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Elon Musk e i ‘Twitter Files’: la battaglia per controllare la narrazione sulla democrazia americana

19 Dicembre 2022 12 min lettura

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Elon Musk e i ‘Twitter Files’: la battaglia per controllare la narrazione sulla democrazia americana

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di Micah Sifry

Riportiamo di seguito la traduzione di un articolo di Micah Sifry, cofondatore di Civic Hall, curatore della newsletter The Connector e membro del consiglio di amministrazione di Consumer Reports and the Public Laboratory for Open Technology and Science. L’articolo, pubblicato in due parti (qui la prima parte, qui la seconda), è stato tradotto su gentile concessione dell’autore. 

Se siete persone che stanno "sempre online" o anche solo un po' online, probabilmente avrete sentito parlare dei Twitter files, negli ultimi dieci giorni o giù di lì. Personalmente ho cercato di starne alla larga, davvero. Ma anche se le storie pubblicate da Matt Taibbi, Bari Weiss e Michael Shellenberger, basate sulla lettura dei file interni dell'azienda consegnati loro da Elon Musk, il nuovo proprietario di Twitter, hanno ben poco a che fare con i tweet, la polemica è purtroppo inevitabile. Quello che segue è il mio miglior tentativo di contestualizzarla.

Innanzitutto, ecco ciò che credo sia necessario sapere finora sui cosiddetti Twitter files, che ad oggi ammontano a cinque puntate.

Prima puntata: Nell'ottobre del 2020, i dirigenti di Twitter decisero di bloccare la diffusione di una storia sul portatile rubato a Hunter Biden, apparsa sul NY Post. C'erano molte ragioni per trattare la storia del portatile con i guanti: potenze straniere avevano precedentemente disturbato le elezioni del 2016 con materiale hackerato, altre organizzazioni giornalistiche, tra cui il Wall Street Journal e Fox News, avevano rifiutato l'opportunità di ottenere un'esclusiva sulla storia del portatile e i giornalisti del NY Post si erano rifiutati di apporre il proprio nome su quanto pubblicato. Tuttavia, Twitter ha reagito in modo eccessivo (bloccando, tra l'altro, l'account di uno staff della Casa Bianca che aveva condiviso il link) e ha corretto il suo errore in un giorno, cosa che il suo CEO Jack Dorsey ha poi spiegato apertamente in una testimonianza al Congresso. Ma l'articolo di Taibbi non ha fatto alcun riferimento a questi fatti, e ha invece pubblicizzato l'episodio come prova che l'azienda fosse schierata a sinistra nel decidere sulla moderazione dei contenuti politici, citando esempi di dirigenti di Twitter che bloccavano i tweet su esplicita richiesta del team della campagna di Biden. Taibbi non ha nemmeno menzionato il fatto che alcuni dei tweet bloccati da Twitter fossero in realtà la condivisione non consensuale di foto del pene di Hunter Biden estratte dal laptop. Suppongo che potremmo definirlo un narratore inaffidabile.

Al secondo posto tra i narratori inaffidabili c'è Bari Weiss, l'ex editorialista del New York Times che oggi gestisce un popolare Substack dedicato ad attaccare la sinistra per vari psicoreati. Il suo thread si è concentrato su alcuni esempi di Twitter che limita attivamente la visibilità di specifici account o argomenti, sostenendo di aver scoperto le prove di uno "shadow banning" segreto contro utenti - da sempre rivendicato dalla destra - quando in realtà ha trovato solo le prove di qualcosa che Twitter fa da tempo: l'uso di strumenti di filtraggio e di moderazione umana per cercare di ridurre la diffusione di disinformazione dannosa. Tra gli utenti i cui account sono stati declassati: Jay Bhattacharya, un professore di medicina di Stanford che ha criticato aspramente i lockdown durante la pandemia; il conduttore di talk show di destra Dan Bongino, un negazionista delle elezioni e disinformatore di Covid che nel 2018 ha dichiarato che "tutta la mia vita in questo momento consiste nello stracciare i liberal"; l'attivista conservatore Charlie Kirk (che alla fine è stato bannato per misgendering contro Rachel Levine, assistente segretaria alla Salute e ai Servizi Umani degli Stati Uniti).

Il fatto che Weiss abbia selezionato tutti questi account insieme al famigerato account @LibsofTikTok, un vettore chiave per attacchi feroci e minacce violente a persone transgender e a chi se ne prende cura, nonché ai consigli scolastici per i programmi di studio o le politiche che favoriscono l'inclusività o la consapevolezza razziale, ha reso chiaro che si trattava di un attacco politico da parte di Weiss, condito da affermazioni esagerate sul Primo Emendamento. Come ha osservato in risposta Tom Coates, un veterano dei media su Internet (vale la pena di leggere l'intero thread), tutte le grandi piattaforme tecnologiche prendono decisioni su quali contenuti mostrare alle persone e quali rifiutare: i dipendenti spesso lottano internamente su come interpretare casi specifici, e a volte commettono errori. "Non esiste un modo non politico di moderare. Se dici che non dovremmo pubblicare porno, ci saranno persone che penseranno che si tratti di un attacco politico ai lavoratori del sesso. Se pensi che le persone trans dovrebbero poter pubblicare i loro pronomi, ci saranno persone che lo considereranno un affronto". Ancora una volta, come Taibbi, Weiss non ha offerto una discussione equilibrata dei problemi. Dopo tutto, ha un nuovo progetto web da promuovere.

La terza è stata una serie (finora) di tre thread, uno di Taibbi, uno di Michael Shellenberger (un ambientalista disaffezionato che ha trovato una nuova carriera come odiatore dei progressisti e politico fallito della California) e uno di Weiss, tutti dedicati alla decisione di Twitter di bannare Donald Trump dalla piattaforma nel gennaio 2021. Il thread di Taibbi ha ottenuto l'attenzione maggiore perché dimostra che alti dirigenti dell'azienda, come Yoel Roth, responsabile di Twitter per la fiducia e la sicurezza, si sono incontrati con funzionari della sicurezza federale durante l'autunno del 2020, scambiandosi suggerimenti sulla disinformazione legata alle elezioni. Taibbi sostiene che invece di utilizzare un processo "basato su regole", questi dirigenti sono diventati come "una Corte Suprema della moderazione ad alta velocità, che emette al volo sentenze sui contenuti, spesso in pochi minuti e basandosi su supposizioni, valutazioni istintive, persino ricerche su Google, anche nei casi che coinvolgono il Presidente". Shellenberger si concentra su ciò che è accaduto subito dopo l'insurrezione del 6 gennaio, quando una varietà di soggetti, per lo più liberal e di sinistra, all'interno e all'esterno dell'azienda (Michelle Obama, Kara Swisher, l'Anti-Defamation League e l'investitore tecnologico Chris Sacca sono i nomi che sottolinea) hanno fatto pressione sull'amministratore delegato Jack Dorsey affinché facesse qualcosa a cui aveva a lungo resistito, ovvero chiudere l'account di Trump. Anche in questo caso, non viene rivelato molto di nuovo: queste telefonate erano già state rese pubbliche all'epoca, così come una petizione di massa dei dipendenti di Twitter.

Infine, con un thread uscito ieri [15 dicembre, NdT], Weiss si concentra sull'8 gennaio, dopo che i danni della rivolta in Campidoglio erano chiari a tutti, e Dorsey si è abbattuto su Trump. Weiss si concentra su due tweet del Presidente che, a suo avviso, non potevano essere l'ultimo colpo contro di lui, e probabilmente ha ragione quando afferma che i tweet di Trump sui "75.000.000 di grandi patrioti americani" che hanno votato per lui o sull'annuncio della mancata partecipazione all'inaugurazione del 20 gennaio non erano motivi sufficienti per la decisione finale di Dorsey. Tuttavia, Weiss ci dice, oscuramente, che "dopo il 6 gennaio... è cresciuta la pressione, sia all'interno che all'esterno di Twitter, per bandire Trump". Come se favorire un colpo di Stato violento contro la democrazia americana non fosse qualcosa di cui preoccuparsi. Weiss tira fuori una serie di tweet offensivi di altri leader mondiali che non hanno portato al loro divieto, il che secondo lei dimostra che Twitter è stato ingiusto nei confronti di Trump. A questo si può solo dire: davvero pensate che l'amministratore delegato di Twitter stesse operando secondo regole ferree e con precedenti, quando ha bannato l'utente più famoso dell'azienda dopo un tentativo di colpo di Stato?

Che cosa sta succedendo in realtà?

Cerchiamo di non essere ingenui. C'è una battaglia in corso per controllare la narrazione della democrazia in America. Dal 6 gennaio 2021 a oggi, la narrazione dominante è stata semplice. Trump e i suoi alleati hanno cercato di annullare i risultati delle elezioni del 2020, ricorrendo a menzogne, falsi elettori, argomenti legali spuri e infine alla violenza aperta. Le audizioni del comitato d'inchiesta del 6 gennaio hanno rafforzato questa narrazione, basandosi soprattutto sulle testimonianze di repubblicani onesti. Le persone che credono che il 2020 sia stato rubato a Trump hanno preso il controllo della maggior parte del Partito Repubblicano, ma ovunque ci sia stata un'elezione competitiva quest'autunno quasi tutti questi negazionisti delle elezioni sono stati sconfitti. Questo deve far male. Tuttavia, la Camera sta per essere conquistata dai negazionisti delle elezioni repubblicane e la battaglia per plasmare la narrazione della democrazia è tutt'altro che conclusa.

Entra quindi in scena Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo, che la scorsa primavera ha tentato di rovesciare la sua decisione di acquistare Twitter, ma che ora è il proprietario della piattaforma e ovviamente vuole renderla redditizia. Che sia perché è diventato un vero e proprio uomo di destra o perché pensa che assecondare la destra sia il modo migliore per rendere Twitter solvibile, ha deciso che la strategia è stracciare i liberal. (Kara Swisher, che conosce Musk da molto tempo, pensa che si tratti della seconda ipotesi, ma in realtà non è chiaro che differenza faccia). E ora è l'unico padrone di una piattaforma gigantesca, un Occhio di Sauron che può puntare dove vuole. Le persone che scelgono di sostenerlo ora dovrebbero passare alla storia insieme ad altri mostri.

Occorre guardare al progetto più ampio di persone coinvolte nelle guerre dei meme dell'ultimo decennio

Quelle appena trascorse sono state settimane piuttosto movimentate per Twitter, dove Elon Musk è stato impegnato a riqualificare gran parte dell'alt-right e a deplorare giornalisti rispettabili e account di sinistra, oltre a consegnare l'accesso selettivo ai dati interni di Twitter a una claque di scrittori iconoclasti "anti-woke." Nella prima parte, ho analizzato ciò che è stato pubblicato finora da quest'ultimo gruppo attraverso i Twitter files. Ora, per contestualizzare questa tempesta, non c'è libro migliore di Meme wars, la nuova guida di Joan Donovan, Emily Dreyfuss e Brian Friedberg su quelle che definiscono "le battaglie online che mettono in crisi la democrazia in America".

Ecco come spiegano i nostri tempi:

- "Le guerre dei meme sono guerre culturali, accelerate e intensificate a causa dell'infrastruttura e degli stimoli di Internet, che scambia l'indignazione e l'estremizzazione come moneta, premia la velocità e la portata, e appiattisce l'esperienza del mondo in un rotolo infinito di immagini e parole, un pantano capace di inghiottire la pazienza, la gentilezza e la comprensione".

- I meme warrior dell'ultimo decennio non combattevano inizialmente per un obiettivo comune come Stop the Steal (“Ferma il furto”) .... A seconda della loro visione del mondo, le persone chiamate a partecipare alle guerre dei meme hanno incolpato nemici diversi: le banche nazionali, il capitalismo, gli immigrati che venivano a "prendere tutti i nostri posti di lavoro", i liberali comunisti che volevano che tutti fossero gay e socialisti, e così via. Man mano che le guerre dei meme si sono protratte, sono diventate una questione di ansia da sostituzione: l'ansia degli americani bianchi che gli immigrati e le persone di altre razze possano scalzare la loro posizione in cima alla gerarchia sociale, e l'ansia degli uomini che le donne possano scalzarli".

- I meme warrior evangelizzano usando "pillole rosse", idee provocatorie che sfidano lo status quo sparse su Internet, sperando di destabilizzare il pensiero e di trascinare le persone in tane di bianconiglio di "fatti alternativi" che, attraverso la ripetizione, la ridondanza, la riprova sociale (guardate quanti like!) e il rinforzo algoritmico, convincono le persone di aver "fatto le loro ricerche" e di aver scoperto una verità nascosta. (Il fatto che molti evangelici americani siano già predisposti a mettere in discussione i media secolari e a fidarsi di analisi testuali che ricordano lo studio della Bibbia li rende particolarmente propensi a essere manipolati).

- Tutte queste persone si posizionano contro il consenso liberale, contro la democrazia liberale multirazziale e contro il coinvolgimento del governo nella vita sociale. La Donovan e i suoi coautori usano il termine "destra redpillata" per indicare questo insieme di fazioni anti-establishment, che comprende anche "l'alt-right, i nazionalisti bianchi, i fascisti, gli incel, gli uomini della manosfera, i troll, gamer redipillati, i cospirazionisti del Nuovo Ordine Mondiale e le milizie".

- La verità è una pessima difesa contro la strategia principale dei meme warrior, che consiste nel sommergere il loro pubblico con affermazioni false e distorte. Come ha detto Steve Bannon al giornalista Michael Lewis nel 2018, "Siamo stati eletti con gli slogan ‘prosciuga la palude’, ‘rinchiudiamo Hillary Clinton’, ‘costruisci il muro’. Era pura rabbia. La rabbia e la paura sono ciò che porta la gente alle urne....I democratici non contano. L'opposizione è costituita dai media. E il modo per affrontarli è "inondare tutto di merda"".

Che posto occupa Musk in questo scenario?

Il 17 maggio 2020, due mesi dopo il blocco della pandemia, Musk ha twittato ai suoi follower: "prendete la pillola rossa". Come fanno notare Donovan e i suoi collaboratori, Musk aveva scelto di sfidare le restrizioni COVID imposte dalla California, mantenendo aperte le linee di produzione della sua Tesla e ottenendo il plauso di Trump. A quel punto, la pandemia era già stata completamente politicizzata, con Trump che esortava i suoi sostenitori a "Liberare il Michigan!", "Liberare l'Illinois!" e "Liberare il Wisconsin!". I membri delle milizie armate avevano marciato sulle capitali di quegli Stati. QAnon era in piena espansione. Poi George Floyd è stato ucciso dalla polizia di Minneapolis e il paese si è sollevato in segno di protesta. Il 29 maggio Trump ha twittato: "Quando iniziano i saccheggi, iniziano le sparatorie", spingendo Twitter ad aggiungere per la prima volta in assoluto un avvertimento a un tweet presidenziale, cosa che avrebbe iniziato a fare più spesso.

In nessun momento di questi mesi e di quelli successivi Trump è stato in vantaggio su Biden nei sondaggi pre-elettorali. È davvero ridicolo suggerire ora che le decisioni distorte dei dirigenti di Twitter gli siano costate l'elezione, ma questo non impedisce a Musk, Taibbi, Shellenberger e Weiss di provare a riscrivere la storia. (Facebook e YouTube non sono mai stati così aggressivi come Twitter nel cercare di mettere in guardia gli utenti dalla disinformazione politica o di proteggersi dall'incitamento). Se eri un meme warrior, eri in un costante stato di frustrazione mentre il 2020 si svolgeva. Ecco il portatile di Hunter Biden, del cui disco rigido Bannon ha iniziato a vantarsi alla fine di settembre di quell'anno. Per la destra MAGA, questo doveva essere il loro asso, qualcosa di politicamente potente come l'esposizione delle e-mail di John Podesta da parte di Wikileaks nel 2016. Ed è stato un flop. Persino gli abitanti del subreddit /pol/, un focolaio di redpillati, si sono lamentati per essere stati sommersi da foto di cazzi. Donovan e altri ipotizzano che "i nudi di Hunter non hanno avuto nemmeno lontanamente la stessa consistenza (scusate l'ambiguità) delle accuse di Pizzagate contro la Clinton [perché] a) Hunter era un uomo e quindi più difficile da odiare per /pol/, e b) appariva come un uomo virile che andava a letto con donne sexy, il tipo di maschio alfa che gli anon aspiravano a essere".

"Il problema delle guerre dei meme", scrivono la Donovan e i suoi coautori, "è che vincerle non è necessariamente un bene per chi le combatte". Aggiungono: "I meme possono essere popolari, potenti e persistenti, ma allo stesso tempo danneggiare le stesse persone che li diffondono e persino le cause che rappresentano". In effetti, centinaia di persone che hanno condiviso allegramente le loro fughe all'interno del Campidoglio degli Stati Uniti sono state arrestate dal Dipartimento di Giustizia. E dopo il 6 gennaio, Twitter non si è limitato a bandire Trump, ma ha cancellato più di 70 mila account legati a QAnon e ha cacciato imprenditori di estrema destra come Bannon, Roger Stone, Mike Lindell, Sidney Powell e Nick Fuentes.

Ora Musk li sta reinserendo tutti, aggiungendo le sue battute raffazzonate e pericolose sul "virus della mente woke", che tra le sue attuali fissazioni è ormai allo stesso livello dell'andare su Marte. Non posso provarlo, ma sospetto che abbia detto agli ingegneri di Twitter di rendere più visibili tutti i suoi tweet, perché la parte superiore della mia home page di Twitter ne è piena. Lo scorso fine settimana ha persino suggerito che Yoel Roth, che si è dimesso dal suo incarico di responsabile della fiducia e della sicurezza di Twitter solo poche settimane fa, potrebbe essere un pedofilo perché è gay e perché ha espresso interesse, mentre era un accademico, ad assicurarsi che i siti di incontri online proteggessero gli adolescenti dagli abusi. Forse alcuni lo trovano divertente, ma non lo è affatto: i tweet di Musk su Roth sono stati amplificati da Chaya Raichik, che gestisce l'account @LibsofTikTok, e ora Roth è stato inondato da minacce di morte.

In tutti gli anni in cui ci siamo preoccupati del potere concentrato e incontrollabile dei signori della tecnologia come Mark Zuckerberg, non credo che nessuno abbia immaginato che qualcuno, ancora più impermeabile alle responsabilità a causa della sua ricchezza ancora maggiore, potesse un giorno scegliere di armare palesemente e in mala fede una gigantesca piattaforma di social media. Con Zuck ci siamo preoccupati che potesse alterare furtivamente l'umore dei suoi utenti o magari influenzare un'elezione spingendo sottilmente una parte a registrarsi o a votare più di un'altra. Non avremmo mai immaginato un Musk alla guida di Twitter.

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Che fare? Beh, molte persone stanno abbandonando Twitter per luoghi come il fediverse di Mastodon o startup come Post.news. Da quando Musk ha preso il controllo di Twitter, più di 5,6 milioni di persone hanno aperto account su Mastodon (cosa che consiglio vivamente), e una settimana fa l'amministratore delegato di Post, Noam Bardin, ha riferito che 154.000 persone avevano aperto account su 400.000 in lista d'attesa. Nessuna di queste mosse fa molto, se non nulla, per risolvere il problema presentato da Musk. Negli Stati Uniti, non c'è molto che il governo possa fare per limitare il discorso politico. Per colpirlo nel portafoglio ci vorrà un'organizzazione degli inserzionisti e/o cause di diffamazione miliardarie, come quelle che Dominion Election Systems ha intrapreso per difendersi da FOX e da One America News Network. Prima che tutto ciò si concretizzi, saranno fatti molti danni.

Immagine in anteprima via benzinga.com

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