Ad Aleppo non è possibile nemmeno contare i morti
20 min letturaAggiornamento 30 dicembre 2016 > Un accordo per il cessate il fuoco su tutta la Siria a partire dalla mezzanotte locale del 30 dicembre, sostenuto da Russia e Turchia, è stato raggiunto giovedì 29 dicembre. È la prima volta che la sospensione delle ostilità riguarda tutto il paese.
La tregua è stata annunciata dal presidente russo Vladimir Putin e confermata dal ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, che ha aggiunto che tutti i foreign fighters ora dovranno lasciare la Siria e Hezbollah dovrà tornare in Libano, riporta Reuters.
Per il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallem, si tratta di una «possibilità reale di trovare una soluzione politica, porre fine allo spargimento di sangue e iniziare a pianificare il futuro della Siria». Finora, quest’anno, i tentativi di tregua sono rapidamente falliti.
L’accordo coinvolge le forze governative siriane, le milizie alleate e l’esercito russo, da un lato, e una libera alleanza di fazioni ribelli moderate, che operano sotto la bandiera del Free Syrian Army (Fsa), più altri gruppi, dall’altro. Il ministero della Difesa russo ha pubblicato sul suo sito una lista delle “formazioni di opposizione moderata, che controllano vasti territori nella parte settentrionale e centrale della Siria e che hanno aderito al cessate il fuoco”. Tra queste, Ahrar al-Sham e Jaysh al-Islam, gruppi islamici, che, scrive BBC, la Russia aveva in precedenza definito organizzazioni terroristiche. Un portavoce di Ahrar al-Sham ha detto all'agenzia Reuters che il gruppo ha alcune "riserve" e non ha firmato l'accordo.
L'esercito siriano ha detto che Isis e Jabhat Fatah al-Sham ("Fronte per la conquista del Levante"), gruppo precedentemente affiliato ad al-Qaeda, sono stati esclusi dal cessate il fuoco, così come, ha specificato il Free Syrian Army, il Kurdish Popular Protection Units (Ypg). La milizia curda, che, si legge su BBC, è riuscita a sottrarre diverse aree a ISIS con l’aiuto degli Stati Uniti, non è ufficialmente allineata né al governo né all’opposizione, ma è stata definita organizzazione terroristica dalla Turchia. L’esclusione di Jabhat Fatah al-Sham potrebbe creare dei problemi in quelle aree dove sono presenti anche altre forze di opposizione al governo, scrive Al Jazeera. L’accordo potrebbe costringere i gruppi considerati più moderati a prendere le distanze da Jabhat Fatah al-Sham per non rimanere esclusi dal cessate il fuoco e continuare a subire i bombardamenti delle forze alleate ad Assad.
L’accordo copre, infatti, solo le aree in cui sono presenti le parti che hanno firmato il cessate il fuoco. Nei prossimi mesi sono previsti dei colloqui tra il governo siriano e le formazioni di opposizione nella capitale del Kazakistan, Astana, ha detto Putin, invitando tutti gli Stati coinvolti in questa guerra a dare il proprio sostegno a un «processo di pace molto fragile». Secondo ABC News, l’amministrazione statunitense sarà invitata a partecipare ai colloqui subito dopo l’insediamento del presidente eletto Donald Trump.
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Aggiornamento 19 dicembre 2016 > Riuscendo a superare i contrasti iniziali tra i paesi occidentali e la Russia, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione, proposta dalla Francia, che permette alle Nazioni Unite di inviare degli osservatori per vigilare sull’evacuazione di Aleppo. L’ambasciatore Usa all’Onu, Samantha Power ha definito la risoluzione «un passo importante», sottolineando però che «fino a quando non viene implementata sarà solo un foglio di carta». L’inviato siriano alle Nazioni Unite, Bashar Jaafari, ha criticato l’operato dei membri del Consiglio di sicurezza, la cui agenda nascosta avrebbe l’obiettivo di «legittimare le interferenze straniere e il cambio del governo legittimo attraverso l’uso della forza anche militare».
Nella giornata di lunedì, secondo quanto comunicato dalla Croce Rossa Internazionale, circa 5000 persone sono state evacuate dalle aree in mano ai ribelli, mentre 500 sono state trasferite da Fua e Kefraya, due città sciite nella provincia siriana di Idlib, da tre anni assediate dalle truppe che combattono il governo di Assad. Tra le persone messe in salvo, si legge in un comunicato dell’Unicef, ci sono 47 bambini intrappolati in un orfanotrofio di Aleppo est, alcuni feriti in modo grave, altri in stato di disidratazione.
Nei giorni scorsi le operazioni di evacuazione sono state sospese due volte: venerdì 16 dicembre, dopo che il governo siriano aveva accusato i ribelli di aver violato gli accordi, e domenica 18, dopo l'attacco da parte di alcuni ribelli agli autobus, che trasportavano persone proprio da Fua e Kefraya. L’evacuazione dei feriti dalle due città sciite è una delle condizioni poste dall’esercito siriano nell’accordo con i gruppi ribelli.
Il ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, ha dichiarato su Twitter che sono 12mila i civili che hanno lasciato Aleppo.
Dall’inizio del conflitto, secondo i dati diffusi dal Committee to Protect Journalist (Cpj), 107 giornalisti hanno perso la vita in Siria, quattordici nel 2016.
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Aggiornamento 15 dicembre 2016 > La Croce Rossa ha confermato che sono partite le operazioni di evacuazione di 1000 persone ferite dalle aree di Aleppo in mano ai ribelli. Notizia, scrive BBC, confermata anche dall’agenzia di stampa russa Tass. Stando a quanto detto dal capo dei militari russi, il Generale Valery Gerasimov, «è stato creato un corridoio umanitario lungo 21 chilometri, 6 nei territori di Aleppo controllati dalle truppe governative, gli altri 15 in quelli in mano ai gruppi armati illegali» che «dovrebbe consentire l’evacuazione di 5mila militanti e delle loro famiglie». Un secondo convoglio di 15 pullman è partito nel tardo pomeriggio, diretto nelle aree a ovest di Aleppo. Questa seconda evacuazione, ha dichiarato un alto funzionario di Croce Rossa, dovrebbe riguardare circa 2000 persone.
La nuova tregua è entrata in vigore dalle ore 3 della scorsa notte dopo la sospensione di ieri. Il processo ha coinvolto 100 volontari e 10 ambulanze della Croce Rossa Internazionale. Tutta l’operazione richiederà diversi giorni prima di concludersi.
Le forze di governo hanno conquistato l’intero territorio in mano ai ribelli. In una dichiarazione ufficiale, il presidente siriano Bashar al-Assad ha definito «la liberazione di Aleppo un momento di svolta della storia locale e internazionale». Il Segretario di Stato americano John Kerry, in un intervento a Washington, ha detto che quello di Aleppo «è stato un massacro» e si è chiesto se «la Siria, con il supporto della Russia, sarà disposta a partecipare in modo costruttivo ai colloqui di pace a Ginevra e a fermare questa mattanza del proprio popolo».
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Aggiornamento 14 dicembre 2016 > Nuovi attacchi militari su Aleppo, scrive la BBC, hanno fermato l’accordo per il cessate il fuoco raggiunto solo nel tardo pomeriggio di ieri, martedì 13 dicembre.
Il suono dei bombardamenti ha interrotto l’intervista in diretta al giornalista freelance Zouhir al-Shimale, che si trova nella zona orientale di Aleppo, nel corso del programma di Victoria Derbyshire della BBC.
Sounds of shelling interrupts live interview from #Aleppo as journalist says his 'building could be bombed any time' https://t.co/dKN1OdQhCe
— Victoria Derbyshire (@VictoriaLIVE) 14 dicembre 2016
La causa della rottura dell’accordo, ottenuto grazie alla mediazione di Turchia e Russia, sarebbe stata la richiesta del governo siriano di evacuare i civili e i soldati feriti dalle città vicine circondate dalle forze ribelli. Secondo la Russia, a infrangere la tregua sarebbero stati i ribelli, che, riferisce la Tv siriana, avrebbero lanciato un razzo verso la parte di Aleppo controllata dalle forze filo-governative.
Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dichiarato di aspettarsi «che la resistenza dei ribelli non durerà più di due o tre giorni», mentre il suo omologo turco ha detto di essersi messo in contatto con Russia e Iran per cercare di non far saltare la tregua appena raggiunta. Il Cremlino ha confermato che nelle prossime ore è prevista una chiamata tra Erdogan e Putin, scrive l’agenzia di stampa russa Ria.
Durante la sessione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di ieri, l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, aveva annunciato la sospensione delle azioni militari per consentire l’evacuazione di civili e ribelli da Aleppo est verso il nord della Siria. L’evacuazione è ora in fase di stallo.
Da quando è iniziata l’offensiva, le forze del governo di Assad sono riuscite ad avere il controllo di quasi tutto il territorio di Aleppo.
La situation à Alep ce mercredi est inchangée : les rebelles dominés par la coalition Fatah Halab encerclés au sud. https://t.co/6bviL1RcFH pic.twitter.com/x89x2fqfZi
— Les Décodeurs (@decodeurs) 14 dicembre 2016
Non è chiaro il numero delle persone che si trovano ancora nelle zone assediate della città. Prima della ripresa dei bombardamenti, l’inviato speciale dell’Onu in Siria, Staffan de Mistura aveva definito la situazione nella piccola porzione di città rimasta in mano ai ribelli “molto preoccupante”. Secondo il rappresentante delle Nazioni Unite, almeno 50mila civili e circa 1500 soldati (di cui quasi un terzo provenienti al gruppo jihadista precedentemente conosciuto come al-Nusra) si trovano in un’area di quasi 5 chilometri quadrati. Altre fonti locali, riporta sempre la BBC, parlano invece di 100mila persone, molte delle quali giunte da aree recentemente finite sotto il controllo dello forze filo-governative.
Medici Senza Frontiere ha chiesto di risparmiare le vite dei civili rimasti intrappolati nelle aree sotto attacco. Le persone hanno poche possibilità di riuscire a scappare, si legge in un comunicato ufficiale, ed è impossibile evacuare i pazienti feriti, rifornire gli ospedali e prestare assistenza.
3/5 #Aleppo people are sleeping in the streets, cars & mosques, without food or water. It is cold and there are no heaters nor electricity..
— أطباء بلا حدود سوريا (@MSF_Syria) 14 dicembre 2016
Il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, ha detto che le luci della Torre Eiffel verranno spente alle 7 di questa sera come gesto di solidarietà nei confronti dei cittadini di Aleppo e «per allertare la comunità internazionale a intervenire con urgenza».
Pour manifester le soutien de Paris aux habitants d’#Alep, @LaTourEiffel sera éteinte ce soir. pic.twitter.com/lkzgNmL9vG
— Paris (@Paris) 14 dicembre 2016
Nella giornata di ieri sono state condivise diverse immagini raffiguranti gli scenari di Aleppo e che invece si sono rivelate non affidabili. Per verificare i post prima di diffonderli in rete, rinviamo alle guide a cura di First Draft e Bellingcat, con l'aiuto di Google News Lab.
Qui una video-guida di First Draft:
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Aggiornamento 13 dicembre 2016 > Dopo i bombardamenti degli ultimi giorni, il governo siriano è prossimo a dichiarare la propria vittoria ad Aleppo, scrive Reuters. «La battaglia di Aleppo est dovrebbe finire in fretta, ha detto il tenente generale Zaid al-Saleh, a capo del comitato di sicurezza di Aleppo del governo. «Ai ribelli non resta molto tempo: devono arrendersi o morire». Nella giornata di lunedì 12 dicembre, secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), i ribelli si sono ritirati da tutti i quartieri a est del fiume Aleppo. Secondo il ministero della Difesa russo, più di 2200 ribelli si sono arresi, mentre Riad Hijab, coordinatore capo dell’opposizione siriana ha affermato che la perdita di Aleppo non significherà la sconfitta dell’opposizione e che nuovi fronti verranno aperti.
In una conferenza stampa a Ginevra, Rupert Colville, portavoce delle Nazioni Unite, ha fornito i dettagli di atrocità commesse in aree finite nelle mani delle forze filo-governative, ammettendo, però, di non poter essere in grado di verificarne l’accuratezza. Colville ha parlato di 82 civili presumibilmente fucilati, tra cui 11 donne e 13 bambini. Per Jens Laerke, portavoce umanitario dell’Onu, quello di Aleppo «sembra essere il tracollo completo dell’umanità».
È difficile conoscere il numero esatto delle persone che si trovano ancora nelle zone assediate, anche se un funzionario degli Stati Uniti ha parlato alla BBC di circa 50mila persone. Alcuni residenti, stando a quanto riportato dal New York Times, hanno inviato messaggi dicendo di essere accalcati in appartamenti abbandonati e strade piovose. Secondo la Croce rossa internazionale, non ci sono posti sicuri dove trovare riparo, mentre l’Unicef ha dichiarato che un centinaio di bambini è intrappolato in un edificio colpito da bombardamenti. Il “Russian Centre for Reconciliation of the Opposing Sides” ha detto di aver aiutato quasi 8mila civili ad abbandonare le aree in mano ai ribelli nelle ultime 24 ore.
Il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon si è detto allarmato delle notizie delle atrocità commesse provenienti da Aleppo e ha incaricato il suo inviato speciale in Siria di ulteriori comunicazioni con le parti coinvolte nel conflitto. Il consulente umanitario delle Nazioni Unite, Jan Egeland, scrive ancora la BBC, aveva parlato nelle scorse ore di «massacri di civili inermi, di giovani, donne, bambini e operatori sanitari». Notizie smentite dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale Egeland non era ben informato su quanto stava accadendo: «Se lo fosse stato, Egeland avrebbe prestato attenzione alle atrocità commesse dai gruppi terroristici».
Molti civili, come riportato da Quartz e BBC, stanno usando Twitter e i social per appelli e messaggi.
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Aggiornamento 9 dicembre 2016 > «L’esercito siriano ha temporaneamente sospeso la sua azione militare nella parte orientale di Aleppo per consentire alla popolazione civile di lasciare la città sotto assedio», ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov in un incontro con i suoi corrispettivi europei in Germania. Sarà consentito a 8mila persone di poter andare via, ha aggiunto Lavrov.
Secondo la reporter della BBC ad Aleppo, Lyse Doucet, sebbene i combattimenti sembrano essere diminuiti, non ci sono segnali di una loro completa cessazione.
In una conferenza stampa a Ginevra, il portavoce delle Nazioni Unite Rupert Colville ha affermato che centinaia di uomini sono scomparsi dopo aver lasciato la parte orientale di Aleppo, in mano ai ribelli ed essere entrati nei territori controllati dalle forze governative. Si pensa, ha proseguito Colville, che almeno 100mila civili siano ancora nei quartieri nella parte di Aleppo est, bloccati dai gruppi di opposizione. In particolare «il Fronte Fateh al-Sham (in precedenza al-Nusra) e l’Abu Amara Battalion sono accusati di aver rapito e ucciso un numero imprecisato di civili, che avevano chiesto ai gruppi armati di poter lasciar le proprie abitazioni e che fosse loro risparmiata la vita».
Nella giornata di sabato 10 dicembre è previsto un incontro a Ginevra tra esperti militari russi e statunitensi per trovare una soluzione che ponga fine alle ostilità, consentendo l’invio di aiuti umanitari e la partenza dei civili. I temi specifici dei tavoli tecnici, scrive la BBC, devono essere ancora definiti.
In un’intervista al quotidiano siriano Al Watan, Bashar al Assad aveva dichiarato che la vittoria ad Aleppo era solo un passo verso la fine della guerra e aveva respinto l’ipotesi di una tregua umanitaria sulla città, come richiesto dai ribelli.
Le forze del governo siriano hanno finora conquistato il 75% dell’area in mano ai ribelli negli ultimi 4 anni.
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Ad Aleppo non è possibile nemmeno contare i morti, scrive Louisa Lovelack sul Washington Post. Già lo scorso anno, Già nel 2013, a quasi due anni dall'inizio della guerra in Siria, le Nazioni Unite avevano detto di avere smesso di contare il numero delle vittime quando erano ancora 100mila (cifra poi aggiornata qualche mese fa a circa mezzo milione) per la mancanza di fonti attendibili. Dal 15 novembre, poi, quando è iniziata l’offensiva via terra e via aria delle forze filo-governative verso la parte orientale della città, in mano ai combattenti ribelli che si oppongono al governo di Bashar al-Assad, ad Aleppo è diventato rischioso persino seppellire i morti. I cimiteri sono già tutti pieni e le persone scavano tombe poco profonde in tutti i parchi pubblici per dare una sepoltura ai propri cari.
Con l’intensificazione dei voli degli aerei militari da guerra e l’avvicinamento delle truppe di terra delle ultime settimane, l’unico momento sicuro per farlo è la notte. Anche i Caschi Bianchi devono muoversi con circospezione. «Non riusciamo a tenere il passo», racconta al Washington Post Ibrahim Abu Laith, un volontario del gruppo di protezione civile. Messi in difficoltà dalla scarsità dei mezzi a disposizione, i Caschi Bianchi devono scegliere con cura le loro missioni di soccorso. Consumare troppo carburante per raggiungere un luogo dove c’è stata un’esplosione potrebbe privarli della possibilità di salvare altre vite. Inoltre, basta udire il rombo degli aerei, spiega ancora Ibrahim, per interrompere ogni operazione e mettersi in salvo. «I momenti più duri sono quando riesci a sentire dei lamenti, capisci che qualcuno è vivo, ma non fai in tempo a riuscire a salvarlo».
Aleppo al centro del conflitto
Nell'ultima settimana c’è stata un’accelerazione dell’azione militare delle forze filo governative siriane, nel tentativo di sottrarre ai combattenti ribelli (che contrastano il governo di Assad) la parte della città da loro controllata.
L’attacco, scrive la BBC, ha rotto una situazione di stallo che andava avanti dal 2012, quando, dopo l’offensiva lanciata dai combattenti ribelli per riuscire ad avere il controllo dei territori a nord della Siria, la città è stata divisa in due: la parte orientale in mano alle forze ribelli, quella occidentale al governo.
Un tempo la più grande città della Siria, con una popolazione di 2,3 milioni di abitanti e nota per la sua città vecchia, riconosciuta patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, la Cittadella (risalente al XIII secolo) e la Grande Moschea (XII secolo), dal 2012 Aleppo è diventata un campo di battaglia chiave nella guerra tra le forze fedeli al presidente siriano e i ribelli che vogliono rovesciarlo, microcosmo del più ampio conflitto in Siria e simbolo del fallimento della comunità internazionale nel proteggere i civili e negoziare un accordo di pace.
Ai primi di febbraio, le forze governative hanno tagliato la principale rotta per i rifornimenti utilizzata dai ribelli, conquistando le città nelle campagne di Aleppo, Nubul e Zahraa. A luglio, le truppe di Assad hanno preso il controllo di Castello Road, a nord di Aleppo, l’unica rotta verso la parte orientale in mano ai combattenti ribelli. Le consegne di cibo e di medicine delle Nazioni Unite sono state bloccate e circa 275mila persone si sono trovate improvvisamente sotto assedio.
Da allora è iniziata un'offensiva a tutto campo, con attacchi aerei di intensità e scala senza precedenti, interrotti solo nel mese di ottobre per consentire ai civili e ai ribelli di poter abbandonare l’area orientale. Ma, prosegue la BBC, poche persone sono andate via. Il 15 novembre gli attacchi via aria e via terra sono ricominciati. I ribelli e i jihadisti si sono ritirati verso sud, i civili hanno iniziato ad abbandonare le proprie abitazioni.
Domenica scorsa, le truppe filo-governative siriane, sostenute dalla forza aerea russa e dai miliziani sciiti libanesi, iraniani e iracheni, sono riuscite a conquistare i quartieri di Masaken Hanano e Jabal Badro.
In un attacco separato, le “Forze Democratiche Siriane”, coalizione a guida curda, si sono spinte, sempre sul lato orientale della città, togliendo ai combattenti ribelli il quartiere Bustan al-Basha. Rappresentanti della coalizione hanno negato la voce secondo la quale l’attacco era stato coordinato con le forze governative e hanno dichiarato di aver permesso la fuga di circa 2500 civili verso il quartiere a maggioranza curda Sheikh Maqsoud, a nord della città.
Le forze ribelli siriane hanno così perso il controllo di tutti i quartieri a nord della parte orientale di Aleppo, più di un terzo dell’intera area dove erano insediati. «Si tratta della loro peggiore sconfitta da quando hanno conquistato metà della città», ha dichiarato Rami Abdulrahman, direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr).
La fine del conflitto, però, sembra ancora lontana, come ammesso anche dall’inviato delle Nazioni Unite in Siria, Steffan De Mistura, che, in un intervento al Parlamento europeo, ha dichiarato di non essere in grado di poter dire quanto durerà l’azione in corso. Le diverse fazioni dei gruppi ribelli hanno deciso di unire le forze per formare una nuova coalizione (chiamata “Aleppo Army”) per una migliore organizzazione militare e per difendere le aree da loro controllate dall’offensiva delle forze filo governative. La rivalità tra i gruppi ribelli, scrive Reuters, è stata da diversi esperti indicata come una delle principali debolezze nel corso di tutta la guerra.
Nel caso in cui riuscisse a conquistare Aleppo, il governo siriano avrebbe il controllo delle cinque più grandi città della Siria, mentre ai ribelli resterebbe la provincia settentrionale di Idlib e alcune sacche di territorio intorno ad Aleppo e alla capitale Damasco. Questo fa pensare, ha affermato Ryan C. Crocker, diplomatico statunitense con lunga esperienza in Medio Oriente, a uno scenario simile al Libano: una lenta e duratura guerra civile, che si svolgerà nei luoghi dove gli insorti si nasconderanno, lontano dalle città.
«Perdere la parte orientale di Aleppo non significa la sconfitta dei ribelli», ha detto alla BBC George Sabra, presidente del principale gruppo di opposizione. «Aleppo è un luogo importante per la rivoluzione, ma non è l'ultimo posto».
Per come si sta strutturando, il conflitto siriano, scrive David Batashvili su Forbes, sembra ricordare la Guerra dei Trent’anni tra il 1618 e il 1648 in Germania: un paese devastato da una lunga e brutale guerra interna; uno scontro settario in superficie, ma che nella sua sostanza è una lotta geopolitica; molti conflitti diversi, che si combinano in un’unica grande conflagrazione; potenze straniere che forniscono sostegno alle fazioni in lotta per anni prima di entrare in guerra in un modo più diretto. Queste somiglianze suggeriscono la possibilità di un’ulteriore escalation della guerra siriana, con un maggiore coinvolgimento militare delle potenze straniere in Siria, che potrebbero cercare di aumentare o limitare le rispettive sfere di influenza in un paese diventato centrale per il controllo del Medio Oriente.
"Aleppo rischia di diventare un cimitero a cielo aperto"
L’avanzata delle forze del governo siriano guidato da Bashar al-Assad nella parte orientale di Aleppo ha provocato lo sfollamento di migliaia di civili. Durante tutti questi mesi le organizzazioni umanitarie hanno avuto grande difficoltà a poter intervenire per dare sostegno alle migliaia di abitanti, costretti a vivere in condizioni igienico-sanitarie critiche e con gravi carenze di cibo e acqua. Per molte madri, questo significa, scrive Abc News, cercare alternative per accudire e dare da mangiare ai propri figli.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), sarebbero circa 50mila le persone costrette a fuggire, mentre secondo un rapporto dell’Istituto siriano per la Giustizia, gli attacchi aerei avrebbero ucciso 700 persone nell’ultimo mese, di cui 118 bambini. Mercoledì 30 novembre, stando a quanto riporta il New York Times, in un bombardamento in cui sono morti 26 civili, molte delle vittime sono state colpite mentre tentavano la fuga.
«Aleppo rischia di diventare un cimitero a cielo aperto», ha dichiarato il sottosegretario delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, Stephen O’Brien, davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu. «In Siria, le regole di guerra sono state sistematicamente disattese, non sono state lasciate libere zone rosse o di attraversamento. Quanto stabilito dalla prima Convenzione di Ginevra più di 150 anni fa e imparato da dolorose e costose lezioni a carico di tante generazioni, è stato totalmente ignorato». «Chiediamo – ha proseguito O’Brien – a quanti possono farlo di intervenire per proteggere i civili e garantire l'accesso alla zona assediata di Aleppo est. La situazione è allarmante e spaventosa. Nessun ospedale è operativo e le riserve alimentari si stanno esaurendo».
Marianne Grasser, a capo dell’International Committee della Croce Rossa, ha chiesto a tutte le parti coinvolte nel conflitto di fare tutto il possibile per proteggere i civili. Da quando si sono intensificati gli attacchi nella parte orientale di Aleppo, secondo Croce Rossa, almeno 30mila persone hanno trovato rifugio nel lato occidentale della città e il numero delle persone in fuga è destinato ad aumentare di decine di migliaia.
La Croce Rossa e l’organizzazione umanitaria “Syrian Arab Red Crescent” (Sarc) hanno avuto l’autorizzazione per poter raggiungere l’area orientale di Aleppo. Sarc ha inviato squadre mediche mobili che stanno lavorando 12 ore al giorno per curare feriti, malati e chi è in stato di malnutrizione. Dal 27 novembre sono state curate più di 2500 persone, fornito cibo, coperte e materassi, installati serbatoi d’acqua e garantiti i servizi igienico-sanitari.
Lo scorso 30 novembre i ministri degli Esteri francese e britannico hanno chiesto la convocazione di un incontro straordinario del Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere del disastro umanitario di Aleppo. «La Francia e i suoi partner non possono rimanere in silenzio di fronte a quello che potrebbe essere uno dei più grandi massacri della popolazione civile dalla seconda guerra mondiale», ha detto l’ambasciatore francese alle Nazioni Unite, Francois Delattre.
Dietro le quinte, tra le proposte in discussione, scrive il Guardian, la possibilità che i diplomatici di diversi paesi possano accompagnare un convoglio umanitario ad Aleppo, come avvenuto negli anni Novanta durante l’assedio di Sarajevo. Il governo francese ha in programma un incontro con i ministri degli Esteri dei paesi che sostengono l’opposizione siriana moderata, compresi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Arabia Saudita, la Giordania, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti.
Settantatre paesi hanno appoggiato un’iniziativa del Canada che ha chiesto una sessione speciale di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni unite per chiedere di porre fine agli attacchi indiscriminati sui civili ad Aleppo e in tutta la Siria e l’immediata apertura di un canale umanitario senza alcun ostacolo in modo tale da poter far arrivare gli aiuti a tutte le persone che ne avessero bisogno. Una coalizione di 223 organizzazioni non governative ha invitato gli Stati membri dell’Onu ad aderire all’iniziativa. «L’inazione non dovrebbe essere un’opzione. La storia giudicherà severamente coloro che falliscono nel fare un passo in avanti», hanno dichiarato i rappresentanti di questa coalizione.
Giovedì 1 dicembre, in una conferenza stampa congiunta, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, e il suo corrispettivo russo, Sergei Lavrov, hanno sottolineato «la necessità di un cessate il fuoco per porre fine alla tragedia che sta colpendo Aleppo». Cavusoglu ha dichiarato che la posizione della Turchia, che si è a lungo opposta al governo di Bashar al-Assad e sostenuto le opposizioni, non cambia, mentre Lavrov, scrive Reuters, pur essendo d’accordo per una sospensione delle ostilità, ha detto che il governo di Mosca non toglierà il sostegno al governo di Assad fino a quando i terroristi non saranno sgominati da Aleppo.
Il conteggio impossibile
In un contesto del genere è difficilissimo fare un bilancio delle vittime e delle persone costrette ad abbandonare la propria abitazione. In assenza di giornalisti presenti sul posto, soprattutto ad Aleppo est, le principali agenzie di stampa, scrive Amélie Poinssot su Mediapart, si affidano alle cifre fornite dalle diverse organizzazioni internazionali che cercano di monitorare, chi in prossimità, chi a distanza.
Una delle fonti più citate è l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), nato nel 2006 e diretto da Rami Abdel Rahman, 42 anni, fuggito 13 anni fa dalla Siria, ora residente in Inghilterra. Insieme ad altre quattro persone, che lo aiutavano a selezionare e aggregare informazioni provenienti da più di 230 attivisti sul campo, come si legge sul sito dell’Osservatorio, Rahman diffonde dati con ritmo quasi quotidiano. Secondo le ultime statistiche, pubblicate il 13 dicembre scorso, sarebbero state uccise 450mila persone dall’inizio del conflitto in Siria, mentre i feriti sarebbero più di 2 milioni. Ci sono, però, dubbi sull’accuratezza delle documentazioni presentate dall’Osservatorio, spiega il demografo francese Fabrice Balanche, docente del Washington Institute e specialista di lunga data sulla Siria, perché non è chiaro quali siano le metodologie di acquisizione delle informazioni da parte degli attivisti sul campo e come vengano poi selezionate e aggregate a distanza.
Poi ci sono i dati raccolti dal Centro di documentazione delle violazioni in Siria, altra organizzazione non governativa fondata nel 2011 e che dal 2013, dopo un attacco al suo ufficio siriano, ha sede in Svizzera. Basandosi sul lavoro di una trentina di attivisti sparsi in diverse città, il Centro ha messo a disposizione on line un database dove sono registrate le vittime, con il loro nome, l’età, il sesso, la data e la causa di morte (bombardamenti, torture, esecuzioni, ecc.) e l’affiliazione al momento della loro identificazione (civili, militari, Stato Islamico…). Sulle loro statistiche si è basato il documento diffuso da Human Rights Watch lo scorso 1 dicembre, per denunciare i “crimini di guerra della coalizione russo-siriana”. Secondo il Centro di documentazione delle violazioni in Siria, dall’inizio della guerra sarebbero morte poco più di 170mila persone (per il 63,4% civili), un dato molto inferiore a quello diffuso, ad esempio, dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. Inoltre, in un rapporto pubblicato a novembre, si legge che le forze filo-governative hanno colpito 25 ospedali e in 13 attacchi edifici scolastici, fabbriche, un mercato e un campo profughi. Nel documento viene però specificato che si tratta di cifre “non definitive e soggette a una revisione continua e periodica dagli attivisti del centro, gli amministratori del database e il team della documentazione sul terreno”.
Anche i dati di altre due Ong, che diffondono regolarmente statistiche sul numero delle vittime nel conflitto siriano differiscono tra di loro: per la Rete siriana per i diritti dell’uomo , il numero delle persone rimaste uccise sarebbe di poco superiore a 200mila, mentre il Centro siriano per le statistiche e la ricerca parla di 141.296 morti.
«È impossibile fornire cifre attendibili su questo conflitto», spiega ancora Fabrice Balanche ad Amélie Poinsson. «L’unico dato certo è che nel 2010, prima dell’inizio della guerra, in Siria c’erano 21 milioni di persone».
[Modifica 16/12/2016, ore 16 > Rispetto alla versione precedente abbiamo aggiunto "Il conteggio impossibile" sulle diverse fonti statistiche utilizzate da agenzie di stampa e organizzazioni internazionali]
[Modifica 29/12/2016, ore 10,30 > In una precedente versione del pezzo, nella citazione di Assad («la liberazione di Aleppo un momento di svolta della storia locale e internazionale») la parola "liberazione" era virgolettata. Abbiamo eliminato le virgolette]