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Turchia, il femminicidio della 27enne Pinar Gültekin scatena un’ondata di proteste contro la violenza sulle donne

28 Luglio 2020 5 min lettura

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Turchia, il femminicidio della 27enne Pinar Gültekin scatena un’ondata di proteste contro la violenza sulle donne

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Il corpo di Pinar Gültekin, studentessa universitaria di 27 anni, è stato ritrovato martedì 21 luglio in un bosco nella provincia di Mugla, in Turchia, sulle coste dell’Egeo. Da cinque giorni non si avevano sue notizie. Secondo l’autopsia, Pinar è stata strangolata, data alle fiamme e poi gettata in un bidone della spazzatura in seguito ricoperto con del cemento.

Il suo ex compagno, Cemal Metin Avci, è stato arrestato con l’accusa di omicidio. Era stato individuato grazie ai filmati di una telecamera a circuito chiuso di un rifornimento di benzina. Durante l’interrogatorio, ha confessato di aver ucciso Pinar: voleva tornare con lei dopo la rottura, e quando la ragazza si è rifiutata ha raccontato di averla uccisa nella sua casa di campagna. La sorella di Pinar ha raccontato ai media locali che la relazione era finita dopo che la ventisettenne aveva scoperto che Avci era sposato.

Il femminicidio di Pinar Gültekin ha provocato manifestazioni e proteste in Turchia. Martedì sera a Istanbul e in altre città del paese si è tenuta una veglia per Pinar e altre vittime di femminicidio e per denunciare l’aumento della violenza contro le donne in Turchia. “Siamo qui Pinar, li considereremo responsabili”, hanno cantato le donne scese in strada.

Durante una manifestazione a Smirne, la polizia turca è intervenuta arrestando diverse attiviste. Una di queste ha raccontato a Deutsche Welle di essere stata detenuta illegalmente, picchiata e abusata. Melek Önder della piattaforma Fermeremo il Femminicidio ritiene che quello che è successo rifletta una situazione più generale. Molte donne che ricevono abusi non riescono mai a ricevere aiuto dalle istituzioni: «In certi casi le donne che subiscono violenza cercano supporto, ma non succede niente».

Uno studio del 2009 ha rilevato come il 42% delle donne turche tra i 15 e i 60 anni abbia subito una qualche forma di violenza fisica o psicologica da parte del partner.

Secondo Fermeremo il Femminicidio nel 2019 in Turchia almeno 474 donne sono state uccise, la maggior parte delle quali dal partner o ex, da familiari o da sconosciuti che volevano avere una relazione con loro. I numeri per il 2020, complice il lockdown, saranno probabilmente più alti. La piattaforma online raccoglie i dati dalle notizie di stampa e dalle denunce delle famiglie delle vittime. Il monitoraggio è iniziato dopo che il governo ha ammesso di non avere statistiche ufficiali sui femminicidi. Quelle sulla violenza in generale invece, secondo la piattaforma, sono poco attendibili e spesso differiscono da dipartimento a dipartimento.

«La violenza sulle donne è un problema ovunque. In Turchia abbiamo un movimento per i diritti delle donne forte, ma dobbiamo anche confrontarci con molta opposizione», ha spiegato Fidan Ataselim di Fermeremo il Femminicidio, secondo cui negli ultimi 20 anni la società è cambiata molto: «Sempre più donne stanno reclamando il loro diritto a lavorare e ad andare all’università. Più scelte abbiamo, più intensa è la reazione che riceviamo».

Nel 2011 la Turchia ha ratificato la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. È stato il primo paese a farlo, e nel 2012 ha adottato una legge nazionale per prevenire il fenomeno. Ma, come scrive Umut Uras su Al Jazeera, “il numero di donne uccise è più che raddoppiato da quel momento, e le organizzazioni per i diritti umani ritengono che la colpa sia del fallimento del governo nell’implementazione della Convenzione e delle leggi”.

Diversi gruppi di lobby – piccoli ma potenti – inoltre spingono per l’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, che avrebbe un’influenza negativa sui valori turchi della famiglia.

Ebru Asiltürk, portavoce per le questioni femminili del parito turco islamico conservatore Saadet, ha scritto lo scorso maggio un articolo in cui definiva la Convenzione una "bomba" che avrebbe distrutto la struttura tradizionale della famiglia in Turchia, minacciando "l'integrità finanziaria e morale delle famiglie". Secondo Asiltürk, il paese dovrebbe abbandonare la Convenzione, poiché quest'ultima violerebbe l'articolo 14 della Costituzione turca che assicura la protezione e l'unità della famiglia.

Numan Kurtulmuş, vice presidente dell’AKP, il partito conservatore del presidente Recep Tayyip Erdoğan, ha recentemente detto in televisione che la Convenzione di Istanbul è profondamente sbagliata per la società turca, nonché uno strumento nelle mani di gruppi LGBTI. Altri esponenti politici, riporta il Guardian, fanno spesso dichiarazioni pubbliche contro le donne, affermando che non sono uguali agli uomini o che quelle senza figli hanno un problema. Inoltre, il governo sta cercando di introdurre istituti come la mediazione nelle procedure di divorzio anche nel caso in cui nel matrimonio si è verificata violenza.

Secondo Selin Nakipoğlu, avvocata specializzata in diritto di famiglia, «commenti come questi da parte di uomini di potere legittimano questi comportamenti». Le leggi esistenti in Turchia, aggiunge, «sono forti, ma semplicemente non vengono applicate». Nel sistema turco, gli uomini che affermano di aver agito d’impulso o di essere molto religiosi oppure si presentano in aula vestiti in maniera formale ed elegante ricevono una riduzione di pena talmente spesso che esiste un termine specifico per questi casi: “riduzione della cravatta”.

Stando a quanto riportano i media turchi, Avci, l’assassino di Pinar Gültekin, ha detto durante la sua testimonianza di aver agito perché la ragazza l’aveva minacciato di riferire alla moglie della loro relazione, e gli aveva chiesto dei soldi. Per questo, ha dichiarato, ha agito in un momento di rabbia.

Il giorno successivo alla scoperta del corpo di Pinar Gültekin, il presidente Erdogan ha scritto un tweet di cordoglio, affermando di disprezzare "tutti i crimini commessi contro le donne". Per molti gruppi in difesa dei diritti delle donne, tuttavia, si trattava di parole vuote, considerato lo scarso impegno profuso dal governo nella reale applicazione delle leggi nazionali e internazionali contro la violenza domestica e per la parità di genere.

Ataselim, che ha partecipato alla manifestazione a Istanbul per Pinar Gültekin, ha annunciato che la protesta proseguirà finché le autorità non ascolteranno la loro voce. «Stiamo portando striscioni per una donna che non conosciamo. Adesso basta. Vogliamo vivere», ha detto durante la protesta, chiedendo l’implementazione della Convenzione del Consiglio d’Europa. «La soluzione è chiara. Aprite e leggete la Convenzione di Istanbul».

La protesta si è mossa anche sui social media, dove si sono susseguiti centinaia di messaggi di denuncia, usando l’hashtag #pinargultekin.

“L’assassino di Pınar Gültekin è tra noi, è al nostro fianco, nel nostro letto, alla fermata dell’autobus, un passo dietro di noi...non sono da qualche altra parte, non cadono dal cielo, non arrivano dallo spazio. È per questo che gli omicidi delle donne, gli omicidi d’odio, sono politici”, ha twittato l’attrice Meriç Aral.

Foto in anteprima via @KadinCinayeti

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