La vittoria di Trump negli Stati Uniti inaugura una nuova era: l’era dei broligarchi
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Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane i Democratici negli Stati Uniti, così come i sostenitori delle idee liberali in altre parti del mondo, si faranno un esame di coscienza e cercheranno di trovare una strada per il futuro. Ma la ricerca di soluzioni deve iniziare con l'accettazione della più grande lezione di queste elezioni: il liberalismo, così come lo conosciamo, è morto.
“Ve lo lascio un attimo digerire” ha scritto Elon Musk su X poco dopo che è diventato evidente che Trump sarebbe tornato alla Casa Bianca - quattro anni dopo aver perso le elezioni del 2020, aver tentato di sovvertire il risultato, aver affrontato due impeachment presidenziali, una condanna in tribunale e molte altre accuse penali (che ora non andranno più avanti).
Il post era accompagnato da una foto sorridente di Musk photoshoppato nello Studio Ovale, con in mano un lavandino, per meglio evidenziare la verità scomoda da mandare giù.
Entering Twitter HQ – let that sink in! pic.twitter.com/D68z4K2wq7
— Elon Musk (@elonmusk) October 26, 2022
L'ultima volta che Musk è apparso con un lavandino è stato nell'ottobre del 2022, quando ha fatto un'entrata teatrale nella sede di Twitter poco dopo aver acquisito la società. Quel momento, diventato virale, faceva parte dell'acquisizione di Twitter da parte di Musk, una mossa che avrebbe trasformato la piattaforma in un centro di disinformazione e propaganda politica.
Musk non è stato l'unico “bro” a entusiasmarsi per la vittoria di Trump: in tutto il mondo rappresenta una vittoria per gli oligarchi, gli autocrati e i loro sostenitori, in ogni forma e gradazione. Nei tweet dei leader populisti ungheresi, indiani e israeliani l'entusiasmo è stato palpabile e genuino. La risposta ufficiale del Cremlino è stata moderata, ma non è mancata la gioia di coloro che parlano a nome di Vladimir Putin. Pochi hanno prestato attenzione alle accuse dell'FBI secondo cui la Russia sarebbe dietro alle minacce minacce di bombe ai seggi elettorali negli Stati più incerti, scegliendo invece di celebrare la “vittoria sull'Ucraina” come risultato inevitabile dell'elezione di Trump. “Kamala è finita. Lasciate che continui a ridacchiare di gusto. Gli obiettivi dell'operazione militare speciale rimangono invariati e saranno raggiunti”, ha scritto l'ex presidente russo Dmitry Medvedev, riferendosi ovviamente all'invasione su larga scala. Non c'è da stupirsi che il messaggio di congratulazioni di Volodymyr Zelensky a Trump sia suonato come una supplica.
“Cazzo!” titolava una delle maggiori testate giornalistiche tedesche, il settimanale Die Zeit. Ma c'è da sorprendersi?
Il liberalismo è sul letto di morte da un po' di tempo, per ragioni molteplici: dalla nostra incapacità di risolvere le ingiustizie storiche e di affrontare le orrende disuguaglianze insite nel neocapitalismo, all'effetto tossico delle guerre americane dopo l'11 settembre, alla tenacia e alla determinazione dei nemici degli Stati Uniti al Cremlino e a Pechino e, in netto contrasto con questa determinazione, alla compiacenza e all'arroganza dei singoli leader che rappresentano l'Occidente collettivo “liberale”.
Mi chiedo spesso se il declino del liberalismo non sia iniziato proprio nel momento del suo massimo trionfo, quando, dopo aver vinto la Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno incoraggiato la Russia ad abbracciare la versione più selvaggia e sregolata del capitalismo che si possa immaginare.
L'alternativa poteva essere un “Piano Marshall” per l'Unione Sovietica, una strategia responsabile e a lungo termine per portare la Russia ferita e sconfitta e le sue colonie ancora spaventate e traumatizzate nel mondo liberale occidentale. Invece, gli Stati Uniti sono rimasti a guardare e hanno beneficiato di una privatizzazione sfrenata che ha generato corruzione e nepotismo.
Come si collega tutto questo a ciò che sta accadendo oggi negli Stati Uniti? Ha creato le basi non solo per la Russia di oggi, ma anche per le nuove alleanze geopolitiche di oligarchi e autocrati che sono ora nella fase più matura.
La prima generazione di oligarchi russi coi completi Gucci ha poco in comune con i ricconi statunitensi con la tuta sportiva in pile, almeno a prima vista. Eppure, proprio come i magnati russi degli anni '90, che hanno accumulato ricchezze mai viste perché nessuno li regolamentava, i magnati della Silicon Valley che oggi festeggiano la vittoria di Trump sono riusciti ad acquisire ricchezze senza precedenti evitando abilmente la regolamentazione governativa.
L'ultimo, sismico cambiamento politico è una scossa di assestamento di un cambiamento più grande che sta scuotendo il mondo intero. Perché, a differenza degli oligarchi russi, i "broligarchi" della Silicon Valley non si sono limitati ad accaparrarsi ricchezze incalcolabili, ma hanno creato prodotti di cui nessuno di noi può o vuole fare a meno.
Così come l'elettricità ha cambiato il nostro modo di mangiare, dormire e lavorare, l'intelligenza artificiale sta trasformando il tessuto stesso della nostra società. Si basa sulle fondamenta gettate dai social media, che hanno già incrinato l'idea stessa di verità, legittimando e amplificando l'antica caratteristica umana di credere a ciò che vogliamo credere nonostante tutte le prove del contrario.
Ora, con la crescita del potere e dell'ubiquità dei servizi digitali, cresce anche il potere degli uomini dietro i monopoli che hanno costruito l'architettura digitale delle nostre vite. Gli elettori americani, come ha sottolineato Axios, “hanno appena deciso - tra le tante cose - che l'intelligenza artificiale crescerà in una famiglia permissiva e libera da ogni vincolo, piuttosto che sotto la guida di genitori più severi”.
Non toccherà a Donald Trump stabilre le nuove regole che governeranno le nostre vite, ma ai vari Peter Thiel, Jeff Bezos ed Elon Musk del mondo. Questi uomini, che hanno accumulato una ricchezza senza precedenti, saranno ora in grado di tradurla in un potere politico senza precedenti.
E l'hanno ottenuto democraticamente. La portata della vittoria di Trump fa riflettere e dimostra che il liberalismo, o almeno la sua attuale incarnazione politica, non è in grado di offrire alle persone soluzioni significative alle crisi che hanno bisogno di risolvere.
“Ma come? Letteralmente nulla? Neanche una contea?” ha esclamato Jake Tapper della CNN nelle prime ore di mercoledì mattina, quando la mappa elettorale della CNN ha mostrato che Kamala Harris non ha superato il risultato di Joe Biden in una sola contea della Pennsylvania.
Ma non si tratta solo di una versione più drammatica e coerente a livello globale di un film che abbiamo già visto tutti? Nella Gran Bretagna della Brexit o durante innumerevoli elezioni recenti in tutto il mondo, dove le forze “liberali” e “progressiste” hanno fallito sempre di più nel tenere testa all'immaginazione messa in campo dai loro avversari.
Nel 2012 ho assistito a questo stesso scenario nel mio paese, la Georgia, quando i cittadini, stufi del governo, hanno votato un oligarca che aveva fatto i soldi in Russia negli anni Novanta. È stata la prima transizione democratica del paese dal crollo dell'URSS ed è stata applaudita dall'Occidente come un “passo avanti” per una giovane democrazia. All'epoca, il multimilionario riformatore ed educatore georgiano Kakha Bendukhidze fece un'astuta osservazione: “Abbiamo fatto un passo avanti”, disse, "ma siamo finiti nella merda".
Pochi all'epoca capirono cosa intendeva dire. Il paese stava tornando a far parte di un'alleanza costruita non su principi e valori condivisi, ma su alleanze oligarchiche, reti criminali e ricerca sregolata di denaro, potere e impunità.
La Georgia non è mai riuscita a invertire la rotta. L'oligarca Bidzina Ivanishvili è ancora lì, è ancora sostenuto dalla Russia e attualmente festeggia il ritorno di Trump negli Stati Uniti. L'opposizione georgiana sostiene che il suo partito ha truccato le recenti elezioni. Centinaia di migliaia di persone che manifestano nelle strade sono d'accordo, ma sono impotenti: il governo ha approvato leggi repressive sufficienti a sedare qualsiasi dissenso. Gli strumenti della democrazia che questo particolare oligarca ha usato per arrivare al potere non sono più disponibili per coloro che ora vogliono cacciarlo.
Il manuale dell'autoritarismo globale è efficace perché è così semplice. Una delle sue regole fondamentali è: utilizzare gli strumenti della democrazia fino a renderli obsoleti. La formula funziona. Per sovrascriverla saranno necessarie nuove idee coraggiose e il coraggio di ripensare a come difendere collettivamente i valori liberali nell'era dei broligarchi.
Articolo originale pubblicato sul sito Coda Story e tradotto con il permesso dell'autrice.
Immagine in anteprima: James Duncan Davidson, CC BY-NC 3.0, via wupr.org