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Si tratta di Zalone che imita Misseri, ma ancora non abbiamo il titolo

3 Dicembre 2011 3 min lettura

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Si tratta di Zalone che imita Misseri, ma ancora non abbiamo il titolo

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Fate conto che non ci siano cinquantenni in Apecar, con le polo in triacetato dai colori smorti, a spiegare al megafono che, donne, "È arrivato il censore morale, che cataloga secondo particolari schemi etici, estesi all'universo, il vissuto e il visto in 14 pollici". Fate conto che non ci siano, perché alla censura morale preferirei una grigliata tra i vigneti con Bonanni - nel senso della compagnia. Lui in stivali da pioggia e io che cerco di tenerlo sulle domande che gli faccio e che evita appena può. Fate conto che non ci siano perché sto per scrivere di Checco Zalone che imita Misseri e ho bisogno di premettere che al moralismo sconvolto dagli sketch per-niente-per-bene preferisco, appunto, Bonanni e le toffolette di zucchero semolato.

Ieri sera è andata in onda su Canale 5 una riproposizione televisiva dello spettacolo di Zalone - lo so si chiama Luca Medici. Resto Umile World Show. Michele Misseri annunciato, tra i personaggi: il comico - spalleggiato da Claudio Bisio - immagina lo zio di Avetrana dietro ai fornelli dei programmi culinari della mattina televisiva, pronto a "ritrattare" ingredienti, a piangere di botto, a eludere spiegazioni, Maccheroni per quattro, "anzi per tre". L'intento sembra quello dell'irridere il bigotto e voler imporre la risata su un argomento delicato, su un tabù che i "soloni" che ci si immagina di combattere e infastidire troverebbero indecente - e che per contrappasso agli strani conservatori italiani stile Libero-Il Giornale piace da impazzire. Ma questa è materia di studio di alcuni entomologi amici miei che, approfittando del mezzo, saluto.

Il movente dello sketch in sé, infatti, non somiglia ad altro se non alla volontà del voler far ridere del delitto di Avetrana come evento da sdoganare, e non tanto per una linea umoristica che, detto francamente, risulta piuttosto povera. La scenetta è irrimediabilmente triste, persino imbarazzante - Bisio fa spesso fatica a pronunciare il nome del paese pugliese o così sembra, meccanica, volutamente polemica, inemendabile. Che è quello che io e Bonanni di solito chiamiamo "caccotta". Ma c'è di più.

A innervosire è la pretesa "didascalica" della trovata, colta nelle ammissioni dello stesso comico: «La gag su Misseri verrà fatta in chiave intelligente, con una satira sociale e della tv che elimina ogni riferimento al fatto delittuoso e che si appella invece a Gaber e alla spettacolarizzazione della tragedia. Mi ritengo meno sfigato di chi strumentalizza questi eventi», dice Zalone. Che parla di "sfida", incurante degli "E che è!".

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È  difficile - comunque - scorgere la "chiave intelligente", e ancora di più l'intenzione dichiarata del voler denunciare, con il caricaturale, la perversa ossessione dei media per il delitto. Facendosi scudo della maniera in cui il giornalismo ne ha fatto colpevolmente macchietta, concedendo alla satira di raccontarne i personaggi con la propria lingua. Ma non può essere così.

Non è presente, questa linea. Non ce n'è traccia per tutta il tempo, fatta eccezione la parola-foglia-di-fico "audience": è nell'alibi di chi ha concepito la scena, un modo per tener il dito pronto, e teso, ai primi bisbigli di "È scandalo". Accompagnandolo con una pernacchia.

Il Misseri di Zalone ritratta le proprie verità, piange e ammette di non sapere "cosa mi è preso in quel momento", che "non l'ho trovata io". Nella farsa parla di maccheroni e cipolle, nella cronaca si tratta di una morta ammazzata in età prepuberale. Zalone gioca a voler nascondere il proprio genio, "oltre alla minchia c'è di più", ammicca. Bonanni è qui con me, ora, e dice che non è vero. E che "oltre alla minchia" c'è il dovere del silenzio, e del portare l'osceno a pisciare altrove.

Vincenzo Marino - @Ungormite
@valigiablu - riproduzione consigliata

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