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USA, la protesta dei Sioux contro l’oleodotto: “Serve una mobilitazione globale”

9 Febbraio 2017 8 min lettura

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USA, la protesta dei Sioux contro l’oleodotto: “Serve una mobilitazione globale”

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Standing Rock: dopo la richiesta di una nuova valutazione dell'impatto ambientale, il giudice ordina la chiusura temporanea dell'oleodotto

Aggiornamento 6 luglio 2020: L'oleodotto Dakota Access dovrà chiudere entro il 5 agosto. A deciderlo il giudice del distretto di Columbia James E. Boasberg che nella sentenza ha scritto che “la gravità delle mancanze del Corpo degli ingegneri dell'esercito americano supera gli effetti negativi che saranno provocati dal blocco del flusso di petrolio" durante i tredici mesi necessari per completare l'analisi di impatto ambientale.

Lo scorso 30 marzo lo stesso Boasberg aveva disposto che il Corpo degli ingegneri svolgesse una nuova valutazione sulle conseguenze provocate dal progetto sull'ambiente. Il giudice aveva, infatti, dichiarato che erano state prese decisioni "altamente controverse" nell'approvazione dei permessi federali per il progetto e che non erano state fornite risposte alle domande sui rischi di fuoriuscite di petrolio.

"Temendo gravi conseguenze ambientali, le tribù indiane americane nelle riserve vicine hanno cercato per vari anni di invalidare le autorizzazioni federali che consentivano all'oleodotto Dakota Access di trasportare petrolio sotto il lago", ha scritto Boasberg nella sentenza. "Oggi finalmente raggiungono questo obiettivo, almeno per il momento".

Energy Transfer, la società texana proprietaria dell'oleodotto, ha comunicato che si opporrà al provvedimento chiedendone la sospensione e, in caso di risposta negativa,  si è detta pronta a presentare un appello a un tribunale superiore.

La decisione assunta segna una battuta d'arresto per le politiche energetiche del presidente Donald Trump che a pochi giorni dalla sua entrata in carica a gennaio 2017, ha firmato provvedimenti esecutivi che hanno dato il via libera sia al Dakota Access che all'oleodotto Keystone XL che si snoda tra il Canada e gli Stati Uniti.

«Oggi è un giorno storico per la tribù Sioux di Standing Rock e per tutte quelle persone che ci hanno sostenuto nella lotta contro l'oleodotto», ha dichiarato Mike Faith, presidente dela tribù. «Questo oleodotto non avrebbe mai dovuto essere costruito. L'abbiamo sostenuto sin dall'inizio».

«Ci sono voluti quattro lunghi anni, ma oggi giustizia è stata fatta a Standing Rock», ha affermato l'avvocato dell'associazione ambientalista Earthjustice Jan Hasselman, che rappresenta la tribù. «Se gli eventi del 2020 ci hanno insegnato qualcosa, è che la salute e la giustizia devono essere prioritarie nelle prime fasi di qualsiasi processo decisionale se si vuole evitare una crisi successiva».

Nell'agosto 2016 la tribù aveva denunciato il governo degli Stati Uniti sostenendo che il Corpo degli ingegneri dell'esercito americano non avesse consultato i membri della comunità Sioux prima di approvare il progetto, violando il National Historic Preservation Act nel momento in cui aveva autorizzato la costruzione dell'oleodotto senza prevedere misure che garantissero la protezione di siti culturalmente importanti.

La sentenza di lunedì rappresenta la seconda vittoria in due giorni per gli attivisti per l'ambiente. Domenica, le compagnie energetiche statunitensi Dominion Energy e Duke Energy hanno annunciato di aver annullato il progetto che prevedeva la costruzione di un gasdotto sulla costa atlantica. La cancellazione - si legge - si è resa necessaria "a causa delle incertezze legali del progetto". Il metanodotto di più di novecento chilometri avrebbe dovuto attraversare la Virginia occidentale fino ad arrivare ai centri abitati della Virginia e della Carolina del Nord, passando per il Sentiero degli Appalachi.

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Oleodotto di Standing Rock, un giudice ordina una nuova valutazione di impatto ambientale. Una vittoria legale importante per i Sioux

Aggiornamento 30 marzo 2020: La scorsa settimana un giudice federale ha chiesto una nuova valutazione di impatto ambientale riguardo al funzionamento dell’oleodotto Dakota Access nel North Dakota, negli Stati Uniti.

L’oleodotto – lungo 1.886 chilometri, permette il passaggio del greggio dalla città di Stanley in North Dakota fino a Patoka, un villaggio nell’Illinois, passando per il South Dakota e l'Iowa – era entrato in funzione tre anni fa, subito dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. La sentenza è un'enorme vittoria per la tribù Standing Rock Sioux del Nord Dakota che nel 2016 aveva citato in giudizio il governo degli Stati Uniti, ottenendo la sospensione della realizzazione dell'opera durante l'amministrazione Obama, fino a quando poi il nuovo presidente Trump non aveva concesso l'autorizzazione.

Il giudice James E. Boasberg ha definito “controversi” gli effetti dell’oleodotto sulla qualità dell’ambiente e ha rilevato che il governo federale non ha effettuati studi adeguati che valutassero le conseguenze sui territori circostanti di una grave fuoriuscita di petrolio. 

La decisione del giudice «è davvero importante e rappresenta un successo enorme», ha dichiarato Jan Hasselman, un avvocato del gruppo ambientalista Earthjustice che sta rappresentando i membri della Standing Rock Sioux Tribe, la cui riserva si trova a meno di due chilometri dalla conduttura. Secondo i Sioux una fuoriuscita sotto il vicino fiume Missouri potrebbe inquinare l'acqua che gli indiani utilizzano per bere, pescare e svolgere le loro cerimonie. «Dopo anni di impegno nella difesa delle nostre acque e delle nostre terre, accogliamo con favore questa importante vittoria legale», ha aggiunto il presidente della Standing Rock Sioux Tribe, Mike Faith. Hasselman ha annunciato che la tribù chiederà che l’oleodotto venga chiusa fino al completamento delle valutazioni di impatto ambientale. 

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Sgomberato il campo di protesta di Standing Rock

Aggiornamento 23 febbraio 2017: "Siamo sconvolti dalle evacuazioni forzate di oggi delle popolazioni indigene a Standing Rock. (...) L'espulsione di oggi è la continuazione di una pratica secolare, che vede il governo degli Stati Uniti rimuovere con forza gli indigeni dalle nostre terre e territori". Così l'Indigenous Environmental Network ha commentato in una nota ufficiale lo sgombero del campo di protesta a Standing Rock fissato dalle autorità per le 14 di mercoledì 22 febbraio.

Nella zona vicino a dove dovrebbe essere costruito l’oleodotto contestato, all’inizio di questo mese erano rimaste circa 200 persone, un numero in calo rispetto alle migliaia che si erano riunite in precedenza, a causa delle temperature rigide e delle nevicate, scrive il Washington Post. Centocinquanta manifestanti hanno lasciato il campo un’ora prima dell’inizio dello sgombero, mentre altri sono rimasti e circa 10 sono stati arrestati. Le persone, ancora sul campo, che si rifiuteranno di andare via, verranno arrestate, ha dichiarato il governatore del North Dakota, Doug Burgum.

Il corpo degli ingegneri dell’esercito americano aveva avvisato che la zona sarebbe stata a rischio di “probabili inondazioni” e per questo andava chiusa. In seguito a questa comunicazione, il governatore Burgum ha firmato un ordine esecutivo, decidendo l’evacuazione obbligatoria delle persone presenti nel campo in quella che ha definito una “occupazione illegale”. Prima di andarsene, i manifestanti come segno di protesta hanno dato a fuoco ad alcune tende e strutture del campo (alcune persone sono rimaste ustionate, riporta Reuters).

I manifestanti, comunque, non si danno per vinti e nel comunicato esortano i sostenitori dei Sioux (che si sono autodefiniti i “protettori d'acqua”) a continuare a resistere organizzando mobilitazioni di massa e azioni in più luoghi:

I nostri cuori non sono sconfitti. La chiusura del campo non è la fine di un movimento o di combattimento, è un nuovo inizio. Essi non possono spegnere il fuoco che Standing Rock ha iniziato. Brucia dentro ognuno di noi.

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«Stiamo combattendo contro un sistema e abbiamo bisogno di farlo insieme. Dobbiamo ribellarci tutti insieme». Con queste parole Dallas Gooldtooth, uno degli organizzatori della campagna Indigenous Environmental Network, ha fatto un appello alle persone di tutto il mondo per lottare contro l’abrogazione dei diritti indigeni e per una grande mobilitazione di massa per Standing Rock in Nord Dakota, dove è prevista la costruzione di un oleodotto vicino la riserva dei Sioux.

Martedì scorso, i tecnici del Genio dell'esercito statunitense hanno annunciato l'imminente approvazione della fase finale della costruzione dell'oleodotto Dakota Access. In una lettera indirizzata al Congresso, il segretario dell'esercito Robert Speer ha comunicato che lo studio di impatto ambientale dell'oleodotto, previsto dalla precedente amministrazione, sarà annullato, concedendo un passaggio che permetterà alla compagnia Energy Transfer Partners (società nella quale Donald Trump ha investito, in passato, e il cui amministratore delegato ha finanziato la campagna elettorale dell'attuale presidente statunitense) di trivellare sotto il lago Oahe, lungo il fiume Missouri. L'esercito ha, inoltre, aggiunto di aver intenzione di sospendere il consueto periodo di attesa di 14 giorni previsto prima che l'ordinanza diventi operativa, consentendo, di fatto, l'inizio immediato dei lavori di trivellazione.

La decisione è arrivata dopo che lo scorso 24 gennaio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva firmato un ordine esecutivo con cui ha dato il via alla ripresa dei lavori per gli oleodotti Dakota Access e Keystone XL, in netta controtendenza con le decisioni assunte dal suo predecessore Barack Obama.

La costruzione dell'oleodotto Dakota Access, lungo 1.886 chilometri, permette il passaggio del greggio dalla città di Stanley in North Dakota fino a Patoka, un villaggio nell’Illinois, passando per il South Dakota e l'Iowa. Il costo complessivo del progetto è di 3,8 miliardi di dollari.

Negli scorsi mesi, a partire dal mese di aprile 2016, la costruzione del tratto finale dell’oleodotto è stata al centro di numerose proteste – con scontri e arresti – organizzate dai nativi americani Sioux che vivono nella riserva di Standing Rock, in North Dakota, che hanno manifestato per difendere i propri siti sacri, la propria storia, i propri diritti e l'ambiente, denunciando la possibilità, altamente probabile, che il progetto possa inquinare le loro riserve d'acqua.

Una foto delle proteste in North Dakota del dicembre 2016 – Lucas Jackson/Reuters

Alla luce delle decisioni di martedì, i membri della Standing Rock Sioux Tribe hanno promesso battaglia legale. In un comunicato emesso nella stessa giornata, il presidente del consiglio tribale Dave Archambault II ha dichiarato:

Come popoli nativi siamo di nuovo colpiti, ma ci rialzeremo, supereremo l'avidità e la corruzione che hanno afflitto i nostri popoli sin dal primo contatto. Invitiamo le nazioni native degli Stati Uniti a stare insieme, unirci e combattere. Sotto questa amministrazione, tutti i nostri diritti, tutto ciò che ci rende quello che siamo è a rischio. Rispettate la nostra gente e non venite a Standing Rock. Esercitate, invece, i diritti previsti dal Primo Emendamento e protestate con le vostre autorità statali, i vostri rappresentanti al Congresso, e Washington DC.

La decisione del Genio dell'esercito statunitense, per quanto largamente prevista, è giunta improvvisamente. Nella giornata di martedì, il presidente del consiglio tribale Dave Archambault II si era recato a Washington per porre in atto un ultimo tentativo di incontrare le autorità prima che venisse adottato qualsiasi provvedimento. Una volta giunto nella capitale e aver appreso la notizia, ha annullato un incontro fissato con la Casa Bianca, certo che le sue motivazioni non sarebbero state ascoltate.

Qualora la costruzione venisse completata, la Standing Rock Sioux Tribe ha promesso di chiudere l'impianto, senza spiegare le modalità. Intanto, ha invitato i propri sostenitori a partecipare a una marcia a Washington prevista il prossimo 10 marzo.

Le proteste hanno cominciato a diffondersi in tutto il paese. Martedì, il consiglio comunale di Seattle ha approvato all'unanimità un provvedimento che pone fine al rapporto con Wells Fargo alla scadenza del contratto, nel 2018, e che blocca i nuovi investimenti nei titoli dell'istituto per almeno tre anni, a causa del ruolo di finanziatore del progetto dell'oleodotto Dakota Access rivestito dal colosso bancario di San Francisco. La decisione è stata accolta da applausi e canti.

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Nella giornata di mercoledì, in almeno 19 città statunitensi, sono state organizzate manifestazioni a sostegno della battaglia condotta strenuamente dalla Standing Rock Sioux Tribe

Foto anteprima via Myron Dewey, scattata alle 19 di martedì 7 febbraio al Sacred Stones Camp, di fronte all'oleodotto Dakota Access.

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