La sinistra che si oppone al riarmo rischia di condannarsi all’irrilevanza e di consegnare l’Unione Europea ai regimi autoritari
7 min letturaIl Parlamento europeo ha votato la settimana scorsa una risoluzione non vincolante che stabilisce la linea sulla difesa e il riarmo. Le critiche più aspre alla risoluzione della Commissione europea sulla difesa e il riarmo sono arrivate da esponenti del della Sinistra (GUE/NGL). “Si trovano soldi per i carri armati ma non per gli ospedali”, ha detto l'eurodeputata francese Manon Aubry (La France Insoumise), osservando sarcasticamente: “è come se, all'improvviso, non ci fossero più il riscaldamento globale o la povertà, e l'unica priorità fossero i veicoli blindati”. Analogamente, Benedetta Scuderi dei Verdi ha sostenuto che “per la corsa al riarmo si mette in discussione tutto” a partire dalla spesa sociale. Altre voci si sono unite al coro, tra cui il co-presidente della Sinistra Martin Schirdewan e Danilo Della Valle del Movimento 5 Stelle, partito che ha inscenato una protesta sventolando slogan come "basta armi" o "+ sanità - armi".
In definitiva, la posizione di questi politici si riduce a: lasciamo che il mondo intorno a noi crolli, che i paesi vengano invasi, tanto non sono affari nostri. Dichiarano di voler preservare il loro modello sociale aumentando il budget per il welfare e limitando la spesa per la sicurezza - un ideale che qualsiasi politico di sinistra condividerebbe. Ciò che comodamente ignorano è che lo stesso modello sociale che cercano di proteggere è stato reso possibile proprio perché la sicurezza è stata esternalizzata ad altri attori, ovvero gli Stati Uniti. Ma cosa succede quando la sicurezza non è più garantita da questi attori?
Questa è una domanda che non affrontano mai, proponendo invece semplici slogan. La realtà della competizione di potere internazionale - che oggi vive uno dei momenti più drammatici degli ultimi decenni - è semplicemente ignorata.
Mentre la Francia, la Spagna, l'Italia o la Germania non devono affrontare una minaccia militare immediata, per la Polonia, gli Stati Baltici e i Paesi Nordici il pericolo è diretto. Quando il tuo vicino è una delle maggiori potenze militari del mondo, un paese che nell'ultimo decennio ha violato tutti i principali accordi internazionali, bombarda quotidianamente le città ucraine e sorpassa l'Europa nella corsa agli armamenti, la capacità di difendersi non è una “corsa agli armamenti”, ma un prerequisito per la sopravvivenza.
Alla base di questo problema c'è il rifiuto di vedere l'Europa come un progetto condiviso. Ironicamente, questo tipo di opposizione di sinistra alla difesa europea è una forma di nazionalismo camuffato. L'Unione Europea non è mai stata solo un progetto economico, ma un progetto politico e di sicurezza volto a prevenire le guerre, una lezione appresa dalle ripetute catastrofi del passato.
Ciò che rende questa posizione particolarmente dannosa per la sinistra è che rispecchiano l'isolazionismo dei partiti sovranisti di destra. Ciò è chiaramente illustrato dal voto di Alternative für Deutschland a fianco della sinistra. Tuttavia, a differenza della sinistra, la destra è coerentemente isolazionista. La loro posizione è diretta: rifiutano gli impegni militari esterni e si oppongono ai migranti, rafforzando una visione del mondo in cui contano solo gli interessi della loro nazione e nulla al di fuori dei loro confini merita attenzione. Questa posizione ha almeno il vantaggio della coerenza, che la rende più attraente per gli elettori che credono nell'interesse personale assoluto.
Al contrario, l'isolazionismo selettivo della sinistra - in cui le minacce alla sicurezza vengono ignorate, mentre persistono gli appelli alla solidarietà internazionale su questioni sociali e ambientali - manca di coerenza e non riesce a entrare in sintonia con un pubblico più ampio. Suscitando sentimenti isolazionisti ed egoistici, la sinistra populista coltiva un terreno emotivo che in ultima analisi avvantaggia la destra. Dopo tutto, se lo stato d'animo politico dominante è quello dell'egocentrismo nazionale, è la destra - non la sinistra - a offrire una visione più chiara.
Tuttavia, bisogna ammettere che le voci critiche di sinistra ed ecologiste che denunciano i piani di riarmo dell'Europa hanno pienamente ragione nel sottolineare che né la crisi climatica né la disuguaglianza sistemica sono scomparse. Si tratta effettivamente di minacce esistenziali per l'umanità. Ma hanno ragione a presentare la capacità militare e il sostegno all'Ucraina come un ostacolo nell'affrontare queste sfide globali?
In realtà, la lotta per la sicurezza e quella contro il cambiamento climatico sono profondamente interconnesse. Prendiamo ad esempio il consumo di combustibili fossili. La dipendenza dell'Europa - e in particolare della Germania - dai combustibili fossili russi a basso costo non è stata solo un disastro ambientale, ma anche una grave responsabilità geopolitica. La dipendenza energetica dalla Russia ha dato al Cremlino uno dei suoi più efficaci strumenti di influenza politica sull'Europa. Ha finanziato la macchina bellica russa e allo stesso tempo ha reso le nazioni europee vulnerabili al ricatto energetico.
Pertanto, il rapido sviluppo di fonti energetiche alternative non è solo un imperativo ambientale: è una necessità geopolitica. È proprio quello che chiedono gli ucraini e gli altri Stati minacciati dall'espansionismo russo. Le democrazie che si affidano a regimi autoritari per una questione così cruciale come l'energia stanno sabotando la propria sovranità e sicurezza.
Come giustamente affermato dall'europarlamentare Li Andersson, anche lei membro del gruppo della Sinistra, l'UE dovrebbe porsi l'obiettivo strategico di ridurre la dipendenza da attori esterni, compresi l'energia e la sfera digitale. Tuttavia, proprio in questo momento, secondo quanto riportato dal sito investigativo iStories le autorità tedesche, russe e statunitensi stanno discutendo la ripresa delle forniture di petrolio e gas russo alla Germania - una mossa che contraddice direttamente la sicurezza e l'indipendenza energetica a lungo termine dell'Europa.
Risolvere le sfide globali come cambiamento climatico e disuguaglianze sociali è senza dubbio una priorità, ma farlo in un quadro di isolamento e sovranismo è una contraddizione. In un mondo in cui il concetto di bene collettivo scompare e la politica è dettata unicamente dalla massimizzazione degli interessi nazionali, le forze che ne traggono vantaggio non sono quelle che sostengono la giustizia climatica o l'uguaglianza sociale.
Al contrario, un mondo del genere è proprio quello che Trump e Putin promuovono apertamente: un mondo in cui la natura e la vita umana sono risorse sacrificabili per il perseguimento del potere statale, al servizio degli autocrati che lo controllano. Questo non significa che le democrazie liberali diano automaticamente priorità alla natura e alla vita umana. La differenza, tuttavia, è che nei sistemi democratici c'è spazio per l'opposizione e la possibilità di imporre visioni alternative. Basta chiedere agli eco-attivisti e ai sindacalisti russi e cinesi quale sia la loro capacità di lottare per la giustizia sociale e climatica. Negli Stati Uniti, la presidenza Trump ha dimostrato quanto rapidamente i progetti ambientali e sociali possano essere smantellati e i loro valori messi a tacere e criminalizzati.
Né la vita umana né l'ambiente possono essere protetti in uno Stato che rientra nella “zona di interesse” di potenze imperiali autocratiche. L'ironia della sinistra isolazionista è che, rifiutando la cooperazione in materia di sicurezza, sta accelerando la propria irrilevanza politica. In un mondo dominato dalla politica incontrollata delle grandi potenze, loro e i loro valori saranno spinti ai margini, prima politicamente e poi fisicamente.
Il contratto sociale delle nostre società si basa sull'idea che lo Stato esista per proteggere i diritti e le libertà dei suoi cittadini, non per sacrificarli per ambizioni espansionistiche. I regimi autoritari considerano la vita umana come una risorsa sacrificabile da utilizzare per perseguire obiettivi geopolitici. Le democrazie sono vincolate da considerazioni etiche e politiche. Gli Stati autoritari possiedono un controllo centralizzato sui mezzi di comunicazione e una repressione efficace, che consente loro di condurre guerre con scarsa attenzione all'opinione pubblica. Mentre nelle democrazie i politici, concentrati sui cicli elettorali, danno priorità ai risultati a breve termine rispetto alle strategie a lungo termine.
Pertanto, le società democratiche hanno una vulnerabilità strategica intrinseca quando si confrontano con Stati autoritari aggressivi. Eppure, molte persone preferiscono aggrapparsi alla convinzione che la diplomazia, l'interdipendenza economica o la superiorità morale da sole ci impediranno un'eventuale aggressione militare. Questo pensiero velleitario porta all'inazione e a una vulnerabilità ancora maggiore che i regimi autoritari sfruttano efficacemente, dipingendo la resistenza ai poteri autocratici come inutile e non vincente.
Gli slogan astratti sulla “abolizione della guerra” rivelano non solo la mancanza di soluzioni pratiche, ma anche la mancanza di volontà di assumersi responsabilità. Permettono invece di sentirsi giusti senza impegnarsi nel difficile lavoro di governo e strategia. Rifiutando di confrontarsi con le realtà militari, questi movimenti diventano spettatori piuttosto che attori, commentando gli eventi piuttosto che plasmarli. Così facendo, in ultima analisi, cedono i compiti critici della sicurezza e della difesa a coloro cui si oppongono ideologicamente.
Invece di ritirarsi in una vuota retorica, la sinistra deve dare forma proattiva alle soluzioni. La sinistra deve unirsi per spingere una strategia di difesa in cui la sicurezza non sia finanziata tagliando i programmi sociali, ma aumentando le tasse sugli ultra ricchi. Come sostiene ancora Li Andersson, “sarebbe un errore storico finanziare tutto questo tagliando il welfare”, poiché una simile mossa non farebbe altro che alimentare l'ascesa dell'estrema destra. Il passo più immediato ed efficace sarebbe la confisca dei beni russi congelati e il loro rapido reinvestimento in aiuti militari per l'Ucraina. Tuttavia, La France Insoumise, il partito che Manon Aubry rappresenta al Parlamento Europeo, in questi giorni ha votato contro la confisca dei beni russi nel proprio parlamento nazionale. Mentre il Movimento 5 Stelle ha una storia di posizioni pro-Cremlino che includono il voto contrario alle sanzioni alla Russia prima dell'invasione su larga scala dell'Ucraina.
Se la sinistra non agisce concretamente di fronte all'aggressione, non solo perderà credibilità, ma perderà anche il suo ruolo nel plasmare il futuro dell'Europa.
Traduzione dall'originale in inglese a cura di Valigia Blu
(Immagine anteprima: frame via YouTube)
