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Cresce la censura negli Stati Uniti: i libri ‘cancellati’ nelle scuole mostrano la radicalizzazione in atto nei repubblicani

26 Giugno 2023 12 min lettura

Cresce la censura negli Stati Uniti: i libri ‘cancellati’ nelle scuole mostrano la radicalizzazione in atto nei repubblicani

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Alla fine è toccato anche alla Bibbia passare sotto il giogo della censura. È successo in un distretto scolastico dello Utah, dove dal 2022 una legge statale permette di vietare nelle scuole primarie e secondarie libri con materiale “sensibile” o “pornografico”. 

Se inizialmente il libro era stato contestato da un genitore che voleva protestare proprio contro le leggi ritenute censorie, ora lo stesso promotore della legge, il repubblicano Ken Ivory, supporta la decisione del distretto scolastico. Dopo aver definito a caldo la decisione “molto infelice” e una "presa in giro", Ivory ha in seguito dichiarato che la Bibbia è un testo “che mette alla prova il lettore”; inoltre, per Ivory “tradizionalmente, in America, la Bibbia viene insegnata e compresa al meglio in casa, intorno al focolare, come testo della famiglia”. Ivory ha colto l'occasione per chiedere una "revisione immediata e approfondita" dei materiali didattici impiegati nella scuole".

Non è il primo caso in cui la Bibbia diventa un libro proibito per l’educazione scolastica "k-12", che negli Stati Uniti va dalle elementari alle scuole superiori. Era infatti già successo nell’agosto dello scorso anno, in Texas, nel distretto scolastico di Keller, dove la dirigenza aveva preventivamente messo al bando tutta la lista di libri contestati, tra cui per l’appunto i testi biblici, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico. 

Questi episodi sono gli esiti più facilmente notiziabili di una precisa strategia politica e legislativa, che sulla Bibbia mostra come la volontà di censura finisca per mordersi la coda. Ma si tratta per certi versi di danni collaterali. Negli ultimi tempi, infatti, sono state approvate (o proposte) legislazioni molto aggressive che vanno a colpire l’educazione scolastica, limitando la possibilità di toccare argomenti come questioni di genere, razzismo o educazione sessuale.

I numeri di un fenomeno in preoccupante ascesa

Per quantificare l'entità del problema, è utile il monitoraggio che effettuano a livello nazionale importanti organizzazioni. Tra queste PEN America, che difende la libertà di espressione attraverso la diffusione della lettura e del rispetto dei diritti umani, e che ha rilasciato ad aprile un nuovo rapporto sui libri vietati a scuola. Nella prima metà dell’anno scolastico in corso, PEN America ha contato 1477 divieti, per un totale di 874 titoli unici. “Si tratta di un numero di casi superiore rispetto a quelli registrati nel primo o nel secondo semestre del 2021-22”. Gli Stati dove si censura di più sono Texas, Florida, Missouri, Utah e Carolina del Sud. 

Per quanto riguarda le tematiche oggetto di censura, al primo posto (44%) ci sono titoli che includono scene violente o di abusi. il 30% parlano di razzismo, o hanno tra i protagonisti persone razzializzate. Il 38% parla di salute o benessere per gli studenti, mentre il 26% è invece a tema LGBTQIA+. Il libro che ha registrato finora più censure è Gender queer: A memoir, mentre al quarto posto si segnala il graphic novel del Racconto dell’ancella. Scorrendo invece l’elenco complessivo, troviamo autori come Martin Luther King jr o James Baldwin, od opere come il Diario di Anna Frank (anch’esso nel suo adattamento a graphic novel).

La gamma di titoli, spiega inoltre PEN America, si fa sempre più ampia. Questo è una conseguenza della vaghezza delle legislazioni implementate: per tutelarsi da contestazioni o persino cause, i distretti scolastici giocano ormai d’anticipo senza attendere revisioni formali, subendo quindi un effetto intimidatorio. Non bisogna poi dimenticare una crescente retorica che stigmatizza come “pornografico” o “indecente” tutto ciò che non rientra nel proprio sistema di valori, arrivando persino alle accuse di pedofilia.

Sul diritto alla lettura e su eventuali divieti, ricorda l’associazione, la sentenza di riferimento della Corte suprema è Island trees school district v. Pico del 1982. La sentenza ha sancito che i consigli scolastici locali non possono rimuovere libri dalle biblioteche per il semplice fatto di non condividere le idee contenute. Devono prevalere il Primo emendamento e il libero accesso a informazioni e idee. Coerentemente con la sentenza, le associazioni di categoria si sono dotate di linee guida su come gestire reclami e richieste di rimozioni dei libri, proprio per salvaguardare questo diritti.

Tuttavia, analizzando i 1586 casi avvenuti nel 2021-22, PEN America ha rilevato come sistematicamente (98%) non siano state osservate le linee guida della National Coalition Against Censorship (NCAC) e della American Library Association (ALA). Per quanto riguarda quindi il principio sancito dalla sentenza della Corte Suprema sopra menzionata, “le notizie provenienti dai distretti scolastici di tutto il paese indicano che questa direttiva viene disattesa, in quanto la responsabilità dei consigli scolastici locali nell’impiegare le opportune tutele e le migliori pratiche in queste decisioni viene ampiamente ignorata”. Le autorità scolastiche, inoltre, “in molti casi hanno preso decisioni opache o ad hoc, talvolta aggirando le regole in vigore”.

Anche i dati forniti dalla American Library Association (ALA) segnalano un incremento del fenomeno. Nel 2022, infatti, l’associazione ha rilevato “1269 richieste di censura di libri e risorse bibliotecarie”:

Si tratta del più alto numero di tentati divieti di libri da quando l'ALA ha iniziato a compilare dati sulla censura nelle biblioteche, più di 20 anni fa. Il dato senza precedenti del 2022 è quasi il doppio rispetto alle contestazioni del 2021 (729).

L’ALA ricorda inoltre che più del 90% di queste richieste riguarda tentativi di censurare più libri in una volta sola. Nel complesso, i singoli titoli oggetto di censura sono 2571. “Di questi, la maggior parte ha per autore o riguarda membri della comunità LGBTQIA+, oppure persone razzializzate. Nell'annuale classifica dei libri più presi di mira nelle biblioteche, sei su dieci hanno tematiche LGBTQIA+, tra cui il già menzionato Gender queer: A memoir, ancora al primo posto.

I “genitori preoccupati” in nome della censura

Non è una novità che i libri che entrano nelle scuole o potenzialmente accessibili ai minori siano contestati, e che si arrivi a vere e proprie richieste di censura, anche da parte di movimenti e associazioni. La novità degli ultimi tre anni, piuttosto, è come movimenti, think-thank e politici conversatori stiano adottando una strategia capillare, dove campagne create a tavolino preparano il terreno per legislazioni censorie, che intervengono in un secondo momento, specie negli Stati a guida repubblicana come per la Florida di Ron DeSantis. Quest’ultimo, infatti, attraverso leggi dai nomi indicativi come “Don’t say gay” o “Stop WOKE act” (qui WOKE è da intendersi come acronomi di “Wrongs to Our Kids and Employees”), sta usando le cosiddette “guerre culturali” per farsi strada come prossimo candidato repubblicano alle presidenziali. I dati sopra visti rispecchiano perciò un'escalation programmatica.

Si tratta di interventi legislativi che seguono solitamente campagne molto aggressive su scala locale, promosse da movimenti di famiglie o religiosi, come Moms for Liberty (“mamme per la libertà”), Parent Defending Education (“genitori a difesa dell’educazione”), network ormai estesi con capitoli in numerose città. Come nel caso di Moms for Liberty, queste associazioni si presentano di solito come movimenti bipartisan “dal basso”, composti da cittadini che si mobilitano per una causa, che si organizzano di fronte a un pericolo, come ad esempio l’impiego della “Critical race theory” nei programmi scolastici. O, come nel caso di Moms for Liberty, l'obbligatorietà di maschere e vaccini durante l'emergenza pandemica.

Tuttavia, le azioni che portano avanti e i nomi di spicco in cabina di regia sono piuttosto sintomo di campagne di astroturfing: dietro la facciata di movimenti dal basso, si può infatti scorgere il decisivo sostegno materiale e organizzativo di figure influenti della destra americana. Così azioni impopolari come la censura di libri, o proteste altamente distruttive sul tessuto locale, spesso e volentieri fortemente intimidatorie, con la possibilità di cause che vanno a impattare sui budget di scuole o di singoli insegnanti, sono pianificate a livello nazionale con dispiego di ingenti risorse. E, almeno in una prima fase, sono passate più facilmente inosservate, proprio perché i media le hanno inquadrate come associazioni di genitori o di comuni cittadini, assecondando l'idea di scuole come "campo di battaglia".

Dove non arrivano le richieste di censura di libri o le cause, arrivano inoltre le minacce vere e proprie o la violenza. Ad esempio a Glendale, in California, a protestare contro la decisione di riconoscere giugno come mese del Pride c’erano anche i Proud Boys, un’organizzazione di suprematisti bianchi. Un copione non certo inedito.

Come riportato dal giornalista Adam Gabbatt sul Guardian, un'associazione come Parent Defending Education ha per presidente Nicole Neilly. La quale vanta un curriculum di tutto rispetto come ex direttrice esecutiva dell’Independent Women’s Forum, che ha ricevuto cospicue donazioni dal filorepubblicano Donald Leo. Neilly ha anche lavorato al Cato Institute, importante think thank della destra americana finanziato dal miliardario Charles Koch, altro grande importante finanziatore dei Repubblicani.

No Left Turn In Education, invece, può permettersi di fornire sostegno legale gratuito alle famiglie che vogliono sfidare le istituzioni scolastiche. Molti dei suoi avvocati sono affiliati ad associazioni di area conservatrice, come Liberty Justice Center e Pacific Legal Foundation. Quest’ultima ha tra i suoi finanziatori uno dei principali sostenitori repubblicani, Richard Uihlein.

Tina Descovich, cofondatrice di Moms for Liberty, intervistata dal Washington Post già nel 2021 rispondeva elusiva a domanda diretta sui finanziamenti da parte di sostenitori repubblicani, dichiarando che l’associazione si sostiene attraverso la vendita di magliette. Senza quindi menzionare né gli eventi di raccolta fondi con ospiti prestigiosi, né donazioni ricevute da gruppi come Conservative for Good Government. Tra le cofondatrici del movimento, infine, figura Bridget Ziegler, moglie del vicepresidente del Partito Repubblicano in Florida.

Il Southern Poverty Law Center, organizzazione legale no-profit che monitora gruppi e discorsi d'odio, ha inserito Moms for Liberty nel suo annuale rapporto The Year in Hate, descrivendola come "organizzazione anti-governativa di estrema destra" che prende di mira insegnanti, dirigenti scolastici e membri della comunità LGBTQIA+. Il giornalista di Vice David Gilbert ha di recente illustrato i legami sempre più strutturali che l'associazione ha con milizie e gruppi di estrema destra. Infine, il capitolo di Moms for Liberty della Contea di Hamilton, nell'Ohio, si è da poco dovuto scusare per aver inserito nell'apertura di una newsletter una citazione di Adolf Hitler.

Non solo libri, e non solo scuole

Fermarsi al solo fenomeno della censura attraverso la contestazione di libri rischia di distrarre lo sguardo dallo scenario generale. Poter bollare come proibiti, indecenti, divisivi o, più in generale, diseducativi determinate opere, significa poter marginalizzare attraverso temi e identità determinati gruppi sociali, bollandoli come un pericolo per i minori, o per l'ordine sociale. Questo è quanto sta accadendo in particolare per le persone LGBTQIA+, verso cui i crimini d'odio stanno facendo registrare una pericolosa impennata, e che sempre più spesso affrontano una retorica incentrata sulla violenza o sull'eliminazione.

Human Rights Campaign, la più grande associazione LGBTQIA+ degli Stati Uniti, ha dichiarato una vera e propria emergenza in corso nel paese, rilasciando una guida che illustra come potersi tutelare. In essa sono illustrate le leggi che nei singoli Stati colpiscono diritti fondamentali, come l’accesso a terapie per le persone trans; dalle crociate “in difesa dei bambini” si è infatti passati a vietare terapie ormonali anche agli adulti. Benché finora leggi di questo tipo non abbiano retto di fronte alle corte federali che si sono pronunciate sul loro conto, il saldo complessivo parla di una strategia a tappeto; lo scopo primario di queste leggi è infatti di creare un problema che prima non c'era, creando così dei responsabili da additare di fronte all'opinione pubblica. Solo nell’anno in corso, riporta il sito Mother Jones, sono state approvate 550 leggi anti-trans.

Sempre Mother Jones, grazie al leak di numerose mail, ha ricostruito nel marzo scorso l’operato dei gruppi di pressione che spingono le leggi anti-trans. I gruppi coinvolti, rivelano prima di tutto negli scambi di email la distanza tra l'agenda dichiarata pubblicamente e quella effettiva, apertamente repressiva. Nel caso di associazioni come l’Alliance Defending Freedom (ADF), si tratta poi di gruppi attivi anche per vietare l’accesso all’aborto:

Le e-mail dimostrano la stretta collaborazione tra i gruppi che lavorano dietro le quinte per promuovere proposte di legge che vietano l'assistenza sanitaria ai transgender, tra cui l'ADF - che ha difeso la sterilizzazione delle persone trans approvata dallo Stato in Europa - e l'ACPeds - che si è opposto all'adozione da parte di coppie gay e ha sostenuto la terapia di conversione per i giovani LGBTQIA+. 

Anche nelle università la situazione sta diventando preoccupante, e non certo per i reclami di studenti "troppo sensibili". Nell'Academic freedom index del 2023, che come suggerisce il nome misura l'indice di libertà accademica, si segnala che "Cina, India, Stati Uniti d'America e Messico sono tra i paesi più popolosi in cui la libertà accademica ha subito una significativa flessione nel corso del decennio". Scorrendo il rapporto, si leggono i motivi di questa flessione per gli USA:

Almeno nove Stati, tutti a guida repubblicana, hanno adottato proposte di legge che vietano l'insegnamento di concetti legati alla "critical race theory" negli istituti di istruzione superiore. Diversi Stati stanno anche prendendo di mira la cattedra nelle università pubbliche, aggravando la già precaria condizione del lavoro accademico. Alcuni Stati permettono agli studenti di registrare le lezioni senza il consenso del professore. Inoltre, influenti gruppi conservatori stanno facendo pressioni sulle legislature statali per ritirare i finanziamenti da campi scientifici come gli studi di genere, sulle minoranze e sulle scienze ambientali, e vari gruppi mantengono pubbliche "liste di controllo" di professori percepiti come di sinistra radicale.

Ciò permette di trarre alcune conclusioni, per il momento. La prima è che bisogna emanciparsi dal facile ombrello interpretativo della “polarizzazione”. In particolare negli ultimi anni, è in corso negli Usa (e non solo) una radicalizzazione dell’area conservatrice che investe prima di tutto il Partito Repubblicano, e che comincia da prima di Trump: irrigidirsi in uno schema di contrapposizione tra opposti significa così neutralizzare i tratti costitutivi di una parte, gli eventuali pericoli che comporta, di come possa diventare egemonica.

Un altro danno del vedere il quadro politico come un gioco a due dove, per quanto lo scontro si faccia aspro, permangono immutate le regole, è di ridurre a parte di questo schema anche i tentativi di mobilitazione in difesa dei diritti minacciati. Ossia: cancellare un diritto, colpendo categorie di persone che, azione dopo azione vanno verso l’esclusione sociale o rischiano persino l’incolumità, non può essere inteso come azione di segno opposto al difendere quel diritto. Se uno dei principali contendenti alla guida del paese si radicalizza, la polarizzazione del panorama politico è un sintomo, una conseguenza, non per forza un male in sé le cui responsabilità vanno distribuite in parti uguali. Il bisogno poi di dover in qualche modo bilanciare, e quindi il dover cercare "populisti" o "anti-establishment" tra i democratici, rende difficile leggere fino in fondo la problematicità di figure come Robert Kennedy Jr.

Infine, chi porta avanti un'agenda estremista ha bisogno di poter dire "i nostri avversari (i vostri nemici!) fanno lo stesso, anzi peggio", creando quindi la falsa premessa per la rottura di un'argine come unica soluzione possibile, e renderla digeribile. Forzare l'interpretazione di quei tentativi di rottura entro uno schema reattivo ("sono illiberali per colpa di..."), o deterministico ("la destra fa la destra, si sa..."), o cerchiobottista, ha come risultato quello di favorire la normalizzazione.

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PEN America, per esempio, ha intentato assieme all’editore Penguin House la prima causa in Florida contro la censura di un testo da parte di un distretto scolastico. Mentre in Arkansas l’American Librarian Association e l’Authors Guild (il sindacato autori) hanno promosso una causa contro una legge dello Stato che può portare in carcere quei bibliotecari che danno ai bambini libri ritenuti “osceni” (categoria che, come detto, in questo tipo di leggi è fin troppo arbitraria). Analoghe iniziative sono state intraprese dall'ACLU. In alcuni Stati, come ad esempio la California o l'Illinois, si sono invece approvate leggi per offrire maggior tutele a persone LGBTQIA+, o per tutelare il diritto ad abortire, proprio per contrastare l'ondata di cui sopra. Sono tutti casi di derive estremistiche di segno opposto?

La battaglia per erodere o difendere una democrazia, non è dunque un gioco a somma zero tra due parti che bisticciano invece di dialogare. Lo si vedrà sempre più da qui alle prossime presidenziali, oppure, se non lo si vorrà vedere, si finirà per alimentare un dibattito pubblico in cui gruppi sociali colpiti da leggi discriminatorie o aperta repressione saranno invisibilizzati, mentre le loro istanze saranno ora distorte, ora criminalizzate, pur di far tornare un'equazione per forza di cose sballata. E tutto ciò diventa facile quando l'analisi dei rapporti di forze, degli obiettivi concretizzati e delle strategie a lungo termine è lasciato sullo sfondo di discussioni simboliche o di astrazioni concettuali, in un ciclo mediatico centrato sull'eterna notizia del giorno.

(Immagine in anteprima: grab via YouTube)

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