Spagna, processo beffa contro la ‘cupola di Anonymous’
3 min letturaAggiornamento 06/07/16 > I tre imputati sono stati assolti per mancanza di prove.
Un commissario di polizia mostra con orgoglio la maschera di Guy Fawkes ai giornalisti. È la prova! Le forze dell’ordine hanno finalmente “smantellato la cupola di Anonymous” e arrestato i “tre responsabili” di questa “organizzazione strutturata e formata da migliaia di cellule”. Il 10 giugno 2011 era questa la notizia del giorno in Spagna.
La Policía desarticula la cúpula de Anonymous en España. El 18 de mayo atacaron la Junta Electoral Central
— Policía Nacional (@policia) June 10, 2011
La Policía ha detenido a los 3 líderes de Anonymous en Bcn, Alicante y Almería. Desde domicilio en Gijón atacaron la tienda Playstation
— Policía Nacional (@policia) June 10, 2011
Il commissario che posava sorridente per i fotografi con la maschera di plastica di V per Vendetta in mano, il comunicato stampa che rivendicava il successo della missione e i giornali di destra che equiparavano i tre ragazzi detenuti ai terroristi di Al Qaeda sono stati una fonte d’indignazione e risate per anni.
Si trattava di una maldestra operazione di disinformazione corale, che chiunque fosse minimamente informato su Anonymous (una entità priva di struttura gerarchica) raccontava agli amici come se si trattasse di una barzelletta, ma che la maggior parte della popolazione ha appreso come una notizia: la vittoria delle forze dell’ordine sul “crimine organizzato”.
Mercoledì 18 maggio, a distanza di cinque anni esatti, inizia il processo ai tre presunti responsabili di Anonymous, Rodrigo Tuero Sala, Yuri David López Ibáñez e José María Zaragoza Formiga. Sono accusati di aver orchestrato diversi attacchi DDoS, il 18 maggio 2011, ai siti della Giunta Elettorale, del sindacato UGT e del Congresso dei Deputati. Un danno che i periti del tribunale hanno stimato in 700 euro, equivalenti a due giornate lavorative di un consulente tecnico specializzato in sicurezza.
Oltre al rimborso dei 700 euro, l’accusa chiede fino a cinque anni di carcere per gli imputati e una multa tra 4.200 e 5.700 euro (a testa), in quanto co-autori dei seguenti crimini: “appartenenza a un gruppo criminale” e “danni informatici continuati”.
L'ombra dell'istigazione
La difesa chiederà l’annullamento del processo per “mancanza di prove” e “seri dubbi sulla legalità dell’indagine”.
Come sottolinea Pablo Romero su El Español, oltre che per il suo caratterre grottesco, questo processo ha canalizzato l'attenzione generale per via delle presunte irregolarità compiute dalle forze dell’ordine e dalla pubblica accusa: il comportamento degli agenti infiltrati nelle chat di Anonymous (al limite dell’istigazione), la negligente custodia delle prove, o l’inclusione nel sommario dell'indagine di intercettazioni telefoniche tra l’avvocato e il suo cliente.
Secondo i legali, la polizia non sarebbe neanche in grado di dimostrare che gli accusati abbiano effettivamente preso parte agli attacchi DDoS. E il sospetto è che l’intera operazione sia stata una caccia alle streghe con l’obiettivo di gettare fango sul movimento cittadino (conosciuto in Italia col nome di "indignados") che in quei giorni inondava le piazze di tutto il paese. “Eravamo in pieno 15M, con un governo nervoso e le elezioni alle porte”, ricorda uno degli avvocati. “Si cercava di criminalizzare Anonymous con l’intento di collegarlo al 15M”.
L'argomentazione della difesa troverebbe supporto nella mala prassi degli agenti infiltrati nella chat, qualora questa fosse riconosciuta. "Una cosa è un agente infiltrato che semplicemente raccoglie prove, altra ben diversa è colui che interagisce e incoraggia", dichiara uno degli avvocati a El Español.
Nelle oltre 1.600 pagine che compongono l'indagine, ci sono le trascrizioni delle chat in cui agenti protetti dall'anonimato scrivevano frasi come: "dai, un defacing che dura solo un minuto non è divertente ahahah", e ancora: "ti passo uno screenshot dell'operazione DDoS, vediamo se ti serve come ispirazione..."
In una di queste conversazioni con gli imputati, un agente infiltrato consiglia persino "il metodo migliore" per propagare un malaware.
L’accusa di far parte di un’organizzazione criminale sarebbe inoltre “sbagliata e surrealista”, per il semplice fatto che Anonymous non è un’organizzazione, ma un fenomeno di Internet, una forma di protesta, un simbolo che chiunque può utilizzare per rivendicare qualsiasi cosa. Secondo gli avvocati mancano i requisiti che esige il Codice Penale per giustificare l’esistenza di un gruppo criminale.
Il processo inizia mercoledì mattina. Se i giudici accoglieranno l'istanza di annullamento, potremo archiviare questa brutta vicenda e ricordare solamente le foto divertenti di quella volta che la polizia spagnola scoprì chi si celava dietro la maschera di Guy Fawkes.