La sospensione di Schengen è un’altra misura discriminatoria verso i migranti e di soppressione del diritto di asilo
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Il 21 ottobre l’Italia, insieme ad altri dodici Stati europei, ha reintrodotto i controlli alla frontiera con Slovenia e Austria, appellandosi a un articolo del Codice Schengen che prevede la possibilità, in casi eccezionali, di ripristinare il controllo dei documenti ai confini interni. A portare a questa decisione sono state le numerose richieste dei leader europei di intensificare la protezione delle frontiere a causa del recente innalzamento dell’allerta terrorismo. Secondo il primo ministro belga, Alexander De Croo, il suo omologo svedese, Ulf Kristersson, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, è necessario un approccio europeo più unito "per affrontare le cause profonde di ciò che abbiamo visto qui negli ultimi giorni", riferendosi agli attentati a in Belgio e Francia. Tuttavia, la Commissaria Europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha espresso la sua preoccupazione per il ripristino dei controlli interni, che dovrebbero essere evitati perché ostacolano la libera circolazione, pilastro dell'Unione Europea.
L’Italia ha schierato più di trecento agenti per le operazioni di controllo alla frontiere in questo periodo iniziale di 10 giorni, prorogabili ai sensi del Regolamento UE 2016/339. Le modalità di controllo, chiarisce Palazzo Chigi, saranno attuate in modo da garantire la proporzionalità della misura, adattate alla minaccia e calibrate per causare il minor impatto possibile sulla circolazione transfrontaliera e sul traffico merci. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in accordo con la regione Friuli Venezia Giulia, ha dichiarato che sarà probabile una proroga della misura e ha dichiarato che “i veicoli saranno fermati in modo mirato”. Il 2 novembre c'è stata una riunione d'urgenza tra Italia, Slovenia e Croazia a Trieste, punto nevralgico di frontiera, per valutare i risultati dei primi dieci giorni di controllo. "In 10 giorni di controlli ai confini sono stati effettuati 220 respingimenti. Sono i primi segnali di una filiera della deterrenza da proseguire con i colleghi" per "creare insieme un sistema di deterrenza", ha detto il ministro dell'Interno Piantedosi al termine dell'incontro.
Che cos’è Schengen
L’area di libera circolazione delle persone e delle merci è uno dei valori primari dell’Unione Europea, risultato di un accordo concluso da un gruppo di governi europei nel 1985. All’accordo attualmente aderiscono 27 paesi e lo spazio Schengen permette a più di 400 milioni di persone di circolare liberamente tra i paesi membri senza sottoporsi ai controlli di frontiera. Già nel 2015 i controlli erano stati ripristinati, a causa degli arrivi di numerosi rifugiati in Europa, e prima ancora l’accordo è stato sospeso circa venti volte, per ragioni di sicurezza interna.
Il ripristino dei controlli alle frontiere interne allo spazio Schengen può avvenire solo in circostanze eccezionali a causa di una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna. La procedura si attua notificando l’intenzione di ripristinare i controlli alla Commissione e agli altri paesi UE almeno quattro settimane prima e non è richiesta l’approvazione del Consiglio. La reintroduzione del controllo di passaporto ai confini può essere prorogata, a patto che ci sia una motivazione grave o anche qualora “il meccanismo di valutazione Schengen riscontri gravi e persistenti carenze nei controlli alle frontiere esterne, che mettano a rischio il funzionamento complessivo dello spazio Schengen”. In queste circostanze, il Consiglio può raccomandare che uno o più paesi dell’Unione ripristinino i controlli di frontiera in tutte le loro frontiere interne o in zone specifiche per un massimo di due anni.
Le motivazioni della sospensione
I dodici paesi europei sono arrivati a questa decisione in seguito all'attacco terroristico avvenuto a Bruxelles il 16 ottobre, per mano di un uomo tunisino che ha ucciso due tifosi svedesi, attentato poi rivendicato dallo Stato Islamico. Oltre al timore di una nuova ondata di attacchi terroristici in Europa, anche l’escalation violentissima tra Israele e Hamas e la pressione migratoria alle frontiere preoccupano i leader europei.
Il ministro dell'Interno, Piantedosi, con un’informativa del 24 ottobre al comitato parlamentare Schengen, ha illustrato le motivazioni del ripristino dei controlli dicendo che esiste un pericolo anche per i confini interni:
“Dal punto di vista nazionale, i rischi insiti nelle possibili evoluzioni dell’attuale scenario internazionale sono stati considerati, da ultimo anche in un’apposita riunione straordinaria del Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo. Sono state valutate tutte le risultanze info- investigative circa il livello di minaccia terroristica, interna e internazionale, in vista dell'adozione delle più appropriate strategie di prevenzione e contrasto”.
Non si legge, né si comprende, quale sia il riferimento alla minaccia grave per sospendere uno dei pilastri dell’Unione Europea.
Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà, interpellato da Valigia Blu, ha dichiarato di non trovare assolutamente fondata la decisione del Governo. Innanzitutto dal punto di vista giuridico, perché, dice Schiavone, “nel Codice Frontiere si prevedono criteri abbastanza rigorosi, per cui il ripristino di un controllo può avvenire solo per una minaccia grave. Solo in questo caso, per la sicurezza interna, lo Stato può in via eccezionale per massimo di 30 giorni sospendere Schengen, come extrema ratio”. Il ministro dell’Interno non ha fatto alcun riferimento a episodi specifici, dimenticandosi che la libertà delle frontiere interne “è un bene di primario valore”.
Una complessa congiuntura internazionale come la situazione in Medio Oriente o i fenomeni isolati di radicalizzazione nei Balcani non possono giustificare una tale forzatura. “Il senso giuridico della norma che permette la reintroduzione dei controlli è che al verificarsi di un evento specifico in Europa si possano individuare persone potenzialmente pericolose e fermarle più facilmente - questa è una misura concreta per cui il valore del principio generale può essere compreso”. Non si possono invocare generiche situazioni per stravolgere un principio comunitario. Ciò che colpisce, aggiunge Schiavone, sono i valori messi in gioco da questa realtà politica e un atteggiamento iper muscolare che vorrebbe far paura al cittadino, e non farlo sentire al sicuro, blindato dentro i propri confini.
Le conseguenze per i migranti della rotta balcanica
Qualche giorno dopo l’informativa resa al comitato Schengen, Piantedosi ha chiarito, finalmente, che uno degli obiettivi dei controlli “mirati” è quello di limitare l’ingresso dei migranti della rotta balcanica, “dove alcuni paesi offrirebbero ospitalità e supporto a jihadisti”. Anche in questo caso il Ministro non ha fornito nessun dato, ma ha fatto solo una generica associazione tra i migranti e possibili terroristi. Annalisa Camilli, nella newsletter Frontiere, scrive che il ripristino delle frontiere interne “ha coinciso storicamente con l'inasprimento dei controlli alle frontiere esterne, che proprio dagli anni novanta sono state militarizzate e rafforzate”. L’intensificarsi degli arrivi di migranti in Europa non è stato il motore per avviare una politica di integrazione comunitaria, quanto piuttosto un appiglio per blindare i confini. È plausibile aspettarsi, quindi, che l’innalzamento del livello di sicurezza sarà lo strumento con il quale respingere quanti più migranti possibili alle frontiere.
Secondo Schiavone e l’ICS, che si occupa proprio della tutela dei migranti della rotta balcanica, il motivo principale della sospensione di Schengen è quello di “attuare uno stretto controllo sull’arrivo dei richiedenti asilo e ostacolarne l’esercizio del diritto”. Le prime indiscrezioni “sono allarmanti: è il ministro in persona a parlare di 28 cittadini che sono stati rimandati in Slovenia”. Schiavone sottolinea che esiste una sorta di ossessione della politica a voler comunicare con la stampa, soprattutto riguardo le notizie della sicurezza, del pugno duro della politica.
Quello di cui ci si dovrebbe realmente preoccupare, tuttavia, non è l’ossessione di Piantedosi, ma il rischio di utilizzare la sospensione del trattato di Schengen come strumento di soppressione del diritto di asilo. Infatti, l’avvalersi della clausola che prevede la possibilità di ripristinare i controlli non modifica il principio di non respingimento e la norma di diritto internazionale che consente a tutti i migranti di fare ingresso in un paese per chiedere asilo politico. Conferma Schiavone che “Il ripristino di un confine non significa che la direttiva accoglienza non esiste più, lo straniero ha lo stesso regime giuridico di prima”.
L’intenzione non troppo nascosta dell’esecutivo è riportare nel dibattito pubblico l’accostamento migrante-terrorista. Lungo la rotta balcanica, dove circa l’80% delle persone è di origine afghana in fuga dal regime talebano, i migranti “viaggiano per anni tra boschi e territori impervi, vengono picchiati ai confini”. Statistiche e studi accademici hanno confermato che la maggior parte dei processi di radicalizzazione avviene nel cuore dell’Europa e il caso del terrorista di Bruxelles mostra chiaramente che non c’è una correlazione diretta tra migrazione e terrorismo islamico. I pochissimi “affiliati” di organizzazioni terroristiche che transitano verso l’UE vengono dotati di strumenti economici e documentali per spostarsi in maniera protetta. Prosegue Schiavone: “Non sarà il poliziotto che si accorge del terrorista controllando un passaporto. C’è un tocco di ridicolo nella lettura dei fatti”.
Più in generale, desta preoccupazione una politica così compatta nel ridurre i diritti, invece che estenderli. “Vedo uno sbandamento in questo periodo storico che sarà ricordato per la cecità politica che lo domina. Tutto viene sacrificato per un calcolo elettorale e i processi europei che sono stati conquistati con fatica, così vengono svenduti”.
Immagine in anteprima via eunews.it