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Spagna, il Governo vuole estendere il reato di terrorismo ai manifestanti

16 Gennaio 2015 6 min lettura

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Spagna, il Governo vuole estendere il reato di terrorismo ai manifestanti

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All’indomani dell’ubriacatura politica in difesa della libertà d’espressione, il governo spagnolo si propone di modificare con urgenza alcune misure del Codice Penale in materia di terrorismo, per impedire che stragi come quella di Parigi possano verificarsi in Spagna. Impedire attentati terroristici, questo sarebbe l’obiettivo comune del Partito Popolare (PP) e del Partito Socialista (PSOE), che nei giorni scorsi hanno comunicato l’intenzione di formulare in maniera condivisa una legge organica antiterrorismo “urgente” e “con effetto immediato”.

Con la stessa immediatezza il Ministero dell’Interno sta preparando un emendamento da inserire nella Legge di Sicurezza Cittadina (di cui abbiamo già scritto su Valigia Blu), che darà la copertura legale al Governo per la creazione di un “registro dei viaggiatori”, obbligando le aerolinee a facilitare tutti i dati di viaggio dei propri passeggeri: non solo quelli anagrafici quindi, ma informazioni relative al prezzo pagato per il biglietto, il metodo di pagamento, il numero di valigie, l’ora a cui è stato fatto il check-in, il numero di telefono del passeggero, l’email, se viaggia solo o accompagnato, eccetera. L’obiettivo del Ministero dell’Interno è il controllo completo dei confini nazionali, anche a costo di cambiare il patto di Schengen, dice. Un’idea, pure questa, non esente da critiche.

Tutto questo avviene mentre è in corso un’accesa discussione sulla Riforma del Codice Penale presentata dal Governo, criticata duramente dall’opposizione. Dopo il terrore, la paura e la condanna, il PP ha scelto di estrapolare le norme relative al terrorismo dall’iter legislativo della riforma e ha avanzato una bozza, composta da 12 emendamenti chiave, che vorrebbe usare come base di partenza per la nuova legge antiterrorismo. E sebbene l’opposizione non abbia ancora presentato proposte precise, il Governo ha ben chiaro dove andare a cercare i terroristi: nelle manifestazioni cittadine e fuori dalle fabbriche dove i lavoratori scioperano.

Il movimento No Somos Delito ha lanciato nelle ultime ore l’hashtag #YoNoSoyTerrorista su Twitter, denunciando l’intento del PP di usare il terrorismo come scusa per criminalizzare i cittadini.

Dai picchetti in fabbrica agli “escraches”, siamo tutti terroristi?

Nel nome della libertà d’espressione, il PP pretende applicare l’etichetta di “reato di terrorismo” a tutta una serie di manifestazioni, che negli ultimi anni hanno caratterizzato la protesta sociale in Spagna. Lo fa in maniera ambigua, vaga, imprecisa, usando l’emergenza nazionale come scudo contro qualsiasi critica. Condotte che non hanno niente a che vedere con il terrorismo (come i danni alla proprietà privata, l'oltraggio alla Spagna, la resistenza o disobbedienza all'autorità, etc.) potrebbero essere sanzionate in maniera incompatibile con le norme del diritto internazionale, denuncia Amnesty International. Una manifestazione con picchetti, per fare un esempio, sarebbe un atto di terrorismo.

Secondo fonti giuridiche intervistate da eldiario.es, con i suoi emendamenti il Governo vuole equiparare ad azioni terroristiche gli “escraches”, una modalità di protesta (che in gergo possiamo tradurre come “sputtanamento”) nata in Argentina e utilizzata in Spagna negli ultimi anni dal movimento contro gli sfratti (la PAH). Consiste in una concentrazione pacifica davanti alla casa di un politico, durante la quale vengono lette con un megafono le ragioni della manifestazione e le responsabilità del politico (in questo video si può vedere un esempio di “escrache” davanti alla casa del Vicepresidente del Governo, Soraya Saénz de Santamaría).

Nonostante la PAH sia stata premiata dal Parlamento Europeo per il suo impegno nella difesa dei diritti, non è difficile capire perché i politici spagnoli non nutrano alcuna simpatia verso questo movimento, che in diverse occasioni hanno accusato di “nazismo”, “terrorismo”, o “appoggio a ETA”. Vale la pena una breve digressione: quest’ultima calunnia è stata formulata dalla Delegata del Governo a Madrid, Cristina Cifuentes, durante un’intervista di Radio Nacional Española. Cifuentes è stata denunciata per questa dichiarazione, ma la denuncia è stata archiviata in nome della libertà d’espressione. L’unica libertà d’espressione che piace ai politici, a quanto pare.

Strafalcioni legislativi? Dall’aborto a internet

Alcuni punti contenuti nella proposta del PP fanno pensare addirittura a un grossolano errore di redazione, a partire dalla definizione stessa di terrorismo. “È considerato reato di terrorismo qualsiasi reato di aborto” (nessuno sa a cosa si riferisca il legislatore). E ancora, “è considerato reato di terrorismo qualsiasi reato contro l’ordine pubblico”, o che “alteri gravemente in qualsiasi modo la pace sociale”, o “il funzionamento delle strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali”. Difficile immaginare una definizione di terrorismo più imprecisa di questa.

Il PSOE ha messo in chiaro nelle ultime ore che molte delle proposte contenute negli emendamenti del PP sono inaccettabili e andranno discusse, modificate e redattate in maniera inequivoca, per non lasciare spazio a malintesi giudiziari. Come nel caso dell’emendamento su internet, che penalizza il “consumo abituale” di pagine web vincolate a gruppi terroristici. Persino il Ministro dell’Interno ha ammesso che questa norma è frutto di un copia/incolla delle direttive internazionali e che sarebbe opportuno specificare la differenza tra chi consulta queste pagine (per esempio un giornalista) e chi invece le usa per reclutare terroristi, o addestrarsi al compimento di attentati. Non è del tutto chiaro cosa avesse in mente il ministro, però la norma così com’è stata presentata suscita perplessità e timore.

La Riforma del Codice Penale a un passo dall'approvazione

Come abbiamo scritto prima, oltre alla Legge di Sicurezza Cittadina e alla Legge Antiterrorismo, in Spagna è in corso un’accesa discussione sulla Riforma del Codice Penale portata avanti dal Governo. La riforma si caratterizza per un aumento generalizzato di tutte le pene, tranne quella di corruzione (l’unica a diminuire, stranamente) e per l’introduzione del carcere a vita, chiamato “prisión permanente revisable”. Quest’ultimo punto in particolare entrerebbe in conflitto con l’articolo 25 della Costituzione, che esige che le pene privative della libertà e le misure di sicurezza siano orientate alla rieducazione e al rinserimento sociale.

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Tra le altre novità c’è l’equiparazione dei “vigilantes” privati (guardie giurate) ai corpi di sicurezza dello stato, con tutti i diritti che ne derivano; l’inclusione della resistenza passiva nel concetto di “attentato all’autorità”, considerata quindi reato; o il castigo per chiunque diffonda messaggi che incitino all’alterazione dell’ordine pubblico (per esempio, pubblicizzando una manifestazione non autorizzata su Facebook, o su Twitter). Secondo il movimento No Somos Delito, questa legge permetterebbe di agire legalmente contro chi diffonde informazioni su una manifestazione non autorizzata sui social network, fino al punto di poterlo incriminare per eventuali atti di violenza commessi durante la manifestazione, anche nel caso questi non abbia partecipato.

Il disegno di legge definitivo verrà presentato al Congresso il 21 gennaio e la sua approvazione è prevista senza troppi intoppi (il Governo gode di maggioranza assoluta in entrambe le camere).

Però sono tutti Charlie.

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