Smetterla con le manifestazioni e i cortei?
2 min letturaSmetterla con le manifestazioni e i cortei? Forse sì. Almeno per uscire dalla trappola.
A Roma, sabato si è ripetuto un copione purtroppo già visto spesso negli ultimi dieci anni: sull'onda di un movimento sociale, a tratti culturale, spesso pre-politico, di carattere internazionale, si coagula una massa critica di persone che con entusiasmo, passione, impegno e generosità provano a manifestare il loro dissenso nei confronti dello status quo. E qui arriva il problema, perché a un certo punto quel movimento (che nel caso di Genova 2001 fu ancora più strutturato, vi ricordate i Social Forum mondiali degli anni precedenti?) decide di utilizzare strumenti vecchi e superati per porre
all'attenzione dell'opinione pubblica questioni nuove e impellenti.
all'attenzione dell'opinione pubblica questioni nuove e impellenti.
I cortei si facevano nel secolo scorso, quando le forze politiche organizzate (sindacati e partiti) erano in grado di organizzarli e controllarli in modo che le intenzioni e le parole d'ordine iniziali non fossero distorte e strumentalizzate in una controproducente e dannosa eterogenesi dei fini che avrebbe colpito loro in primis. Per fare i cortei servivano i servizi d'ordine, i veterani della piazza, quelli che sapevano dialogare con la Questura e quelli che sapevano "allontanare" i provocatori per evitare proprio quello che negli ultimi
dieci anni accade sistematicamente ad ogni movimento (Genova, l'Onda, gli Indignati italiani...).
dieci anni accade sistematicamente ad ogni movimento (Genova, l'Onda, gli Indignati italiani...).
Mettere insieme alcune decine di migliaia di persone non è cosa che si improvvisa, le organizzazioni di massa del secolo scorso lo potevano fare con grande dispendio di energie e risorse, i movimenti fluidi, leggeri (dal punto di vista della struttura, non dei contenuti!) degli anni recenti non ne hanno per loro stessa definizione la capacità e le forze e in questa zona grigia la fanno da padrone i parassiti-violenti che si impadroniscono della scena e la distruggono con facilità. E non credo nemmeno che spetti più di tanto alle forze dell'ordine il compito di chiarire quest'equivoco di fondo per cui i cortei vengono regolarmente infiltrati e i movimenti distrutti da alcune centinaia/migliaia di facinorosi.
È evidentemente un problema
"politico" dei movimenti stessi, se ormai accade sempre e comunque con la stesso, terrificante schema: Movimento-Consenso-Manifestazione-violenze-polemiche-fine movimento. Forse è giunta l'ora di riconoscere che alcuni strumenti che facevano parte dell'armamentario politico delle generazioni precedenti non hanno più nulla a che vedere con quelli, come noi, che oggi hanno venti o trent'anni.
"politico" dei movimenti stessi, se ormai accade sempre e comunque con la stesso, terrificante schema: Movimento-Consenso-Manifestazione-violenze-polemiche-fine movimento. Forse è giunta l'ora di riconoscere che alcuni strumenti che facevano parte dell'armamentario politico delle generazioni precedenti non hanno più nulla a che vedere con quelli, come noi, che oggi hanno venti o trent'anni.
Oggi usiamo internet, non i telegrammi, la piazza è quella virtuale, non più quella fisica, l'efficacia di una campagna si misura su ben altri parametri che la misurazione di "quanta gente è scesa in piazza". Siamo passati attraverso l'era televisiva (avete presente Silvio?) e abbiamo già attraversato quattro o cinque fasi di sviluppo della stessa internet. Non vi sembra che si possa fare un salto di qualità anche nella sana, legittima e democratica contestazione politica?
Ci lamentiamo della gerontocrazia che governa il paese e poi riproponiamo le stesse vecchie scene da tv in bianco e nero? Il cambiamento e l'innovazione, il consenso intorno a una proposta politica nuova e alternativa, secondo voi passano ancora da un "polveroso" corteo, specie se poi finisce sempre con scontri-feriti-devastazione?
Filippo Solibello - Caterpillar
@valigiablu - riproduzione consigliata
Consigli di lettura:
Indignados, un fallimento tutto italiano di Nicola Sessa
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