Serbia, Ungheria, Romania: centinaia di migliaia di persone per strada contro i leader filorussi nell’Europa dell’Est
5 min letturaCentinaia di migliaia di persone sono scese in strada nel weekend a Budapest, Belgrado e Bucarest per manifestazioni separate contro i leader con posizioni vicine alla Russia.
In Ungheria almeno 50mila persone hanno marciato per chiedere la fine del governo di Viktor Orban, in carica da 15 anni, mentre in Serbia si è svolta la più grande manifestazione antigovernativa della storia recente e in Romania in migliaia hanno manifestato a sostegno dell'Unione Europea.
A Budapest, gli ungheresi sono scesi in piazza in massa contro Viktor Orban, considerato il più stretto alleato di Vladimir Putin tra i leader dell'Unione Europea, a favore del Partito Tisza, guidato da Peter Magyar, che sta guadagnando consensi tra l'opposizione filoeuropea. “Chi tradisce la propria nazione dovrebbe finire nella pattumiera della storia”, ha detto alla folla l'ex alleato di Orban, Magyar. “È giunto il nostro momento”.
Magyar ha promesso di creare un'Europa più forte, di porre fine a quello che considera un sistema di corruzione radicato e ha invitato gli ungheresi a formare un'ampia coalizione contro il governo di Orban. Il suo percorso politico è tuttavia molto lontano dalla sinistra. Magyar è infatti esponente di un populismo di centro-destra e figura direttamente legata a Orbán: è stato membro di Fidesz dal 2002 fino all’inizio del 2024.
In un’altra manifestazione per celebrare la rivoluzione ungherese del 1848, Orban ha promesso che il suo governo di destra avrebbe eliminato un “esercito ombra” globale composto da ONG, giornalisti e politici al servizio dell'Unione Europea e di un “impero americano liberale”.
In Serbia, per due giorni, centinaia di migliaia di persone hanno protestato a Belgrado contro il governo serbo e il presidente Aleksandar Vučić. Secondo un osservatore indipendente, circa 325mila persone si sono riversate per le strade di Belgrado, per quella che è stata definita la più grande manifestazione nella storia moderna della Serbia, nonostante i tentativi delle autorità di bloccare tutto, fermando anche i trasporti pubblici.
Migliaia di studenti hanno raggiunto la capitale, diffondendo messaggi di solidarietà nelle città più piccole lungo il percorso. Le strade della città erano gremite, con persone che occupavano diversi luoghi chiave. “Sono venuto per mio figlio, affinché il suo futuro possa essere migliore”, ha detto un manifestante a DW.
La protesta è stata inizialmente organizzata dagli studenti, che hanno bloccato la maggior parte delle università statali per oltre tre mesi. Professori, insegnanti, operatori sanitari, avvocati, professionisti IT, veterani di guerra, motociclisti e agricoltori hanno sostenuto le istanze degli studenti. “Siamo qui per sostenere questi giovani coraggiosi, persone che vogliono solo vivere in un paese in cui lo Stato di diritto funzioni, niente di più”, ha detto un anziano manifestante.
Gli studenti chiedono principalmente che venga fatta chiarezza sul crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad, nel nord della Serbia, che ha causato la morte di 15 persone a novembre. Tuttavia, l'indignazione più diffusa dell'opinione pubblica nei confronti della corruzione sistemica è rivolta al Partito progressista serbo (SNS) al governo e al presidente Aleksandar Vučić. I manifestanti accusano Vucic di consolidare il potere e smantellare le istituzioni.
“Questo è un momento raro in cui l'intera Serbia è unita sotto un'unica causa. Anche se il paese non cambierà dopo questo, sapremo che ci siamo mossi insieme e abbiamo fatto sentire la nostra voce“, ha detto un giovane presente alla protesta di Belgrado. “Da quando è iniziato, qualcosa è già cambiato: un cambiamento nella consapevolezza collettiva. Non è abbastanza, ma è un inizio fantastico”, ha aggiunto una giovane donna.
Durante le manifestazioni ci sono stati momenti di tensione. In particolare, durante un momento di silenzio di 15 minuti in ricordo delle vittime della stazione di Novi Sad, è stato udito un suono forte e inaspettato, descritto dai presenti come quello di un proiettile o di un aereo che si era schiantato. I video sui social media mostrano la folla disperdersi impaurita. Secondo l’analista militare Aleksandar Radic, potrebbe essersi trattato di un’arma acustica, un “cannone sonoro” presumibilmente a disposizione delle forze di sicurezza serbe.
Al momento gli studenti non hanno annunciato ulteriori azioni. Chiedono trasparenza e l’accertamento delle responsabilità sul crollo della tettoia di Novi Sad, che era stata ristrutturata e riaperta da Vučić appena nel 2022, e che il governo pubblichi tutta la documentazione relativa al progetto di ristrutturazione. Il primo ministro Milos Vucevic ha annunciato le sue dimissioni a fine gennaio, ma non sono mai state ratificate dall'Assemblea Nazionale e quindi resta in carica. Come il presidente Vučić che ha detto che resterà al suo posto e ha definito le opposizioni parte di un “cartello criminale”. Nei mesi scorsi Vučić aveva alimentato le tensioni affermando che ci sarebbe stato un tentativo di rovesciarlo con la forza e definendo le manifestazioni degli studenti una “rivoluzione importata” con il coinvolgimento delle agenzie di intelligence occidentali, senza però fornire alcuna prova.
L'unica certezza è che il movimento non si sta ritirando. Ai manifestanti non resta che trovare nuovi modi per mantenere la pressione. E se si dovesse accertare l’utilizzo di un “cannone sonoro”, non sono escluse nuove imminenti proteste.
I funzionari del Cremlino hanno anche accusato l'Occidente di aver orchestrato le manifestazioni in Serbia nel tentativo di estromettere Vučić. Tuttavia, i governi occidentali sono rimasti finora per lo più in silenzio rispetto alle proteste in Serbia probabilmente proprio per evitare di spingere ancora di più il presidente serbo nell’orbita di Mosca.
In Romania, infine, migliaia di persone si sono radunate a Bucarest per difendere il futuro del loro paese in Europa e per esprimere la loro opposizione al crescente sentimento nazionalista e antieuropeo. Nei giorni scorsi c’erano state manifestazioni di piazza da parte dei partiti di estrema destra a sostegno di Călin Georgescu, vincitore del primo turno delle presidenziali rumene 2024 e poi estromesso dalla ripetizione delle elezioni nel prossimo mese di maggio, dopo l’annullamento del ballottaggio lo scorso dicembre per presunte interferenze russe.
Georgescu è stato incriminato per incitamento ad azioni contro l'ordine costituzionale, comunicazione di informazioni false, false dichiarazioni in merito alle fonti di finanziamento della campagna elettorale e dichiarazioni patrimoniali, oltre che di costituzione di un'organizzazione di carattere fascista. Le indagini indicano possibili ingerenze russe nella sua campagna elettorale. Lui e Mosca hanno negato che il Cremlino si sia intromesso nella sua campagna.
Il 15 marzo migliaia di cittadini rumeni sono scesi nelle strade di Bucarest con bandiere blu dell'UE e tricolori della Romania, scandendo slogan anti-russi e portando striscioni con scritto “Unità e rispetto - L'Europa ci dà diritti”, o “Libera la mente - No alla dottrina russa”.
Immagine in anteprima: frame video WION via YouTube

Marina
Almeno per quanto riguarda la Serbia, le proteste sono contro la corruzione, non certo contro la dirigenza filorussa!