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Teatri italiani occupati: com’è bella l’imprudenza

5 Gennaio 2013 3 min lettura

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Teatri italiani occupati: com’è bella l’imprudenza

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di Davide Gangale

Nell’anno quarto della Grande Crisi la fine del mondo non è arrivata. Invece, sono arrivati il deterioramento del mercato del lavoro giovanile, lo stallo della democrazia rappresentativa e la caduta libera della partecipazione politica. Eppure, in un'Italia in cui «pare – e chissà poi per quale ragione – che alla gente importi più del passato, del remoto passato... che dell’avvenire, del prossimo avvenire», come Bianciardi scriveva nel 1957, brilla una scintilla d’imprudenza. Più d’una, a dire il vero.

È il caso di Com’è bella l’imprudenza: il primo ebook interamente ideato, curato e pubblicato dalla redazione del blog collettivo il lavoro culturale. È una cartografia dei teatri italiani occupati nell'ultimo anno e mezzo e ne raccoglie le autobiografie.

A ridosso della pubblicazione, sono arrivate più di 2 mila visite alla pagina di presentazione, 400 condivisioni su Facebook e più di un centinaio di tweet per un libro che  mostra i primi frutti di una stagione che vede protagonisti questi luoghi rinati.

Dal Teatro Valle e dal Nuovo Cinema Palazzo di Roma al Teatro Coppola di Catania, dall’asilo La Balena di Napoli al Teatro Marinoni di Venezia, passando per Macao a Milano, per il Teatro Rossi Aperto di Pisa e il Teatro Garibaldi di Palermo, lavoratrici e lavoratori dell’arte e dello spettacolo fanno una cosa semplice e rivoluzionaria. Danno un volto e una voce collettiva a un’esperienza che ha spostato i confini della legalità. Si oppongono alla deriva istituzionale e all’abbandono di spazi che, grazie alla mobilitazione e all'imprudenza (ri)costituente, hanno riscoperto una vocazione originaria: offrire cultura come bene accessibile alla cittadinanza.

Nel corso del tempo, gli otto luoghi raccontati in Com’è bella l’imprudenza si sono trasformati in catalizzatori di democrazia diretta, linguaggi innovativi e nuove pratiche di vita all'insegna di passione e condivisione. Fino a raggiungere i primi livelli di protezione dell’ordinamento giuridico: uno statuto inedito, che pone il nostro Paese «all’avanguardia della lotta globale per i beni comuni», come sottolinea Ugo Mattei nella prefazione all’ebook.

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Il merito di aver raccolto queste storie va alla redazione del lavoro culturale. Il blog, che porta il nome del primo romanzo di Luciano Bianciardi, è nato nelle aule e nei corridoi della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena. Blog e libro sono accomunati dalle medesime tematiche: il potere delle relazioni, la bellezza della cooperazione e il valore delle professionalità condivise. Si tratta di competenze che tuttavia faticano a trovare il giusto riconoscimento. Di fronte a casi come quello di Com’è bella l’imprudenza, infatti, spesso si dimentica che si tratta dell'esito di un lungo lavoro basato sempre e soltanto sul contributo volontario. Un problema che non riguarda solo i blog collettivi, ma che coinvolge «una fetta consistente del Quinto Stato. Dei lavoratori del terziario avanzato che abitano in un Paese fino ad oggi incapace di raccogliere e qualificare le condizioni di vita delle persone che lavorano di, con, e per la cultura», come afferma la curatrice dell’ebook, l’antropologa Silvia Jop.

C’è da augurarsi che nel 2013 l’editoria digitale indipendente trovi forme adeguate di valorizzazione e sostenibilità. Perché progetti come questo hanno le caratteristiche necessarie per contribuire al rinnovamento di un Paese sconfortato, e sono dunque mortificati fintanto che rimangono in uno spazio più ristretto, alimentati dalla sola passione.

[Com'è bella l'imprudenza è scaricabile liberamente, in formato Mobi e in formato Epub, qui]

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