SLAPPs: come governi e grandi aziende abusano della legge per imbavagliare giornalisti e cittadini
9 min letturaIn Romania c’è un uomo che da sei anni è impegnato in una battaglia giudiziaria contro una impresa multimilionaria. Si chiama Hans Hedrich, è un attivista e il vice-presidente di una piccola associazione, la Neuer Weg, di stanza a Fogaras. Motivo della contesa: poco meno di 5.000 euro.
La sua vicenda è iniziata nel 2015, quando il gigante austriaco del legno Holzindustrie Schweighofer (oggi HS Timber Group) gli ha fatto causa per diffamazione presso il tribunale commerciale di Vienna. Hedrich, con la sua ONG, aveva denunciato pubblicamente e in tribunale pratiche illegali di disboscamento da parte dell’azienda. La Neuer Weg è una piccola ONG, non dispone di grandi fondi e Hans non ha un avvocato in Austria, ragione per la quale nel 2016 ha perso la causa ed è stato condannato al pagamento delle spese legali di 4.067 euro più 3300 ron, per un totale di 4767 euro.
Non ha pagato, per tre ragioni: non aveva quei soldi, pensava di essere nel giusto e, soprattutto, era convinto che una grande azienda come la Holzindustrie Schweighofer non fosse realmente interessata al recupero di un così esiguo credito, soprattutto se questo voleva dire affrontare un probabile danno di immagine in Romania, dove era impegnata in diversi tentativi di riconquistare una serie di certificazioni ambientali perse.
Così non è stato, e nel 2019 la società ha fatto ricorso al Tribunale di Vienna che ha disposto il congelamento dei conti della Neuer Weg e dello stesso Hedrich. Nel frattempo tra il 2018 e il 2019 l’attacco legale è andato avanti con altre cause, mettendo in mora la possibilità per Neuer Weg di continuare l’azione amministrativa intentata al Tribunale di Bucarest nel 2015.
Davide contro Golia
La causa contro Hedrich è solo una delle molte azioni legali intentate da grandi imprese, uomini d’affari o politici che, approfittando dei propri mezzi, attaccano attivisti, giornalisti o organizzazioni, spesso mettendo a tacere ogni forma di dissenso attraverso stratosferiche richieste di risarcimento. Si chiamano SLAPPs (Strategic lawsuit against public participation), e sono così diffuse che lo scorso 11 novembre il Parlamento Europeo è intervenuto approvando una risoluzione volta alla tutela di chi ritiene di esserne vittima.
“Elemento identificativo delle SLAPPs - dichiara Paola Rosà, coordinatrice del Media Freedom Resource Centre e membro dell’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa - è che sono una vera e propria strategia”. La disparità di mezzi tra ricorrenti e vittime è sufficiente a “imbavagliare” chi non ha la possibilità di affrontare un processo. Chi conduce cause del genere lo fa isolando strategicamente la vittima dal proprio contesto professionale o di attivazione. “Molti giornalisti querelati - racconta Rosà - non ricevono solidarietà e sono invitati dai legali propri o del giornale ad evitare di parlare del tema che è stato oggetto della querela. A volte vengono addirittura demansionati”.
“L’abuso del diritto, quando colpisce la libertà di espressione, genera una SLAPP”, spiega Rosà, e la libertà di espressione è colpita con una certa frequenza, i giornalisti sono una delle categorie più colpite. Le SLAPPs sono in questo caso lo strumento di chi vuole metterli a tacere senza commettere illeciti. Quando nel 2017 è stata uccisa, Daphne Caruana Galizia era oggetto di più di quaranta procedimenti tra civili e penali: azioni per diffamazione, intentate da politici e imprenditori. Tra i querelanti Joseph Muscat, lo stesso Primo Ministro maltese che, a gennaio 2020, si è dovuto dimettere per la cattiva gestione del caso sull’omicidio della giornalista; Keith Schembri, ex Capo di Stato Maggiore di Muscat, poi coinvolto nelle indagini a sua volta, e vari tra ministri e benefattori politici. A luglio 2019 suo marito e suo figlio stavano ancora affrontando 27 procedimenti. Erano passati ventuno mesi dall’assassinio della reporter. "Siamo in una situazione in cui gli avvocati che agiscono per i funzionari del governo, tra cui il primo ministro, stanno esaminando la famiglia di una vittima di omicidio sulle sue fonti e il loro scambio confidenziale", hanno dichiarato al Parlamento britannico i figli di Caruana Galizia, Matthew, Andrew e Paul.
Ma a essere colpiti possono essere anche attivisti o organizzazioni. Nel 2019, in Germania, l’associazione SumOfUs ha contestato la sede tedesca di Paypal con un manifesto su cui venivano associati un immaginario grafico di estrema destra e il logo e lo slogan della multinazionale: “È facile con Paypal”. La protesta mirava alla chiusura del conto di Pro Chemnitz, un gruppo di estrema destra che riceveva denaro tramite la piattaforma. L’Ong aveva verificato gli eventuali rischi legali ma la denuncia di Paypal è arrivata per strade inaspettate: visto che il manifesto era chiaramente identificabile come satira, la multinazionale ha contestato la violazione dei termini di utilizzo di un marchio registrato. Spesso gli attacchi giungono da lontano. Nel 2013 l’attivista inglese per i diritti dei migranti Andy Hall è stato accusato di diffamazione e di violazione delle leggi thailandesi sui crimini informatici. Aveva intervistato lavoratori delle fabbriche e contadini e il suo lavoro raccoglieva una costellazione di violazioni dei diritti umani e del lavoro negli stabilimenti della Natural Fruit Company, azienda di lavorazione dell’ananas in Thailandia. Alla fine del processo Hall è stato condannato a risarcire la compagnia per 281.000 euro (10 milioni di baht), oltre che a pagare le spese legali della causa. Il suo caso è arrivato alle Nazioni Unite, quando nel maggio 2018 gli Osservatori sui Diritti Umani hanno condannato l’uso della legge contro di lui.
Perché una SLAPP sia efficace, non è tuttavia necessario che sia vinta. Nel 2016 la Resolute Forest Products ha chiesto un risarcimento di 300 milioni di dollari a Greenpeace International in California; il tribunale ha archiviato il caso e imposto all’azienda il pagamento delle spese legali, in base alla legge anti-SLAPP dello Stato. Ciononostante la ONG aveva dovuto dedicare alla causa tempo, risorse ed energie, sottratte alla sua azione di denuncia. A essere attaccate possono essere anche voci critiche isolate, accademici, intellettuali, come il professore di diritto costituzionale all’Università di Sidney Wojciech Sadurski, denunciato dal partito Law and Justice e dalla televisione pubblica TVP in una causa penale e due civili, per due tweet critici. Se il professore dovesse perdere le cause civili, potrebbe non solo dover sostenere le spese legali ma anche pagare un risarcimento e, per ottemperare alla richiesta di TVP, pagare un messaggio di scuse sulla homepage di uno dei portali principali di notizie. Siamo ben oltre le possibilità economiche di Sadurskj, ma la prospettiva è comunque più rosea della condanna penale, che comporta fino a un anno di carcere.
Ma le SLAPPs sono anche uno strumento della politica: le denunce contro Caruana Galizia, quelle contro Sadurski, la causa penale intentata da Matteo Salvini verso Roberto Saviano in Italia sono solo alcuni esempi di come spesso uomini o schieramenti politici utilizzino queste pratiche. Non sempre i giornalisti risultano tutelati: la minaccia di una causa legale, di una possibile condanna, del carcere o di dover pagare un risarcimento li trova particolarmente vulnerabili, specie se freelance o precari.
Schiaffi legali
Negli Stati Uniti tutte le più importanti cause sono seguite dagli stessi studi legali o avvocati. Kasowitz Benson Torres è l’avvocato di Trump contro Timothy O’Brien (il giornalista cui l’ex Presidente USA ha fatto causa per cinque miliardi di dollari per aver affermato, in un suo libro, che la ricchezza netta di Trump sarebbe nettamente inferiore a quanto in genere dichiari), della Energy Transfer Partners contro Greenpeace International e della Resolute contro Greenpeace USA e International. Nel Regno Unito gli studi legali Mishcon de Reya e Carter-Ruck hanno costruito il loro business di successo in quello che è definito “reputation management”, attraverso la costante minaccia di azioni giudiziarie per giornalisti (tra cui Daphne Caruana Galizia prima, Manuel Delia, coautore di “Murder on the Malta Express: Who Killed Daphne Caruana Galizia?” poi, e il Malta Today, cui ha chiesto di cancellare determinati articoli e di non divulgare la richiesta), o per media britannici, come nel caso dell’attacco al Financial Times, commissionato dal governo ungherese dopo che dalla testata si erano levate critiche al suo operato.
Non è necessario che il Tribunale presso cui è depositata la causa abbia a che fare con il denunciante né con il denunciato: gli studi legali scelgono Stati in cui ci sono giurisdizioni particolarmente favorevoli. È il fenomeno del forum shopping, di cui ancora una volta è protagonista il Regno Unito, dove il turismo della diffamazione (libel tourism) è molto diffuso a causa di una legislazione particolarmente severa sul tema.
In Italia
Amalia De Simone è una giornalista investigativa che, nella sua carriera, ha affrontato diverse cause di questo genere (e di questo ha parlato in un articolo su Valigia Blu). “Sono vere e proprie intimidazioni, – ha dichiarato – rappresaglie di chi ha più potere e pensa di poter abusare della giustizia”.
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Tuttavia dalla scorsa estate pare essersi aperto un canale, a livello europeo, per rispondere al fenomeno. Già nell’aprile del 2021 la vicepresidente della Commissione UE Věra Jourová ha ricevuto una lettera da più di venti ONG che le hanno richiesto un intervento comunitario a tutela della stampa e della libertà di dissenso. Jourová ha più volte ribadito l’importanza della questione: tra i progetti in campo, l’idea di istituire supporto legale a chi è sotto minaccia e trovare strumenti per monitorare l’estensione del fenomeno. E nel novembre di quest’anno la risposta è arrivata, seppur non sia ancora guardata con fiducia.
“Nel nostro paese manca la volontà politica per una legge seria sul tema: questo tipo di abusi è una valida arma per tutti, anche per i politici. Una direttiva europea potrebbe essere utile, ma dovrà essere recepita da una legge che, visto il clima in Italia, non vedo molto vicina nel tempo”, osserva Amalia De Simone, a cui fa eco Paola Rosà: “Chi è che in genere fa una SLAPP? Politici, esponenti della malavita e imprenditori. Non c’è speranza che facciano leggi contro i propri interessi. La prova concreta sono tutti gli anni spesi per decidere come rivedere la libertà di stampa. Nel 2013 si era arrivati a un passo da una legge, ma con la successiva legislatura si è iniziato da capo. Quando ci confrontiamo con gli americani di Protect the Protest restano stupefatti dal fatto che i nostri politici facciano causa ai giornalisti. Per loro è inconcepibile: la libertà di stampa è intoccabile”.
Solo nel 2017 nel nostro paese ci sono state 9.479 cause per diffamazione. Oltre a queste, vanno tenute in considerazione quelle con diverso oggetto, quelle ritirate per accordi extragiudiziali o atti di autocensura. Un ampio numero di questi procedimenti può essere ritenuto una SLAPPs.
Sembra avere molte delle caratteristiche elencate la causa che ENI ha condotto a Il Fatto Quotidiano, con la richiesta di un risarcimento di 350mila euro per il giornale, di una ulteriore cifra al direttore, del pagamento “degli introiti del giornale” e del rimborso delle spese legali, oltre che della cancellazione di ben 29 tra articoli, inchieste, cronache politiche, approfondimenti e finanche calendari giudiziari. Non mancano, tuttavia, gli attacchi ad attivisti da parte di grandi imprese. È il caso di Terna S.p.a., gestore dell’elettrodotto abruzzese Villanova-Gissi. Nell’estate del 2015 la società aveva avviato l’iter dell’acquisizione dei terreni per la realizzazione dell’opera, incontrando le rimostranze di 46 proprietari, di un comitato contrario all’opera e del delegato dei proprietari alla gestione degli espropri. Terna ha risposto alle proteste con 46 citazioni in giudizio. Silvia Ferrante, l’attivista più citata in giudizio, è stata oggetto della richiesta di circa 16 milioni di euro. Il delegato per gli espropri, Antonio Di Pasquale, è stato incluso nelle denunce a ognuna delle famiglie proprietarie: per lui la cifra richiesta è arrivata a 936 milioni di euro. Nel marzo 2018, con la chiusura dei procedimenti civili, Terna venne condannata al pagamento delle spese legali. Alcuni tra i citati, tra cui Ferrante e Di Pasquale, ricorsero alla Corte di Appello di L’Aquila perché l’azienda fosse condannata per lite temeraria (art.96 CPC). Il 28 aprile di quest’anno è giunta la sentenza che condanna Terna a risarcire Di Pasquale per soli 5.500 euro.
Uno dei casi più recenti sta coinvolgendo, infine, il giornalista del Guardian Lorenzo Tondo. Per il Guardian Tondo stava seguendo il cosiddetto caso “Mered”, un caso giudiziario riguardante l’arresto di un pericoloso trafficante di migranti eritreo, Medhanie Yehdego Mered, meglio noto come “Il Generale”. Grazie alla sue inchieste sul caso, il giornalista aveva individuato degli elementi che provavano che c'era stato un errore giudiziario e in carcere era finita la persona sbagliata: non il pericoloso trafficante di migranti, Medhanie Yehdego Mered, ma Medhanie Tesfamariam Behre, un richiedente asilo che mungeva vacche in Sudan prima di provare a raggiungere l’Europa. Il processo di primo grado è finito con la scarcerazione di Behre, ma tra dicembre 2019 e gennaio 2020, l’allora pubblico ministero, Calogero Ferrara, diventato ora procuratore delegato nella nuova “procura europea”, ha intentato due querele per diffamazione nei confronti di Tondo per un post su Facebook e per una serie di articoli pubblicati sul Guardian che, secondo Ferrara, conterrebbero informazioni inesatte. La prima udienza per una delle due querele è stata fissata per il 2 febbraio 2022. Il procuratore ha citato in giudizio anche Repubblica e la giornalista Romina Marceca per la sua copertura del processo. Le due querele per diffamazione del pm Ferrara sono state segnalate dalla Federazione europea dei giornalisti (EFJ) e e dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) sulla Piattaforma del Consiglio d’Europa per la sicurezza dei giornalisti (creata nel 2015 “per promuovere la tutela del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti”) come potenziali atti di “molestia e intimidazione”. La segnalazione del caso è stata inserita nella categoria "persecuzioni e intimidazioni nei confronti dei giornalisti" attribuibili allo Stato. “Criticare un pm in Italia è rischioso. Se un giornalista osa farlo, è probabile che il pubblico ministero lo querelerà per diffamazione e lo costringerà a difendersi in tribunale e a sostenere le relative spese”, ha detto al Guardian Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l'informazione, organizzazione nata per difendere i diritti dei giornalisti. “Eventi di questo tipo non sono rari e mettono in seria difficoltà i giornalisti. Ossigeno per l'informazione continuerà a sostenere Lorenzo Tondo in questa battaglia legale e continuerà a farlo, al fianco del Guardian e della community dei giornalisti europei».
Immagine in anteprima via protecttheprotest.org