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Turchia, casi di femminicidio fatti passare per suicidi

7 Marzo 2021 3 min lettura

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Turchia, casi di femminicidio fatti passare per suicidi

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A maggio del 2018 un femminicidio particolarmente cruento ha scosso la società turca: Sule Cet, una donna ventitreenne di Ankara, è stata stuprata nell’ufficio in cui lavorava da due uomini ubriachi – uno dei quali era il suo capo – che poi l’hanno spinta da una finestra del grattacielo in cui si trovava l’appartamento. I due aggressori avevano raccontato alla polizia arrivata sul luogo che la donna si era tolta la vita. Le evidenze dell’autopsia, però, raccontavano un’altra storia. Dopo sei mesi di processo, numerose manifestazioni da parte di gruppi di donne e pressioni da parte della società civile per avere giustizia, il tribunale ha condannato all’ergastolo uno dei due stupratori e a 19 anni di carcere il suo complice.

Il caso è stato molto seguito all’epoca, e le associazioni contro la violenza avevano sperato che la sua conclusione potesse portare un cambiamento culturale nella società turca e anche nel suo sistema giudiziario.

Come racconta Burcu Karakas su Deutsche Welle, invece, è ancora piuttosto comune che casi di femminicidi siano coperti e classificati come presunti suicidi.

Recentemente Ayten Kaya, 35enne di Diyarbakir, una città nel sud-est del paese, è stata trovata impiccata in casa. Secondo le indagini, la donna si sarebbe suicidata, e la procura ha chiuso il caso. I familiari della vittima, però, non sono d’accordo con questa conclusione: ritengono che la donna sia stata uccisa e denunciano che le indagini siano state fatte in maniera lacunosa e contraddittoria. Ad esempio, l’autopsia non è riuscita a stabilire l’orario della morte, mentre gli investigatori non sono riusciti a spiegare perché il corpo di Ayten fosse coperto di lividi ed ematomi. Uno di questi risaliva a tre giorni prima, e cioè quando il marito della donna – un lavoratore stagionale – era tornato a casa. Eppure il caso è stato chiuso come suicidio.

Nelle settimane successive, almeno altre quattro donne sono morte in circostanze simili, ma i pubblici ministeri si sono rifiutati di indagare.

Leggi anche >> Turchia, il femminicidio della 27enne Pinar Gültekin scatena un’ondata di proteste contro la violenza sulle donne

Secondo le statistiche pubblicate dall’organizzazione “Fermeremo i femminicidi”, in Turchia ci sono 300 femminicidi nel 2020, mentre altre 171 donne sono state trovate morte in circostanze sospette. Alcuni di questi casi sono stati classificati come suicidi.

«La violenza sulle donne è un problema ovunque. In Turchia abbiamo un movimento per i diritti delle donne forte, ma dobbiamo anche confrontarci con molta opposizione», ha spiegato Fidan Ataselim di "Fermeremo il Femminicidio", secondo cui negli ultimi 20 anni la società è cambiata molto: «Sempre più donne stanno reclamando il loro diritto a lavorare e ad andare all’università. Più scelte abbiamo, più intensa è la reazione che riceviamo».

Karakas su DW scrive che i gruppi per i diritti delle donne si stanno battendo per mettere sempre più pressione sul governo affinché combatta seriamente la violenza sulle donne, e lo stesso stanno facendo diverse campagne nate sui social media. “Molte donne turche ripongono le loro speranze di cambiamento nella Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa”, afferma Karakas, con riferimento al documento che dal 2014 (anno in cui è entrato in vigore) ha l’obiettivo di prevenire e combattere la violenza sulle donne. Tra le altre cose, la Convenzione obbliga gli Stati firmatari a creare un quadro normativo idoneo.

La Turchia ha ratificato la Convenzione nel 2011: è stato il primo paese a farlo, e nel 2012 ha adottato una legge nazionale per prevenire il fenomeno. Ma, come scrive Umut Uras su Al Jazeera, “il numero di donne uccise è più che raddoppiato da quel momento, e le organizzazioni per i diritti umani ritengono che la colpa sia del fallimento del governo nell’implementazione della Convenzione e delle leggi”.

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Secondo Hatice Coruk dell’associazione per i diritti delle donne Kadin Kultur Evi Dernegi si tratta di un problema che coinvolge l’intero sistema giudiziario. «Dobbiamo essere più diffidenti ogni volta che un femminicidio è classificato come un suicidio. È sempre più spesso un modo per coprire un femminicidio».

Per Leyla Soydinc, dell’associazione di donne Mor Cati Kadin Siginagi Vakfi, con sede a Istanbul, in un «sistema giudiziario dominato dagli uomini, molti dei crimini commessi contro le donne restano impuniti».

Foto via peoplesdispatch.org

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