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Cosa sta succedendo in Transnistria e cosa farà Putin

1 Marzo 2024 8 min lettura

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Cosa sta succedendo in Transnistria e cosa farà Putin

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Mercoledì 28 febbraio, i deputati locali della Repubblica Moldava della Transnistria (Stato de facto non riconosciuto internazionalmente) si sono riuniti in un congresso generale a Tiraspol, capoluogo della regione separatista, per chiedere alla Russia protezione di fronte alle “crescenti pressioni in atto da parte della Moldova nei confronti dei cittadini transnistriani”. Questa decisione, adottata in maggioranza durante il cosiddetto VII congresso, è stata accompagnata da un appello all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (OSCE), alla Comunità degli Stati indipendenti (CSI), al Parlamento europeo, al Comitato internazionale della Croce Rossa e al Segretario generale delle Nazioni Unite al fine di “influenzare la leadership moldava a tornare a un dialogo adeguato e a fermare la violazione dei diritti e delle libertà dei residenti della Transnistria”.

Secondo quanto riporta il think thank ISW (Institut for the Study of War), in risposta all’appello del congresso dei deputati della Transnistria, il ministero degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha dichiarato che la protezione degli interessi dei residenti della Transnistria e dei “compatrioti russi” è una delle priorità della Russia e ha promesso di “considerare attentamente” le richieste della Transnistria. La questione è giunta, come previsto, sulla scrivania del presidente Vladimir Putin, il quale ha tenuto il suo discorso all’Assemblea federale russa nella mattinata di giovedì 29 febbraio, senza però minimamente menzionare o prendere in considerazione la richiesta proveniente da Tiraspol. 

Quali sono allora le posizioni del Cremlino al riguardo e quali potrebbero essere le conseguenze per l’andamento della guerra in Ucraina, per la Moldova e, soprattutto, per l’Europa nel caso di un futuro riconoscimento dell’indipendenza della Transnistria o, addirittura, di una vera e propria annessione da parte di Mosca di questa repubblica de facto? Negli ultimi giorni, le speculazioni sul tema non sono mancate. Del tutto legittime se consideriamo con chi abbiamo a che fare: Putin non si è certo mai tirato indietro nel cercare un supporto esterno per la propria causa imperialista (a suon di propaganda, anche a distanza), né ha mai esplicitamente negato la sua simpatia per quella striscia di terra ai confini dell’Ucraina che la comunità internazionale continua a non riconoscere come Stato indipendente. Eppure, come ritengono molti esperti, tutte queste preoccupazioni relative a una dichiarata annessione russa della Transnistria sembrano essere infondate per tutta una serie di motivi.

Il fronte socio-economico: deficit e accordi doganali che non piacciono

Sebbene il leader della Transnistria, Vadim Krasnosel’skij, abbia convocato il congresso dei deputati locali per discutere delle “pressioni della Moldova, che violano i diritti e peggiorano la situazione socio-economica dei transnistriani” e l’oppositore transnistriano, Ghennadi Ciorba, avesse ipotizzato che al congresso le autorità di Tiraspol si sarebbero subito rivolte a Mosca, l’Ufficio per la reintegrazione della Moldova ritiene tuttora impossibile credere che la situazione attuale nella regione possa peggiorare e che l’assetto territoriale venga messo in discussione: “Siamo convinti che Tiraspol sia consapevole delle conseguenze che dovrà affrontare in caso di azioni avventate”, ha dichiarato il vice primo ministro per la reintegrazione, Oleg Serebrian, alla vigilia del congresso.

Nella loro dichiarazione, tuttavia, i deputati locali hanno puntato tutto su una questione di tipo socio-economico. Tiraspol ha affermato che Chişinău (ndr, la capitale della Moldova), bloccando deliberatamente i negoziati con la regione, ha raggiunto il proprio limite scatenando una “guerra economica” contro la Transnistria. La reazione nasce dal fatto che, all’inizio del 2024, a seguito di un incontro tra Oleg Serebrian e Vitalij Ignat’ev, capo del ministero degli Esteri della Transnistria, Chişinău ha cancellato i privilegi doganali per gli imprenditori transnistriani, dichiarando che le modifiche al Codice doganale hanno semplicemente lo scopo di allineare l’attività imprenditoriale transnistriana con la legislazione nazionale e, di conseguenza, permettere una concorrenza leale a livello internazionale. Serebrian ha definito i dazi “puramente simbolici” in quanto le imprese registrate a Chişinău ma che operano in Transnistria non pagano né l’IVA né le accise, mentre le imprese transnistriane non pagano le procedure doganali. La parte transnistriana ha espresso il suo disappunto: in un’intervista, Krasnosel’skij ha definito i dazi imposti dalla Moldova un “tributo medievale”.

La questione per ora rimane aperta, ma Tiraspol si rifiuta di negoziare nonostante nella regione si respiri un deficit di diversi milioni di dollari e il bilancio non sia per nulla positivo.

Il fronte russo: cosa succede se la Transnistria viene riconosciuta da Mosca?

Come afferma Oazu Nantoi, deputato al parlamento moldavo per il partito democratico, le possibilità che la Russia annetta interamente il territorio transnistriano sono relativamente poche, sebbene non si possa totalmente escludere che Mosca ne riconosca, invece, l’indipendenza.

Il deputato, in questa intervista per Evropejis’ka Pravda, spiega infatti molto bene come questa stretta striscia di terra a est della Moldova sia diventata una “copertura” per gli affari, dove una rete internazionale di criminalità organizzata (coinvolta perlopiù nel contrabbando), per molti anni di fila, ha operato accontentando tutti. Anche la Russia non ha mai avuto obiezioni al riguardo: aveva una presenza militare sufficiente in Transnistria, oltre al fatto che controllava la situazione attraverso il cosiddetto processo negoziale durante il conflitto con la Moldova a fine anni Novanta e si assicurava che la situazione rimanesse “congelata”. Questo fino al 24 febbraio 2022: l’invasione russa dell’Ucraina e l’inizio della guerra al confine hanno sconvolto lo status quo della regione, provocando reazioni inevitabili sulla riva sinistra del Nistrò.

Le cosiddette autorità della Transnistria hanno cercato di muoversi più o meno silenziosamente, all’ombra di Mosca. Con un corpo militare composto da quei 1.500 soldati la Transnistria non ha osato schierarsi, pur dicendosi pronta a intervenire: ma in difesa di chi? D’altronde, questi soldati si erano arruolati a suo tempo per uno stipendio, non certo per combattere e morire in una futura guerra in nome di Putin. A creare preoccupazioni, tuttavia, sembra essere il deposito di munizioni di Cobasna, risalente ai tempi sovietici. Il potenziale militare transnistriano, però, non può minimamente competere con quello dell’esercito ucraino, che con il suo livello di tecnologia, la sua gamma di armi e gli aiuti occidentali non ha nulla da invidiare ai transnistriani.

Inoltre, ricordiamo che la Transnistria differisce in maniera sostanziale sia dalle repubbliche separatiste georgiane di Ossezia del Sud e Abcasia sia da quelle ucraine di Luhans’k e Donec’k (che Mosca ha già annesso illegalmente): Moldova e Transnistria non hanno un confine terrestre comune con la Russia e la linea del fronte attuale è ben lontana.

La possibilità, quindi, che la Transnistria faccia appello a Putin per l’annessione esiste e non è una novità di oggi. La formulazione cambia di volta in volta, ma la sostanza non cambia. Il governo e l’elettorato filorusso della regione, che non fanno altro che ripetere continuamente di essere un avamposto russo, sono ben legati al Cremlino nonostante le grandi distanze fisiche che li separano. Ci sono stati ben sei referendum a tal riguardo (l’ultimo, che ha stabilito che la Transnistria sarebbe diventata parte della Federazione Russa in un futuro prossimo, si è tenuto nel 2006). Ma per tutto questo tempo Mosca non ha mai promesso nulla, nemmeno dopo l’annessione della penisola ucraina di Crimea nel 2014.

Il cosiddetto “congresso di tutti i deputati” del 28 febbraio non ha esplicitamente incluso questa richiesta a Putin, ha solo parlato di “protezione dalla Moldova”. Si tratta, verrebbe da dire, di uno spettacolo, una provocazione politica organizzata su richiesta del Cremlino, il cui obiettivo è quello di stare al gioco dell’imprevedibile Putin. Non si può certo escludere che, per aggravare la situazione sul confine, la Russia riconosca prossimamente la cosiddetta indipendenza della Transnistria, tanto più che Putin aveva già fatto un passo in questa direzione il 21 febbraio 2023 firmando un decreto che cancella il concetto di politica estera, adottato nel 2013. In quel documento, vecchio di dieci anni, c’era una clausola secondo cui la Russia si impegnava ad aderire alla risoluzione del conflitto transnistriano sulla base dell’integrità territoriale della Repubblica di Moldova.

https://www.valigiablu.it/moldavia-putin-russia-invasione-nato-unione-europea/

Come però affermava Denis Cenusa, esperto associato del Centro studi sull’Europa orientale di Vilnius, lo scorso anno, “sebbene non si possa escludere la sovversione coordinata dalla Russia, le autorità moldave devono anche vigilare sui rischi che provengono dalla Transnistria e dalla Gagauzia, le minacce più potenti per la Moldova che la Russia può attivare più rapidamente provengono dall’interno”.

Il fronte interno: provocazioni e propaganda

La variante più realistica in assoluto è che tutto questo si riveli una provocazione nuda e cruda strettamente legata a destabilizzare (nuovamente) la politica interna della Moldova, dove entro fine anno si terranno non solo le presidenziali ma anche un referendum per il processo di adesione all’UE. La solita guerra ibrida che si muove su più fronti, insomma, e che non si limita a destabilizzare la Moldova esclusivamente attraverso la Transnistria o la Repubblica autonoma della Gagauzia, nel sud del paese. Si tratta di una strategia che spesso funziona: se da un lato mira alla “difesa dei connazionali russi” (o del russkij mir, come già avvenuto in Crimea e Donbas), dall’altro prova a spaccare la società moldava con campagne di disinformazione e propaganda russa, veicolate dalla diffusione della lingua russa.

Nel 2024 la “missione di Mosca in Moldova” potrebbe essere proprio quella elettorale. La Russia non ha ancora scelto il “proprio” candidato (l’ex presidente filorusso Igor Dodon potrebbe non essere più una pedina vincente, almeno quanto l’oligarca Ilan Şor, condannato in contumacia per frode), ma lo scopo è di trovare qualcuno che non permetta all’europeista Maia Sandu di vincere al primo turno, con la speranza di creare poi il caos interno e manipolare il processo elettorale. Una mossa che, inizialmente, avrebbe dovuto funzionare anche con Kyiv, ma che ha fallito.

Al riguardo, c’è ancora tempo per elaborare una strategia, ma il Cremlino potrebbe sfruttare questa occasione e prepararsi piano piano, in anticipo.Sui caleidoscopici piani di Putin in Moldova, prossimamente uscirà in lingua italiana il volume dello scrittore moldavo Iulian Ciocan, Iar dimineața vor veni rușii (E al mattino arriveranno i russi), un romanzo distopico sull’invasione della Moldova da parte della Russia. Una storia che, speriamo, non possa mai diventare realtà.

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Valigia Blu Live #ijf24 > Russia e Ucraina due anni dopo

Al suo terzo anno, l’invasione russa dell’Ucraina continua a spostare gli equilibri politici globali e impattare i tessuti sociali dei due paesi. Qual è la direzione intrapresa dalle élite politiche dei due paesi, e che impatto avrà sulle società ucraina e russa?

Nell'ambito dell'iniziativa Valigia Blu Live, Claudia Bettiol (corrispondente dall'Ucraina per Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa), Andrea Braschayko (giornalista tra gli autori del libro 'Ucraina. Alle radici della guerra', Maria Chiara Franceschelli (Scuola Normale Superiore di Pisa, co-autrice, con il professor Federico Varese, del saggio 'La Russia che si ribella'), Giovanni Savino (storico, si occupa di Russia e nazionalismi nell’età contemporanea presso l'Università Federico II di Napoli) interverranno il 21 aprile al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia nell’evento “Russia e Ucraina due anni dopo”.

Immagine in anteprima: Transnistria edificio del Parlamento di Tiraspol con una statua di Vladimir Lenin davanti – foto di Claudia Bettiol [2017]

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