La Turchia in piazza contro la deriva autoritaria di Erdogan e l’arresto del sindaco di Istanbul
5 min letturaIn Turchia migliaia di persone stanno scendendo in strada per protestare contro la detenzione del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, arrestato pochi giorni prima delle primarie del Partito Repubblicano Popolare (CHP) che lo avrebbero candidato alle elezioni presidenziali del 2028. İmamoğlu era infatti l’unico contendente a essersi presentato alle primarie di domenica 23 marzo.
İmamoğlu, considerato uno dei pochi politici in grado di attirare il consenso di un ampio spettro di elettori, tra cui curdi, conservatori e laici, è ritenuto uno dei rivali più temibili di Erdoğan. Nel 2019 è diventato sindaco di Istanbul dopo aver sconfitto il candidato del presidente turco e l’anno scorso si è confermato portando per la prima volta il CHP a battere il partito di Erdoğan da quando è al potere.
Tra l’altro, Erdoğan non potrà candidarsi alle elezioni del 2028 perché è giunto al limite dei mandati consentiti dalla Costituzione. Per potersi ricandidare il presidente turco dovrebbe modificare la Costituzione – ma per farlo avrebbe bisogno del sostegno dell’opposizione per ottenere una maggioranza qualificata in Parlamento (ipotesi remota dopo l’arresto di İmamoğlu) – oppure dovrebbe indire elezioni anticipate prima della fine del suo mandato.
L'arresto del sindaco di Istanbul fa parte di una vasta repressione a livello nazionale che, negli ultimi mesi, ha preso di mira politici dell'opposizione, giornalisti e uomini d’affari. Sono state arrestate circa 100 persone. I pubblici ministeri hanno accusato İmamoğlu di estorsione e frode e di aver aiutato il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), considerato un gruppo terroristico in Turchia, Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti, e che ha recentemente annunciato la decisione di deporre le armi.
L'ufficio del governatore di Istanbul ha imposto quattro giorni di restrizioni in città per fermare le manifestazioni di protesta. Molte strade di Istanbul sono state chiuse al traffico e alcune linee della metropolitana hanno sospeso il servizio. L'organizzazione britannica Netblocks, che monitora l'uso di Internet, ha dichiarato che è stato limitato l'accesso a X, YouTube, Instagram e TikTok.
Il ministro dell'Interno, Ali Yerlikaya, ha comunicato che la polizia ha identificato 261 “gestori di account sospetti” online che avrebbero pubblicato contenuti “incitanti all'odio e a commettere un crimine". Trentasette persone sono state arrestate per post “provocatori” sui social e “si continua a lavorare per fermarne altre”, ha aggiunto il ministro.
Ma nonostante le restrizioni e gli arresti, le manifestazioni non si sono fermate. Migliaia di manifestanti hanno sfidato i divieti e sono scesi in strada, nei campus universitari, nelle stazioni della metropolitana, davanti al municipio, urlando slogan come: “Erdoğan, dittatore!”, “Fianco a fianco contro il fascismo” e “İmamoğlu, non sei solo!”. Una dimostrazione di rabbia pubblica che in Turchia non si vedeva da anni.
Ci sono state segnalazioni di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. La polizia di Istanbul ha usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma contro i manifestanti e, come testimoniato dalle riprese della Reuters, ha fatto ricorso allo spray al peperoncino per disperdere la folla dall'università di Istanbul.
In un video pubblicato sui social, İmamoğlu ha detto: “Siamo di fronte a una grande tirannia, ma voglio che sappiate che non mi tirerò indietro”. E in una nota scritta a mano pubblicata sul suo account X dopo l'arresto, ha detto che il popolo turco avrebbe risposto alle “bugie, alle cospirazioni e alle imboscate” contro di lui. “La volontà del popolo non può essere messa a tacere”.
Non è la prima volta che İmamoğlu deve affrontare delle indagini nei suoi confronti. Nel dicembre del 2022 gli è stato imposto il divieto di partecipare alla vita politica per presunte offese alla commissione elettorale della Turchia nel 2019, una sentenza contro la quale ha presentato ricorso e per la quale è ancora in attesa della sentenza definitiva. Inoltre, è stato oggetto di casi legati a presunte irregolarità nelle gare d'appalto durante il suo mandato come sindaco del distretto di Beylikduzu a Istanbul. Più recentemente, il 20 gennaio, è stato aperto un nuovo caso contro di lui per le sue critiche a un pubblico ministero.
Il CHP, ha condannato gli arresti definendoli “un colpo di Stato contro il nostro prossimo presidente”. In molti hanno chiesto all’opposizione di boicottare le prossime elezioni presidenziali, sostenendo che un voto equo e democratico non è più possibile.
La detenzione, tuttavia, non è il solo ostacolo alla candidatura di İmamoğlu. Il giorno prima del suo arresto l'università di Istanbul ha annullato la sua laurea a causa di presunte irregolarità. Questa decisione, se confermata, gli impedirebbe di candidarsi alle elezioni presidenziali, considerato che secondo la Costituzione turca, i presidenti devono aver completato l'istruzione superiore per ricoprire la carica. Secondo alcuni esperti legali, İmamoğlu potrebbe addirittura dover prestare nuovamente il servizio militare, perché l’annullamento della laurea porterebbe anche alla cancellazione del servizio di leva obbligatorio già sostenuto. İmamoğlu ha definito questa decisione “priva di fondamento giuridico”, aggiungendo che le università “devono rimanere indipendenti, libere da interferenze politiche e dedicate alla conoscenza”.
Il ministro della Giustizia turco, Yılmaz Tunç, ha criticato chi collega Erdoğan agli arresti, definendo “estremamente pericolosa” l’evocazione del “colpo di Stato” da parte dell’opposizione e rimarcando l’indipendenza della magistratura nonostante il presidente turco, al potere da 22 anni, eserciti vasti poteri sulle istituzioni statali.
In passato altri rivali politici di Erdoğan sono finiti in carcere. La detenzione di İmamoğlu rappresenta però una nuova frontiera. Mai prima d'ora, infatti, Erdoğan si era mosso in modo così deciso contro l'opposizione tradizionale e la guida del partito più antico della Turchia, fondato da Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della moderna repubblica turca, osserva un articolo del Financial Times. “Ha varcato il Rubicone”, ha commentato Suat Kınıklıoğlu, ex parlamentare. “Da qui non si torna indietro”.
Secondo Galip Dalay di Chatham House, tutto questo potrebbe vanificare i risultati conseguiti negli ultimi 18 mesi dall’amministrazione turca: anni di rapporti tesi con l'Europa si stavano distendendo alla luce della svolta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump verso Mosca; l'inflazione galoppante stava rallentando e i tassi di interesse stavano finalmente scendendo. Agli occhi degli osservatori politici, spiega Dalay, l’arresto di İmamoğlu potrebbe essere interpretato come una pericolosa svolta autocratica anche per un paese come la Turchia abituato ad anni di strisciante autoritarismo sotto il governo Erdoğan.
Il Consiglio d'Europa ha affermato in una nota che la detenzione di İmamoğlu “porta tutti i segni della pressione su una figura politica considerata uno dei principali candidati alle prossime elezioni presidenziali”. I funzionari dell’UE, francesi e tedeschi hanno tutti condannato gli arresti. È impossibile “ignorare la Turchia” per rafforzare la difesa dell’Europa, ha dichiarato un funzionario tedesco. Ma sta a lei “facilitare i dialoghi con l’UE. E le ultime 24 ore suggeriscono che sta andando in un’altra direzione”.
Immagine in anteprima: frame video AFP via YouTube
