Migranti, da Udine a Idomeni una carovana di libri e solidarietà
10 min letturaUn anno e mezzo fa, a dicembre del 2014, a Udine, tre volontarie hanno iniziato a prendersi cura di circa 200 migranti che dormivano nel sottopasso della stazione. Davano pasti caldi e coperte. Erano giunti in Italia percorrendo la rotta balcanica, quella che dalle isole greche, passando per i paesi slavi fino alla Slovenia, porta al centro dell’Europa.
Dopo alcuni mesi, altre persone si sono aggregate ed è nata un’associazione, chiamata “Ospiti in arrivo”, che ha iniziato a fare un lavorio di tessitura nel territorio, creando connessioni tra parti di città, coinvolgendo scuole, librerie e biblioteche, sostituendosi in parte alle istituzioni locali, cercando l’incontro quando fanno notizia il conflitto e chiusura.
Tra i protagonisti di questo lavorio di tessitura, c’è Micol Sperandio, esperta di arti pittoriche e figurative e organizzatrice di laboratori didattici con bambini dai 3 anni in su e adolescenti, che dal 29 maggio al 10 giugno porterà una carovana di artisti a Idomeni ripercorrendo a ritroso la rotta balcanica e guardare con i propri occhi luoghi e paesaggi dei percorsi dei migranti. È questa solo l’ultima delle iniziative di “Ospiti in Arrivo”.
A raccontarci la storia è Micol.
La Carovana per Idomeni
La storia della carovana è tutto un programma, il risultato di storie personali che si intrecciano, di persone che si sono conosciute in altri contesti professionali e che si sono coinvolte a vicenda, come in una staffetta. Quindici professionisti del mondo dell’arte e dello spettacolo dal 29 maggio al 10 giugno realizzeranno insieme ai bambini e agli adulti presenti a Idomeni laboratori di cinema, teatro, musica, arti figurative. L’immagine della carovana non è simbolica, gli artisti ripercorreranno al contrario su 2 camion la rotta balcanica fino ad arrivare in Grecia.
«Non andremo nel grande campo profughi, quello che stanno sgomberando, ma nella cosiddetta Jungle, dove sono accampate 300 persone. E lì faremo un accampamento laboratorio».
L’obiettivo dell’iniziativa è duplice: da un lato, i laboratori romperanno la routine quotidiana e potranno alleggerire il carico emotivo delle persone che vivono negli accampamenti; dall’altro, saranno momento di cura, di rielaborazione del proprio vissuto, di appagamento di bisogni che non sono solo materiali.
L'idea nasce dopo una prima missione a Idomeni l'inverno scorso. «I laboratori possono dare speranze e nuove prospettive. Quando siamo state a marzo, la prima volta, ci siamo rese conto che partivano tanti volontari che portavano cibo, coperte, vestiti e che ciò che mancava erano le occasioni per esperienze motivanti e arricchenti», racconta Micol.
Quando sei lì e guardi con i tuoi occhi, vedi, capisci che non hanno bisogno solo di beni materiali. Quello che manca è la cura della persona nella sua sfera emotiva, affettiva, psicologica, culturale. Chi è lì ha bisogno di coltivare i propri sogni. Quello che mi ha destabilizzato è la situazione degli adulti. L’idea di famiglia è completamente distrutta, i bimbi che vivono queste situazioni atomizzate, gli uomini che non possono fare nulla se non stare lì a passare il tempo e che vedono distrutte le loro capacità professionali. È stato allora che ho pensato di fare ora la carovana artistica
A marzo, una volta rientrata in Italia, Micol organizza una “chiamata alle… arti”, una call for Idomeni all’interno delle reti dei gruppi artistici con cui collaborava da anni sul territorio. «La risposta è stata molto calda fin da subito e la call è stata recepita con gran entusiasmo». C’è stato chi è riuscito a trovare tempo per partire, chi ha scelto di rinunciare ad altri progetti pur di poter partecipare alla carovana, chi, pur dovendo restare a casa, si è messo a disposizione per raccogliere fondi e permettere la partenza degli altri.
«Sì è creata una catena virtuosa, in un’ottica di reciprocità e mutuo aiuto. È incredibile. E ho visto giorno dopo giorno crearsi il gruppo che sarebbe partito o che da casa avrebbe dato una mano. Le mie esperienze passate che si aggregavano in un momento solo per Idomeni».
Con Virginia Di Lazzaro, impegnata al Guggenheim di Venezia in un progetto con le scuole e responsabile per l’"Associazione 0432" di laboratori per l’infanzia, rivolti a bambini dai 3 ai 10 anni, Micol si conosce all’accademia di belle arti e da lì inizia a lavorare con lei in attività pittoriche e figurative. Serena Di Blasio, Michele Polo e Paolo Paron li incontra nel collettivo “Teatro di sosta urbana” (TSU), che porta il teatro nei quartieri più periferici di Udine. Michele Polo, burattinaio, proporrà a Idomeni spettacoli sul tema dell’incontro e dell’accoglienza, mentre Serena Di Blasio si dedicherà alla realizzazione di laboratorio teatrali per gli adolescenti e Paolo Paron, musicologo, organizzerà incontri musicali.
Yassine Marroccu, regista cinematografico marocchino, è stato spinto dalla curiosità. Era tra il pubblico di una presentazione pubblica della carovana in una serata del festival “Vicino Lontano”, che si tiene dal 2005 a Udine, nella serata in cui Fabio Sanfilippo, caporedattore del Giornale Radio Rai, presentava il quaderno di Sheradzade, album di disegni di una bambina di 8 anni curdo-siriana, incontrata dal giornalista nel campo profughi di Idomeni, e ha deciso di partire. A sua volta, Yassine ha poi coinvolto due visual designer (che a Idomeni creeranno percorsi e installazioni visive), Federico Petrei e Fay Fernandez, che a loro volta hanno contattato il gruppo di “Cinema du Desert”, progetto di diffusione del cinema come momento di conoscenza e socialità, (che sul campo organizzerà proiezioni serali a favore delle popolazioni ospitate nei campi).
«La nostra carovana, nel suo viaggio verso la Jungle di Idomeni, si è espansa da Udine a Modena. E pensare che tutto si è svolto nell’ambito della mostra “Uno, nessuno, tre milioni: occhi sulla rotta balcanica”, all’interno di “Vicino/Lontano”. È tutto intrecciato!»
Un libro per Idomeni
È in questo intreccio di relazioni che nasce l’idea di "Un libro per Idomeni", campagna di raccolta di libri per "allestire una biblioteca viaggiante che da Udine raggiunga la Grecia". “La Pecora Nera” – una libreria indipendente (all’interno del circuito associazione librerie indipendenti per ragazzi, ALIR), nata grazie all'incontro di un laureato in Lettere e libraio dal 2008, Michele Cucchiaro, una dottoressa di ricerca in Storia dell’Arte, Paola Tarantelli, e un’attrice di teatro, Natalie Norma Fella – ha deciso di partecipare alla carovana rinunciando a ogni profitto sui libri che le persone hanno deciso di acquistare e inviare a Idomeni.
«Non ci andava di stare con le mani in mano. Ci siamo messi a disposizione per organizzare incontri e per donare i libri, quello di più bello che abbiamo. Abbiamo selezionato dei libri di sole immagini, libri in inglese, altri di stoffa per i più piccoli», racconta Paola Tarantelli. «Abbiamo chiesto di comprare dei libri che vendiamo con uno sconto del 30% sul prezzo di copertina e di lasciare una piccola dedica perché la consegna sia meno anonima. Quel 30% è quanto noi guadagniamo sulla vendita. Ecco, rinunciare al 30% sul prezzo di copertina è il nostro modo di fare la nostra parte».
È ancora una volta nella rete tessuta da “Ospiti in Arrivo” che la libreria riesce a trovare lo spazio per lanciare l’iniziativa del libro di Idomeni. «Nel corso del Festival “Vicino/Lontano” abbiamo ospitato il “Quaderno di Sherazade”, l’album di disegni di una bimba siriana di 8 anni. Fabio Sanfilippo aveva saputo dell’esistenza di questo album di disegni, lì a Idomeni ha incontrato lei e il papà, che le hanno regalato un album. E da lì lui ha iniziato a pubblicizzarlo e a portarlo in giro. È stato contattato da “Ospiti in Arrivo” e in libreria abbiamo ospitato l’album di disegni e una mostra fotografica curata dall’associazione. La libreria era stracolma di persone, di adulti. È stata in quell’occasione che abbiamo lanciato il progetto di “Un libro per Idomeni” e devo dire che da lì si è innescato un passaparola incredibile e le persone hanno fatto la corsa ad acquistare libri da far partire per la Grecia».
Con la carovana partiranno tre scatoloni di libri per un valore di 400 euro. I testi non saranno distribuiti ai bambini, l’associazione ha intenzione di allestire e avviare una biblioteca di libri per l’infanzia e l’adolescenza all’interno dei campi che visiterà. La biblioteca avrà lo scopo di offrire ai bambini presenti nel campo (e che da diversi mesi non hanno la possibilità di frequentare la scuola) momenti di lettura, anche condivisa, e di formazione. L'idea è di organizzare più spedizioni nell’arco di un anno. «La prossima sarà la carovana degli artigiani», spiega Micol. «Lì c’è gente che sa fare di tutto e da noi ci sono mestieri che vanno scomparendo. Sarebbe bello far incontrare queste persone».
"Ospiti in arrivo si muove, poi arrivano le istituzioni"
Per quanto sia il frutto della passione, dell’impegno, della voglia di mettere a disposizione il proprio tempo e il proprio talento, la carovana non è un’iniziativa estemporanea. È l’esito delle relazioni intessute tra persone che si sono conosciute lavorando e organizzando attività insieme, di un particolare modo di intendere l’essere parte attiva della città, di un comune intendere l’impegno civico.
«Non ci sarebbe potuta essere la carovana artistica, se non ci fosse stato prima tutto quello che abbiamo fatto sul territorio da quando è nata l’associazione», racconta Micol. «È fondamentale creare reti nella città. Ognuno di noi è un nodo di relazioni, mettiamole a sistema in un circuito virtuoso, facciamole fruttare».
Tutto è stato costruito un passo alla volta. Quando è nata, nel 2014, “Ospiti in arrivo” ha cercato di rispondere a esigenze concrete e di colmare, con piccole interventi di sutura quotidiana, le lacune di un sistema d’accoglienza incapace di trovare strumenti adeguati per affrontare l’arrivo di un numero sempre maggiore di migranti.
Nel dicembre del 2014, prima ancora di fondare l’associazione, un gruppo di volontari inizia, infatti, a fare primissima accoglienza a circa 200 migranti che dormivano nel sottopasso della stazione.
«All’inizio – prosegue Micol – erano in 3 che preparavano da mangiare in casa, davano le coperte, poi per fortuna è arrivata la Caritas che ha reso strutturale la distribuzione del cibo, almeno. Ecco, già questo ti racconta la storia dell’associazione. “Ospiti in arrivo” si muove, poi si svegliano le istituzioni. Si attivano dei meccanismi virtuosi. E la cosa bella dell’associazione è che gran parte dei volontari sono persone alla loro prima esperienza. Dagli studenti di scuola e universitari alle coppie, è proprio la società civile che si attiva. C’è dialogo tra posizioni così diverse e questo fa sì che ci sia confronto e non posizioni rigide».
Ora l’associazione conta più di 100 associati e ha strutturato interventi di diverso genere: oltre a continuare, con l’équipe di strada, a offrire servizi di prima accoglienza, distribuendo coperte e cibo e dando informazioni di carattere burocratico (come le pratiche per la formalizzazione delle richieste di asilo), insegna italiano nella “Refugees Public School”, attraverso la “Botteghina solidale” dà indumenti (scarpe, pantaloni, giacche e biancheria intima) a chi ne avesse bisogno, organizza laboratori nelle scuole ed eventi di sensibilizzazione e di promozione culturale, partecipa a missioni umanitarie lungo la rotta balcanica, come nel caso della carovana artistica a Idomeni.
La prima esperienza è nell’equipe di strada, poi si trova il proprio ruolo nell’associazione in base a quello che sai fare meglio. Stando su strada, ti rendi conto di cosa si tratta. Ovviamente, non è un percorso obbligato, ma lo fanno praticamente tutti quelli che si avvicinano, ti viene quasi spontaneo.
Stare su strada consente di sperimentare l’incontro con l’altro, con il profondamente diverso da sé, libero dai pregiudizi e basato su problemi concreti. «Ci si approccia all’immigrazione sempre da un punto di vista ideologico o teorico, ma l’incontro avviene nei quartieri, nelle città, per strada, dove ci sono persone che non riconoscono i comportamenti degli altri, gli uomini stranieri che arrivano da lontano e le donne che, magari, hanno paura. Per questo dalla strada poi cerchiamo di coinvolgerli nei corsi di italiano. Imparare la nostra lingua è un pretesto per scambiarci le nostre storie, per raccontarci. E la cosa particolare è che noi siamo per lo più donne e loro quasi tutti uomini. Per questo ora stiamo pensando di avviare anche corsi di educazione sessuale, perché poi l’incontro avviene lì, tra sessi diversi».
"L'associazione solleva puzze..."
Un'altra iniziativa per trovare una soluzione a un problema concreto è stata quella del biglietto sospeso. L'associazione ha iniziato a raccogliere biglietti donati dai cittadini ai migranti per consentire loro di potersi spostare dalla caserma Caverzani, diventata centro di accoglienza, con il centro cittadino.
"Ospiti in Arrivo" aveva chiesto una convenzione tra la Prefettura e la Saf, la compagnia che gestisce il servizio dei trasporti locali, per garantire ai migranti un biglietto sull'autobus numero 4 che collega la stazione ferroviaria di Udine con la caserma, ma prefetto e Saf hanno immediatamente espresso delle perplessità: «Se qualcuno vuole fare del bene a queste persone e donare qualche biglietto del bus compie una buona azione sulla quale non si può eccepire. (...) Ma che la Prefettura si faccia promotrice di un’iniziativa che permette a queste persone di usare i mezzi pubblici senza pagare, proprio no», aveva dichiarato il prefetto, interpellato dal "Messaggero Veneto", che, nel raccontare la proposta aveva parlato di bus gratuito agli immigrati e di rabbia dei cittadini di Udine.
«Gran parte dei migranti è accampata alla caserma Caverzani, che si trova a 5 km dalla città. Volevamo rendere autonomi i migranti, che spesso tornavano di notte alle 11 in caserma, quasi sempre a piedi, camminando sul ciglio della strada. Oppure li accompagnavamo in automobile. All’inizio abbiamo comprato noi i biglietti. Poi però ci siamo chiesti: perché non immaginare una convenzione per far sì che per i migranti il biglietto sia garantito? Non volevamo che viaggiassero senza biglietto, ma che avessero il biglietto garantito. Sul “Messaggero Veneto” garantito è subito diventato gratuito. Il passo è stato breve».
Molto spesso, racconta Micol, “Ospiti in arrivo” si è sostituita alle istituzioni, incapaci di rispondere adeguatamente alle esigenze dei migranti e di accogliere. «Non siamo retorici quando diciamo che l’associazione è nata con l’intenzione di morire il giorno dopo, quando saranno cessati i motivi per cui è stata fondata. Qui si dice: “solleva puzze”, che è il contrario di mettere la polvere sotto il tappeto per far vedere che è tutto lindo e va tutto bene. Noi solleviamo puzze. Così si discute dei problemi e si cercano soluzioni».