Terremoto e fracking: anche il governatore dell’Emilia cade nella bufala?
5 min letturaLa nota ufficiale parla di una commissione scientifica, formata da un
“board di esperti internazionali [...] con il solo scopo di fornire un autorevole contributo scientifico di conoscenza ai cittadini e alle amministrazioni locali in merito alle numerose "voci" che in queste settimane si sono rincorse su questo tema”.
In realtà la nota si limita a parlare di “esplorazione finalizzata alla ricerca di campi di idrocarburi”. Mentre le notizie che riportano la richiesta di Errani alla Protezione Civile contengono molto spesso il termine fracking, che si riferisce a una tecnologia di estrazione specifica, impiegata soprattutto per il gas di scisto, non alla totalità delle tecniche per lo sfruttamento degli idrocarburi nel sottosuolo.
Sembra che sia stata la confusione generata da dicerie e ipotesi più o meno fantasiose ad aver convinto Errani a rivolgersi al capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli:
Dopo i sospetti e i dubbi circolati soprattutto in Rete il commissario per la ricostruzione in Emilia Vasco Errani vuole una risposta chiara e scientifica sull'ipotesi che le scosse di terremoto del 20 e 29 maggio possano essere in qualche modo legate agli scavi di esplorazione nel sottosuolo per lo stoccaggio del gas
Un ruolo non secondario, nel fare da ponte tra i “sospetti e i dubbi” circolati in Rete e Vasco Errani, l’ha ricoperto Giovanni Favia, consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle. Nel richiedere una “commissione d’inchiesta”, Favia parla espressamente non solo di “attività industriale di estrazione degli idrocarburi”, ma anche di fracking:
… eventuali rischi di generazione di eventi sismici connessi all’estrazione mediante fracking
Una richiesta e delle motivazioni che hanno trovato il più ampio sostegno dei grillini emiliani. Convinti dunque? Lo stesso Favia è ambiguo a riguardo, come ad esempio in questa intervista, dove dice:
Bisogna specificare che non è una richiesta che mette in relazione il fracking al terremoto.. o, meglio, non è solo quello... Gli aspetti che non sono chiari non sono legati tanto alle cause del terremoto... ma queste grandi liberazioni di energia potrebbero essere in relazione con fenomeni di bassa sismicità indotta dall’attività antropica.. di diverso tipo.. non c’è solo il fracking che dubito fortemente sia avvenuto in Emilia Romagna
Motivo di allarme, continua Favia, sarebbero anche i lavori svolti sul territorio da multinazionali, documentati da cittadini. Ma su questa faccenda dei Texani in Emilia, che dovrebbe essere di dominio pubblico, non siamo tuttavia riusciti a trovare riscontri che non fossero affermazioni vaghe sul genere Complotto & Leggende Metropolitane. L’unico episodio documentato sembrerebbe la richiesta di permesso da parte della compagnia Hunt Oil Company per la ricerca di idrocarburi in alcune zone tra i fiumi Panaro, Secchia e Reno, richiesta che tuttavia è stata ritirata. Di altri casi, utilizzando il motore di ricerca della rassegna stampa della Camera, non si riescono a trovare riscontri, se non per il Veneto. Poiché si parla di gente che arriva in Emilia, trivella e si porta via il petrolio, forse Favia può fornire elementi più dettagliati.
Ma al di là di questo aspetto, perché Favia e altri si sono concentrati sul fracking e altre attività legate agli idrocarburi, trascurando quel “deficit di protezione sismica dell’area” a cui si fa riferimento proprio nella richiesta? Non è forse questo deficit il problema più grave per quanto riguarda i terremoti?
Ci si chiede a questo punto perchè Favia e altri, essendo così attenti a non cadere nell’inganno delle bufale, non abbiano chiarito fin da subito, specialmente a chi li segue in Rete, che quello del fracking in Emilia è un allarme del tutto infondato. A proposito è intervenuta l’Università degli Studi di Modena:
[Il fracking] È una tecnica utilizzata negli Stati Uniti, in Canada e solo marginalmente in nord Europa per lo sfruttamento di gas metano in sedimenti argillosi superficiali.
[...]
In alcuni casi questa tecnica crea una micro-sismicità che può essere problematica proprio perché riguarda sedimenti piuttosto superficiali. In Francia infatti hanno sospeso le prime ricerche". Come riportato dal Dipartimento di Scienze della Terra, "Nessuna di queste ricerche o sfruttamento può essere fatta di nascosto perché richiedono impianti complessi e visibilissimi".
pari a quelli avvenuti
Se davvero si volesse informare, andrebbe detto che il fracking e altre tecniche estrattive possono essere tra le poche cause di possibile sismicità indotta dall’uomo. Il legame c’è ma va spiegato correttamente, a partire dalle definizioni. Questo è stato verificato solo in alcuni eventi sismici locali di magnitudo contenuta, in zone dove la presenza di grandi impianti, insieme a condizioni geologiche particolari, può fornire un innesco per scosse che non hanno nulla a che fare con sequenze di terremoti come quelle registrate in Emilia. In quest’ultimo caso i terremoti hanno colpito un’area geografica dell’estensione di alcune province, protraendosi nel tempo e spostandosi: si è inoltre in grado di mappare le faglie responsabili e il loro comportamento. Peraltro la sismicità storica della pianura padana è abbastanza conosciuta.
Come è stato ripetuto in diverse sedi, nessuna operazione di fracking è stata realizzata nelle zone interessate dal sisma. Del resto non è una cosa che si possa fare rimanendo invisibili, come si può intuire. Ma in Rete, insieme al fracking, si parlo dello stoccaggio di gas e si punta il dito contro il deposito di Rivara. Ma il deposito ancora non c’è:
“Il progetto di stoccaggio ERS si trova in una fase solo preliminare di studio e di verifica della fattibilità. [...] Alla luce di tutto questo, è chiaro che ERS non ha mai effettuato interventi di alcun tipo sul territorio (tantomeno attività di fracking, iniezione di gas o di fluidi o perforazioni) né avrebbe potuto fare alcunché non avendone ancora l’autorizzazione.
E tre giorni fa è arrivato il no della Regione Emilia-Romagna, non solo alla realizzazione del deposito ma anche a qualsiasi indagine preliminare alla stessa. Insomma: non ci sono ragioni, fattuali e scientifiche, per scomodare commissioni di inchiesta e/o studio.
Ancora prima che esistesse il fracking, l’Italia si confronta con il dramma della distruzione e della ricostruzione, spesso costellata da episodi di ritardi, inefficienza e corruzione. Abbiamo una città, L’Aquila, ancora in macerie e ormai abbandonata. Non ci sono fondi o quando ci sono sono bloccati. Si è faticato, nel corso degli anni, ad adeguare le norme antismiche esistenti alla realtà del rischio. Spesso ci sono voluti proprio dei terremoti per convincere chi di dovere a farlo. Si è faticato e si fatica anche ad applicare queste norme, per la negligenza e disinteresse di chi governa, ma spesso anche dei cittadini. Questo nonostante vi siano le competenze e le tecnologie per fare una seria prevenzione, per impedire che crollino case, fabbriche e pezzi inestimabili del nostro patrimonio storico e artistico.
Insomma, nel 2012 siamo ancora impreparati.
Lo siamo perché dei terremoti si parla solo quando accadono. Poi tutto scompare nell’indifferenza collettiva e nel disinteresse delle istituzioni. Anche perché alcune di queste perdono tempo a fantasticare sulle cause, come se fossimo all’anno zero. E forse, culturalmente, lo siamo ancora.
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