Fuori da qui Post

Siria, la popolazione di Douma sotto attacco: cosa sappiamo e la difficoltà dei media di documentare

10 Aprile 2018 17 min lettura

author:

Siria, la popolazione di Douma sotto attacco: cosa sappiamo e la difficoltà dei media di documentare

Iscriviti alla nostra Newsletter

16 min lettura

di Roberta Aiello e Angelo Romano

OPCW: 'Ci sono evidenze fondate che nell'attacco a Douma, in Siria, sono state usate armi chimiche'

Aggiornamento 5 marzo 2019: Ci sono evidenze fondate che lo scorso aprile, nell’attacco a Douma in Siria, sono stati usati agenti chimici e, molto probabilmente, la sostanza chimica utilizzata è stata il cloro molecolare (e non il sarin, come era stato detto subito dopo il bombardamento). La scorsa settimana l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW) ha pubblicato i risultati delle analisi dei campioni ambientali raccolti in due siti di Douma. Nel corso della sua missione, l’OPCW ha intervistato anche diversi testimoni sopravvissuti all’attacco.

L’utilizzo del cloro come arma chimica batteriologica è proibito dalla Convenzione ratificata dalla Siria nel 2013, e vietato anche dal diritto internazionale umanitario. L’OPCW non ha individuato chi ha usato queste armi chimiche batteriologiche perché, si legge nel comunicato diffuso il primo marzo scorso, “non faceva parte del suo mandato di indagine”. Subito dopo l’attacco il regime siriano era stato accusato dai governi occidentali di aver fatto ricorso ad armi chimiche in una decina di occasioni.

Il mese scorso alcuni tweet di Riam Dalati, uno dei produttori della BBC in Siria, sono stati usati per sostenere che in Siria non erano state utilizzate armi chimiche e che era stata tutta una messa in scena mediatica per ribaltare Assad. Questa versione era stata rilanciata in Italia anche da Diego Fusaro che in un post sul suo sito web scriveva:

“Dopo sei mesi di indagini, posso senza dubbio confermare che il video nell’ospedale di Douma era una messa in scena. Non ci sono state vittime all’ospedale”. L’ha ammesso senza perifrasi il produttore della BBC Riam Dalati su Twitter. Egli ha affermato che l’attacco chimico nella città siriana di Douma fu semplicemente una trovata. Lo scopo? Ma è elementare! Far ricadere la responsabilità su Assad, determinare la reazione internazionale e attivare un interventismo umanitario a suon di bombe. Quando lo dicevo, tutti a darmi del pazzo.

Per sostenere la sua argomentazione, Fusaro riportava solo parte di una catena di tweet (ora l'account risulta privato e quindi non sono visibili a tutti) di Dalati.

Tuttavia, come si può leggere nello screenshot di uno dei tweet, il produttore della BBC in Siria non ha mai negato l’attacco, non ha mai detto che non sono state usate armi chimiche. Nei suoi tweet Dalati ha confermato che il bombardamento c’è stato, aggiungendo che non era stato provato l’uso dell’agente nervino Sarin e che sarebbe stato l’OPCW (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) a verificare l'utilizzo di gas clorino o altro, come effettivamente è avvenuto. Il produttore della BBC poi scriveva, riprendendo una lunga inchiesta giornalistica di James Harkin su The Intercept, che i video girati all’ospedale di Douma erano stati realizzati in modo tale da massimizzare l’effetto mediatico, ma non riportava quest’affermazione per negare l’attacco con armi batteriologiche a Douma, come sostenuto erroneamente da Fusaro. Anche James Harkin, nel suo articolo, spiegava che i sintomi manifestati dalle persone sopravvissute all’attacco faceva pensare all’uso di armi chimiche.

 

Accordo tra Russia e Turchia per creare una zona smilitarizzata intorno a Idlib

Aggiornamento 19 settembre 2018: Russia e Turchia hanno raggiunto un accordo per creare una fascia smilitarizzata nella zona di Idlib, sulla quale da giorni era preannunciata un’offensiva da parte delle truppe di Assad.

L’annuncio dell’accordo è giunto lunedì scorso mentre Damasco accusava Israele di aver lanciato, dal mare, alcuni missili sulla costa di Latakia e verso le città di Homs e Ḥamā. Secondo la tv di Stato siriana, scrive il Guardian, obiettivo principale dell’attacco era la Latakia Technical Industries Association. Le immagini hanno mostrato grandi esplosioni, ma stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa di Stato, Sana, le difese aeree siriane sono riuscite a intercettare gran parte dei missili lanciati. Israele, si legge ancora sul quotidiano britannico, ha recentemente attaccato basi iraniane presenti sul territorio. Gli ultimi missili sono arrivati vicino alle basi militari russe.

Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan hanno reso noto l'intesa che entrerà in vigore entro il 15 ottobre e prevede:

  • L’individuazione di una zona smilitarizzata larga fra i 15 e i 20 chilometri (10-12 miglia).
  • L’ordine di lasciare l’area per i gruppi radicali ribelli, come Al-Qaeda legata ad Hayat Tahrir al-Sham (HTS).
  • Il ripristino (entro la fine del 2018) delle principali rotte di collegamento di Latakia, il porto principale della Siria, con Aleppo e Ḥamā.
  • Il pattugliamento da parte delle forze turche e russe dell’area smilitarizzata.

Al termine dell’incontro, avvenuto nella residenza del presidente russo a Sochi, sul mar Nero, il ministro della Difesa di Mosca Sergej Shojgu ha esplicitamente escluso un assalto su Idlib da parte delle truppe governative.

Putin ha definito l’accordo un “risultato importante” che può portare alla fine del conflitto iniziato 7 anni fa e un’ulteriore conferma della “determinazione da parte di Russia e Turchia nel contrastare il terrorismo in Siria in tutte le sue forme". Per Erdogan si tratta di un passo fondamentale per prevenire una "grande crisi umanitaria". Il presidente turco ha aggiunto che "l'opposizione continuerà a rimanere nelle aree in cui si trova” e, riferendosi ai gruppi jihadisti, “in cambio faremo in modo che i gruppi radicali, che individueremo insieme alla Russia, non saranno attivi nella parte rilevante dell’area". Jan Egeland, il consigliere dell’inviato delle Onu per la Siria, Staffan de Mistura, ha commentato che milioni di persone sperano che “il governo siriano e i gruppi armati di opposizione rispettino gli accordi, non provocando spargimenti di sangue e consentendo l'accesso umanitario”.

Per Andrew Higgins e Rick Gladstone del New York Times, l’annuncio dei due presidenti sembra almeno ritardare l’assalto a Idlib che pareva ormai imminente. Secondo i due giornalisti, con questo accordo, la Russia ha dimostrato alle Nazioni Unite di voler contribuire a una smilitarizzazione e a una soluzione pacifica, anche se non è ancora chiaro se si tratta di una tregua momentanea o di una sospensione a lungo termine dell'offensiva.

La Turchia sembra avere sul campo “le forze idonee per far rispettare gli accordi”, ha spiegato ad Al Jazeera Marwan Kabalan, direttore del Centro arabo per la ricerca e gli studi politici. L’offensiva militare sarebbe state troppo onerosa per la Russia che “non ha abbastanza forze sul campo per iniziare l’operazione”. L’accordo, prosegue Kabalan, dimostra che la Turchia “è diventata un partner molto importante per la Russia in Siria e che i russi non hanno voluto sacrificare la loro partnership con li turchi per combattere l'opposizione a Idlib”. Inoltre, “i russi sono più attenti in questo momento alla posizione degli Stati Uniti su Idlib, negli ultimi giorni sempre più contrari a un’operazione militare nell’area”.

“Dicono che la guerra in Siria sia arrivata al capolinea, ma la realtà è che si tratta di un conflitto sempre più internazionalizzato e complesso”, ha commentato Pierre Haski su Internazionale.  La lista dei paesi coinvolti è impressionante e la Siria è diventato il banco di prova di rapporti di forza globali dove ognuno difende i propri interessi individuali: “Israele vuole impedire all’Iran di costruire basi in Siria, la Turchia è ossessionata dai curdi e la Russia ha individuato nella Siria il trampolino ideale per ritrovare il suo status di grande potenza. La Francia, orfana di una strategia siriana, spera di rientrare un giorno nel grande gioco regionale. Infine gli Stati Uniti cercano un equilibrio tra le posizioni contrastanti di Trump, che vuole andare via dalla Siria, e del Pentagono, che vuole restare”.

Intanto, domenica scorsa, “il regime di Damasco ha organizzato le prime elezioni municipali nelle zone sicure, ma tutti i candidati appartenevano al partito di Bashar al Assad. Un po’ come accadeva prima del 2011, ma con alle spalle 350mila morti e cinque milioni di profughi”. Nel frattempo, a Idlib, ci sono state diverse manifestazioni anti-regime e contro i jihadisti. “L’ultimo barlume di resistenza di una voce non più ascoltata”, ha concluso Haski.

 

Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno bombardato diversi obiettivi militari in Siria

Aggiornamento 14 aprile 2018: Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno bombardato diversi obiettivi militari in Siria in risposta al sospetto attacco chimico della scorsa settimana a Douta da parte delle forze governative. Si tratta dell’attacco più significativo contro il governo di Bashar al-Assad da parte delle forze occidentali da quando è scoppiata la guerra in Siria, scrive Jonathan Marcus, corrispondente della BBC.

Gli attacchi hanno interessato la capitale Damasco e altri due centri nei pressi di Homs, ha detto il Pentagono. Come ha spiegato il generale statunitense Joseph Dunford, sono stati colpiti tre obiettivi in particolare: una struttura di ricerca scientifica a Damasco, presumibilmente collegata alla produzione di armi chimiche e biologiche, un deposito di armi chimiche a ovest di Homs, un sito di stoccaggio di armi chimiche e un importante posto di comando, sempre vicino Homs. Il generale ha detto che sono stati individuati degli obiettivi specifici in modo tale che “si riducesse” il rischio che ci fossero vittime russe. Tuttavia, ha aggiunto il Pentagono, la Russia non ha ricevuto alcun preavviso sugli obiettivi che sarebbero stati attaccati.

La televisione di Stato siriana ha detto che le forze governative hanno abbattuto più di una dozzina di missili, che è stata danneggiata solo la struttura di ricerca di Damasco e che a Homs sono stati feriti tre civili.

Le operazioni si sono rese necessarie «come deterrente contro la produzione, la diffusione e l'uso di armi chimiche», ha dichiarato Trump in un discorso alla nazione dalla Casa Bianca. Per quanto il Presidente degli Stati Uniti abbia detto che l’operazione militare non si fermerà «fino a quando il governo siriano non interromperà l’uso di agenti chimici proibiti», il segretario della Difesa Jim Mattis ha affermato che si è trattato di «un attacco singolo». Il generale Dunford ha confermato che gli attacchi si sono conclusi.

Il primo ministro britannico Theresa May e il presidente francese Emmanuel Macron hanno confermato il coinvolgimento dei loro paesi. Macron ha affermato che «il limite è stato oltrepassato quando decine di uomini, donne e bambini sono stati massacrati con armi chimiche a Douma», mentre May ha sottolineato che «non c’erano alternative praticabili all'uso della forza» e che questa operazione non ha l’obiettivo di portare a un «cambio di regime».

Successivamente, in un tweet pubblicato nella mattina americana, Trump ha ringraziato Francia e Regno Unito e dichiarato che "la missione è compiuta!"

Sostegno all’azione sono arrivati dal Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg e dal primo ministro canadese Justin Trudeau, mentre il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiamato tutti gli Stati membri alle loro responsabilità: «C'è un obbligo, in particolare quando si tratta di questioni di pace e sicurezza, di agire coerentemente con la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale in generale. Esorto tutti gli Stati membri a mostrare moderazione in queste circostanze pericolose».

La Siria ha condannato l’azione congiunta di Usa, Francia e Regno Unito. Sana, l’agenzia di stampa ufficiale siriana, ha definito l’operazione “una flagrante violazione del diritto internazionale”. Mosca ha avvertito che gli attacchi militari occidentali potrebbero portare all’inizio di una guerra. Il presidente russo Vladimir Putin ha definito gli attacchi aerei guidati dagli Stati Uniti un «atto di aggressione» e che la Russia convocherà una riunione di emergenze del Consiglio di sicurezza del’Onu per discutere le «azioni aggressive degli Usa e dei suoi alleati».

Per il leader supremo dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, i bombardamenti aerei sono un attacco criminale. Il ministero degli Esteri iraniano ha aggiunto che nella loro azione «gli Stati Uniti e i loro alleati si sono impegnati in un intervento militare in Siria senza alcuna prova documentale e prima di ogni rapporto finale dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW)». Nei giorni scorsi, l’OPCW aveva comunicato che avrebbe iniziato proprio il 14 aprile  una missione per accertare se sono stati effettivamente utilizzati (e non per individuare chi li ha eventualmente usati) agenti chimici a Douma. In una dichiarazione ufficiale, l'organizzazione ha annunciato che proseguirà la sua missione nonostante il bombardamento aereo e rilascerà un rapporto entro un mese.

 

Quando Khaled Abu Jaafar, operatore della locale stazione radio, residente di Douma, nel Ghouta orientale in Siria, ha perso conoscenza, era alla terza rampa di scale con un pezzetto di stoffa bagnata in bocca e una bambina in braccio. «Non riuscivo più a respirare, era come se i miei polmoni si stessero arrestando», racconta Jaafar ad Al Jazeera. «Mi sono svegliato circa 30 minuti dopo, mi avevano spogliato e mi stavano lavando il corpo con l'acqua. Stavano cercando di farmi vomitare, dalla mia bocca usciva una sostanza gialla».

Abu Jaafar è uno dei sopravvissuti a un sospetto attacco chimico che sabato scorso ha provocato decine e decine di vittime a Douma, in Siria. L’attacco – arrivato dopo l’offensiva di oltre un mese del governo siriano per riconquistare l’area a est di Damasco, nota come Ghouta orientale, in mano alle forze che si opponevano ad Assad sin dai primi anni del conflitto in Siria e che spesso avevano bombardato Damasco, uccidendo anche civili – è sembrato infrangere l’accordo che Jaish al-Islam, l’ultimo gruppo di opposizione rimasto a Douma, stava stringendo con il governo per consegnare l'area ed essere condotti in un'altra fuori dal controllo governativo nel nord della Siria. Migliaia di combattenti e decine di migliaia di civili sarebbero dovuti partire presto. La scorsa settimana, altri due gruppi ribelli avevano raggiunto accordi di evacuazione con i russi, che hanno portato circa 19mila persone (tra cui i gruppi Faylaq al-Rahman e Ahrar al-Sham, i loro parenti e altri cittadini locali) in partenza verso la provincia settentrionale di Idlib.

Leggi anche >> Siria, bombe e missili sui civili: «Questa non è una guerra, è in tutti i sensi una catastrofe umanitaria»

L'attacco è arrivato nel secondo giorno di una "offensiva feroce" da parte delle forze filogovernative dopo un periodo di relativa calma, in risposta, stando a quanto dichiarato dall’esercito siriano, ai bombardamenti mortali proprio di Jaish al-Islam nelle zone residenziali di Damasco. Jaish al-Islam ha negato l'accusa.

Le avvisaglie di un’offensiva imminente, ricostruisce Ben Hubbard sul New York Times, erano arrivate da un video diffuso il giorno prima, il 6 aprile, da Hussein Mortada, un reporter libanese filo-governativo, che mostrando le immagini di una nuova azione delle truppe filo-governative su una collina vicino a Douma, aveva annunciato che “qualcosa di molto forte stava per avvenire”. L'intensità dei bombardamenti e dei raid aerei aveva portato molti residenti a cercare sicurezza negli scantinati, rendendoli più vulnerabili ai gas, proprio come testimoniato da Abu Jafaar ad Al Jazeera.

Sabato pomeriggio, secondo quanto affermato da Mahmoud Aadam, un portavoce della Syrian Civil Defence (i cosiddetti elmetti bianchi) in una diretta Facebook domenica scorsa, 15 persone, tra cui donne e bambini, avevano riferito di avere problemi respiratori dopo un attacco aereo nella loro zona. Poi, al calar della sera, un elicottero governativo ha lanciato barili esplosivi che hanno disperso una sostanza chimica sconosciuta che ha colpito molte più persone, ha detto Aadam. I continui assalti hanno reso difficile per i soccorritori cercare le vittime, rendendo difficile stabilire un bilancio complessivo delle vittime.

Domenica 8 aprile, la Syrian Civil Defense (i cosiddetti Caschi Bianchi) e la Syrian Medical American Society hanno diffuso un comunicato stampa congiunto in cui dichiaravano che centinaia di persone si erano presentate nei centri medici di Douma mostrando “sintomi indicativi di un’esposizione a un agente chimico”, in particolare “bradicardia, sibili e suoni bronchiali grossolani”.

Gli attacchi, si legge ancora nel comunicato, avrebbero avuto come obiettivo centri medici e di protezione civile, colpendo “un gran numero di ambulanze e veicoli di soccorso” e riuscendo a paralizzare la capacità medica della città. I volontari dei Caschi Bianchi hanno dichiarato di aver trovato circa 42 persone morte nelle loro case e di non essere stati in grado di evacuare i corpi a causa dell'intensità dell'odore e della mancanza di equipaggiamento protettivo.

Leggi anche >> Siria, il ritorno dei bambini a scuola sotto le bombe

I bilanci delle vittime, tuttavia, non sono univoci, ricostruisce Vox.com (si va dalle 40 alle 150 persone uccise) e non è stato possibile verificare in modo indipendente i rapporti di soccorritori e medici perché, spiega il New York Times, Douma è circondata da forze governative siriane, che impediscono l'accesso di giornalisti, operatori umanitari e investigatori.

Il Ghouta Media Center, vicino agli oppositori di Assad, ha twittato che più di 75 persone sono state “soffocate” e altre mille avrebbero sofferto gli effetti del presunto attacco, in particolare di una bomba contenente Sarin caduta da un elicottero, riporta la BBC. La Union of Medical Relief Organizations, un'associazione benefica con sede negli Stati Uniti e che lavora con ospedali siriani, ha detto sempre all’emittente britannica che l'ospedale specializzato rurale di Damasco ha confermato il numero di 70 morti.

L’account Twitter ufficiale dei Caschi Bianchi ha twittato immagini e video che ritraggono corpi riversi in scantinati, mentre attivisti anti-governativi hanno fatto circolare alcuni video che mostrano uomini, donne e bambini senza vita distesi sui pavimenti o nelle trombe delle scale, che si presume essere vittime di un attacco chimico. “Douma City, 7 aprile… qui c’è un odore molto forte”, si sente dire in uno dei video diffusi, secondo quanto riportato da Reuters. Un portavoce dell’ospedale rurale di Damasco ha detto che ci sono state numerose segnalazioni di persone trattate per sintomi (come convulsioni e schiuma alla bocca) coerenti con l'esposizione ai gas nervini o misti nervino e cloro.

Secondo Jerry Smith, ex ispettore ONU che ha indagato sui precedenti attacchi chimici in Siria, l'alto numero di vittime, la velocità della morte e le convulsioni mostrate da alcuni pazienti, suggeriscono che potrebbe essere stato utilizzato un altro composto ancora più letale, probabilmente a base di organofosfati. Il Sarin, scrive il Guardian, è un organofosfato chimico ripetutamente usato in Siria, come nell’attacco di massa a Khan Sheikhoun il 4 aprile 2017 e a Ghouta nell'agosto 2013. La Commissione ONU sui crimini di guerra aveva già documentato 33 attacchi chimici in Siria, attribuendone 27 al governo di Assad, che ha ripetutamente negato l'uso di quel genere di armi.

I media di Stato siriani hanno negato ogni coinvolgimento da parte delle forze governative nell’attacco e hanno accusato Jaish al-Islam, il gruppo ribelle islamista che controlla Douma, di aver ‘costruito’ i video “in un tentativo scoperto e fallito di ostacolare i progressi dell'esercito arabo siriano”. L'esercito russo ha condannato l'intervento dei Caschi Bianchi definendoli "spudorati complici dei ribelli" accusandoli di aver mosso accuse false con l'obiettivo di far naufragare la tregua locale.

L'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche ha espresso "grave preoccupazione" sul presunto attacco e ha avviato un'indagine.

Leggi anche >> Ad Aleppo non è possibile nemmeno contare i morti

Il presidente americano Donald Trump ha commentato quanto accaduto a Douma con tre tweet, avvertendo i responsabili che il prezzo da pagare per il crimine commesso sarà alto, accusando Putin (chiamandolo in causa direttamente per la prima volta), la Russia e l'Iran di complicità nel sostegno all' "animale" Assad che sarebbe, oggi, soltanto un ricordo se Barack Obama fosse intervenuto concretamente durante la sua presidenza.

La sua minaccia arriva un anno dopo l'ordine di un attacco che ha visto 59 missili schiantarsi contro una base aerea siriana che si pensava fosse la piattaforma di lancio dell'attacco chimico a Khan Sheikhoun del 4 aprile 2017 che provocò la morte di 90 persone e il ferimento di centinaia di civili. In quell'occasione, Trump aveva promesso che avrebbe ordinato un'altra offensiva se fossero state usate ancora armi chimiche.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha replicato ai tre tweet di Trump definendo "una provocazione" le accuse mosse nei confronti di Assad. Qualche ora prima la Russia aveva negato l’uso di armi chimiche.

Il ministero degli Esteri iraniano ha dichiarato, invece, che le notizie sull'attacco chimico non sono basate su fatti ma rappresentano solo "un pretesto" degli Stati Uniti e dei paesi occidentali per intraprendere azioni militari.

Qualche ora dopo la diffusione delle prime notizie su Douma, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha diffuso una nota in cui affermava che qualora le informazioni orripilanti ricevute fossero state confermate avrebbero richiesto "una risposta immediata da parte della comunità internazionale".

Per il primo ministro britannico Theresa May il governo siriano "e i suoi sostenitori, inclusa la Russia, dovranno rispondere di quanto avvenuto" se saranno ritenuti responsabili dell'uso di armi chimiche a Douma.

Il segretario per gli Affari Esteri del Regno Unito, Boris Johnson, ha riferito di resoconti "profondamente inquietanti", avvertendo la Russia di non tentare di bloccare l'avvio di un'indagine internazionale.

A seguito di un colloquio telefonico con il presidente Emmanuel Macron, Stati Uniti e Francia hanno deciso di collaborare per cercare di far luce insieme sulle responsabilità, scambiandosi le rispettive informazioni in possesso e avendo appurato entrambi l'uso di armi chimiche.

"Entrambi i leader hanno fermamente condannato gli orribili attacchi di armi chimiche in Siria e hanno convenuto che il regime di Assad debba essere ritenuto responsabile delle continue violazioni dei diritti umani", si legge in una dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca successiva alla telefonata tra Trump e Macron.

"Tutte le responsabilità devono essere definite con chiarezza", ha affermato lunedì la presidenza francese.

Anche per l'Unione europea ci sarebbero prove che testimonierebbero l'uso di armi chimiche da parte delle forze di Assad. Un diplomatico europeo ha confermato che gli alleati occidentali lavoreranno alla costruzione di un dossier basato su foto, video, testimonianze e immagini satellitari di aerei ed elicotteri siriani.

Con un tweet, Nikki Haley, ambasciatrice degli Stati Uniti all'ONU, ha comunicato di aver chiesto, insieme ad altri otto paesi membri del Consiglio di sicurezza (Costa d'Avorio, Francia, Kuwait, Olanda, Perù, Polonia, Regno Unito e Svezia) una riunione urgente che analizzi la situazione perché "c'è bisogno di un intervento forte". Anche la Russia ha chiesto al Consiglio di sicurezza di riunirsi.

In un'intervista rilasciata l'8 aprile a This Week, trasmissione dell'emittente ABC, Tom Bossert, consigliere per la sicurezza interna e l'antiterrorismo della Casa Bianca, ha dichiarato che gli attacchi chimici sono una "pratica inaccettabile" e non scartano nessuna possibile azione da parte degli Stati Uniti. "Non escluderei nulla", ha detto. "Queste foto sono orribili, stiamo valutando un attacco".

La scorsa settimana, Trump aveva manifestato la volontà di rimpatriare le truppe statunitensi presenti in Siria impegnate a combattere i militanti dello Stato islamico ma i suoi consiglieri lo hanno invitato ad attendere la sconfitta definitiva e ad impedire all'Iran di guadagnare terreno.

Un nuovo attacco, alle prime ore dell'alba di ieri, ci sarebbe stato alla base aerea di Tiyas, situata tra le città di Homs e Palmira. Damasco ha attribuito prima una "probabile" responsabilità agli Stati Uniti e successivamente ha incolpato Israele. Il Pentagono ha immediatamente commentato la notizia dichiarando di non aver condotto operazioni militari nella zona.

Secondo il ministero della Difesa russo due F-15 israeliani hanno lanciato otto missili sulla base aerea siriana. Per l'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede nel Regno Unito 14 persone sarebbero state uccise nell'attacco, mentre Mosca ha confermato che nessun russo è rimasto ferito.

Nessun commento, invece, da parte di Israele che, lo scorso 10 febbraio, aveva condotto un attacco aereo simile su vari obiettivi, tra cui la stessa base aerea.

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Nella giornata di ieri, Trump ha dichiarato che la situazione è stata analizzata e che "decisioni importanti" saranno prese nelle prossime 48 ore.

In una dichiarazione rilasciata ieri, il Cremlino ha riferito di una conversazione telefonica tra Putin e il cancelliere tedesco Angela Merkel, durante la quale i due leader hanno scambiato opinioni sulla situazione in Siria, incluse le accuse rivolte a Damasco, da parte di alcuni paesi occidentali, di usare armi chimiche. "Da parte russa è stata sottolineata l'inaccettabilità delle provocazioni e delle speculazioni sull'argomento", ha aggiunto il Cremlino.

Foto in anteprima via Syria Civil Defence – The White Helmets

Segnala un errore

Leave a comment