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“Un conflitto di interessi scandaloso”: il CEO del gigante petrolifero degli Emirati Arabi nominato presidente della prossima conferenza sul clima COP28

15 Gennaio 2023 5 min lettura

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“Un conflitto di interessi scandaloso”: il CEO del gigante petrolifero degli Emirati Arabi nominato presidente della prossima conferenza sul clima COP28

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Gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato che il sultano Ahmed Al-Jaber, a capo del gigante petrolifero statale Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), sarà il presidente della COP28, la prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023. Al Jaber è anche ministro dell’Industria e della Tecnologia degli Emirati Arabi Uniti e inviato speciale per il cambiamento climatico. Sarà il primo amministratore delegato a presiedere una COP. 

Una scelta che a molti attivisti climatici è parsa indicativa dell’orientamento che potrebbero prendere le azioni per il clima. “Non c’è posto per l’industria fossile nei negoziati globali sul clima”, ha commentato Tracy Carty di Greenpeace International che ha definito la nomina di Al Jaber “un pericoloso precedente” che mette “a rischio la credibilità degli Emirati Arabi Uniti e la fiducia che è stata riposta in loro dalle Nazioni Unite e dalle generazioni attuali e future”. “La nomina è uno scandaloso conflitto di interessi”, ha aggiunto Harjeet Singh, dell’organizzazione Climate Action Network International, mentre l’attivista ugandese per la giustizia climatica, Vanessa Nakate, ha detto: “Non possiamo avere un’altra Cop in cui gli interessi dei combustibili fossili possano sacrificare il nostro futuro per ottenere qualche altro anno di profitto”.

La COP28 sarà una conferenza cruciale, scrive il Guardian, che determinerà se il mondo sarà in grado di mettersi in carreggiata per affrontare la crisi climatica. Quest'anno, i vari Stati dovranno fare un “bilancio globale” per valutare lo stato attuale dell'azione per il clima e i progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi dell'accordo di Parigi del 2015. Mentre alcuni paesi hanno presentato piani nazionali per ridurre le emissioni di gas serra in linea con gli obiettivi del 2015 di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, molti dei maggiori emettitori mondiali non sono riusciti a farlo. Uno dei ruoli della presidenza sarà quello di chiedere conto a questi governi, ma molti osservatori temono che gli Emirati Arabi Uniti, in quanto grandi produttori di petrolio, saranno riluttanti a farlo.

Gli Emirati Arabi e gli altri paesi produttori di energia del Golfo hanno chiesto una “transizione realistica in cui gli idrocarburi continuino a svolgere un ruolo per garantire la sicurezza energetica, assumendo al contempo impegni per la decarbonizzazione”, ricorda un articolo su Reuters. Già alla scorsa COP di Sharm el-Sheikh, più di 600  lobbisti dei combustibili fossili erano presenti ai colloqui sul clima. 

Inoltre, ADNOC è la dodicesima compagnia petrolifera al mondo per produzione: pompa circa 4 milioni di barili di greggio al giorno e spera di espandersi a 5 milioni al giorno. In evidente contraddizione con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 e di limitare il riscaldamento globale. Per questo Tasneem Essop, direttore esecutivo di Climate Action Network International, ha chiesto che, in quanto presidente della COP28, Al Jaber si dimetta dal suo ruolo di amministratore delegato: “Non può presiedere un processo che ha il compito di affrontare la crisi climatica con un tale conflitto di interessi, dirigendo un'industria che è responsabile della crisi stessa”. “Come al vertice dell'anno scorso, vediamo sempre più spesso gli interessi dei combustibili fossili prendere il controllo del processo e plasmarlo per soddisfare le proprie esigenze”, ha osservato Teresa Anderson, responsabile globale della giustizia climatica di ActionAid.

Un veterano delle COP che ha chiesto di restare anonimo ha dichiarato al Guardian che “[Al Jaber] è a cavallo tra due mondi. Quello dei negoziati sul clima, in cui dobbiamo fare un passo da gigante nella riduzione delle emissioni e nel finanziamento dell'abbandono delle emissioni da combustibili fossili; quello come capo di ADNOC. Gli Emirati Arabi Uniti vogliono essere considerati come leader in materia di cibo, tecnologia, adattamento e potenzialmente finanza innovativa, ma come possono portare avanti tutto questo pur essendo inquinatori di combustibili fossili?".

Se è vero, infatti, che nel 2006 Al Jaber ha contribuito alla creazione dell’azienda di energia rinnovabile Masdar,  di cui ADNOC detiene una quota del 24%, investendo pesantemente nell'energia solare, il suo ruolo di amministratore delegato del gruppo della compagnia petrolifera nazionale significa che il suo compito è far guadagnare il più possibile gli Emirati Arabi Uniti dalla produzione di petrolio.

Masdar City, il futuro è senza petrolio

 

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In un'intervista rilasciata al quotidiano National lo scorso settembre, in vista della COP27, Al Jaber si era espresso a favore della transizione dai combustibili fossili, sottolineando contemporaneamente che petrolio e gas saranno ancora necessari per alcuni anni. “La transizione energetica non avverrà premendo un interruttore”, aveva dichiarato. “È necessario mantenere l'attuale sistema, mentre il mondo fa ancora affidamento su di esso, e ridurre le emissioni, aumentando al contempo gli investimenti nelle nuove energie”. Una sorta di manifesto della prossima COP, probabilmente.

"Forse è arrivato il momento di non aspettare più le conferenze sul clima per agire", scrive Nature in un editoriale dello scorso 11 gennaio. “Le COP hanno dato slancio e fatto pressione per un'azione coordinata, ma l'influenza degli interessi del petrolio e del gas continuerà a limitare le loro ambizioni. Ecco perché un numero maggiore di paesi deve impegnarsi a porre fine allo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas, sia autonomamente che collettivamente, attraverso partnership come la Beyond Oil and Gas Alliance [una coalizione internazionale di governi e partner che collaborano per facilitare l'eliminazione graduale della produzione di petrolio e gas, ndr]”, si legge nell’articolo. “È chiaro che le tecnologie per la decarbonizzazione sono pronte o sono sulla buona strada per esserlo. Non si può dire lo stesso per la loro implementazione. I ricercatori, gli attivisti, l'industria e, soprattutto, i decisori politici devono capire quali passi politici sono necessari e quali funzioneranno per sbloccare il futuro che tutti vogliamo vedere”.

Immagine in anteprima: Il sultano Ahmed Al Jaber, inviato per il clima degli Emirati Arabi Uniti, e l'allora Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, via Flickr

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