governo pensa di parlare di ‘accantonamenti prudenziali’ ad esempio, agli studenti che, seppur ‘capaci e meritevoli ma privi di mezzi’, non hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi perché lo Stato non investe nel loro futuro?”.
Tutto questo per la presidente del CNSU è un’ulteriore prova che per l’Italia l’università e la ricerca non sono priorità di investimento e motore di crescita per il paese: “Se l’istruzione fosse davvero una priorità, il Governo del Cambiamento avrebbe tagliato ben altri capitoli di spesa - nemmeno considerati in questa Legge di Bilancio - e recuperato ogni possibile risorsa”.
Resta il fatto che i fondi destinati all'università e alla ricerca sono tra quelli accantonati come clausola per evitare le procedure d'infrazione e solo dopo la verifica a luglio da parte della Commissione europea dell'andamento dei nostri conti pubblici si potranno capire gli effetti reali di queste decisioni sul sistema universitario e sul diritto allo studio.
Nella foto in anteprima l'incontro al MIUR tra il vice Ministro Lorenzo Fioramonti e il CNSU – via corrierenazionale.it