Paradosso scuola: tra cattedre vacanti, carenza di docenti di ruolo e un esercito di docenti precari
5 min letturaUn articolo del Fatto Quotidiano ha reso note alcune informazioni su un decreto a cui Ministero della Pubblica Istruzione e Palazzo Chigi starebbero lavorando per affrontare alcuni problemi urgenti della scuola. Il decreto, il cui contenuto è tuttora riservato, pare vertere sul nodo delle assunzioni dei docenti precari.
Nei giorni scorsi il ministro dell’Istruzione Bianchi ha specificato che non si tratta di realizzare una semplice sanatoria ma di stabilire criteri per differenziare tra situazioni diverse, basandosi su titoli ed esperienze accumulate, al fine di facilitare il progressivo inserimento dei docenti precari già attivi.
Come spesso avviene quando si affrontano questioni relative alla scuola nel dibattito pubblico, la notizia del decreto ha generato una evidente polarizzazione da parte delle maggiori fazioni politiche. In particolare è possibile distinguere due posizioni prevalenti: la posizione di chi spinge per affrontare il nodo delle assunzioni in tempi brevi, come il Partito Democratico, la Lega e i sindacati e chi, come il Movimento Cinque Stelle, ritiene che si debba proseguire per la strada dei concorsi già pianificati i quali, del resto, sarebbero a loro avviso sufficienti per coprire nei prossimi mesi i posti vacanti (su questa linea si è espresso anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Non è mai facile comprendere il dibattito pubblico sulla scuola italiana. In esso converge una molteplicità di questioni: nuove emergenze ma anche ormai annosi problemi del sistema scolastico. Uno sguardo d'insieme sull'organico scolastico può aiutare a orientarsi meglio.
La prima questione da considerare è la previsione sulla composizione dell’organico di ruolo per il prossimo anno scolastico. Qualche settimana fa un’indagine della Cisl scuola riportava il dato di un buco di circa 100mila insegnanti di ruolo a partire da Settembre.
Se 30.000 sono i docenti che andranno in pensione, il numero più consistente (65.000) riguarda le cattedre rimaste vacanti dagli anni precedenti e che non sono ancora state assegnate a docenti di ruolo. In aggiunta a queste, è bene menzionare anche i 5.000 docenti di sostegno che, secondo la legge di bilancio approvata dal governo a dicembre 2020, dovrebbero essere aggiunti all’organico.
Si tratta di una lacuna enorme che, se non adeguatamente colmata, renderà necessario il ricorso a un grande numero di supplenti. Queste supplenze si aggiungerebbero al cosiddetto organico di sostegno per gli studenti con disabilità (30.000 unità), che viene assegnato ogni anno in deroga ad altri docenti non di ruolo, e alle supplenze aggiuntive previste per far fronte alle difficoltà connesse all’andamento della pandemia, quest’anno ammontate a 60.000, che sembrano essere confermate anche per il prossimo anno, sebbene non più sotto il nome di “personale covid”. Il totale dei supplenti non di ruolo previsti sfiora dunque le 200.000 unità.
Il ricorso a un così grande numero di docenti non di ruolo crea dei grossi problemi, sia di tipo organizzativo, visto lo sforzo necessario per mobilitare un così ampio numero di docenti, sia relativi alla qualità dell’offerta formativa, data la difficoltà di garantire il regolare insegnamento nei casi in cui non sia possibile reperire le supplenze necessarie.
A sconfortare è anche il fatto che si tratta di una situazione già presentatasi, con numeri molto simili, nel precedente anno scolastico 2020/2021, quando si era dovuto far fronte alla mancanza di 85.000 cattedre a settembre con un numero totale di supplenze tra le 130.000 e le 160.000 unità. Questo aveva portato a una difficile ricerca di supplenti e al ricorso a soluzioni di emergenza, come l’introduzione di orari ridotti, o all’impossibilità di garantire il regolare svolgimento delle lezioni.
Si potrebbe pensare che si tratti di una situazione di emergenza dovuta alla pandemia. Tuttavia, per quanto, come già detto, la pandemia abbia richiesto in effetti il ricorso a un personale aggiuntivo specifico, questo non rappresenta che una piccola parte delle supplenze totali. Analizzando la situazione degli anni passati è facile invece constatare che il ricorso alle supplenze è un vero e proprio strumento mediante cui, ormai da anni, si cerca di colmare un deficit radicato di docenti di ruolo. Ma come mai è così difficile assumere nuovi docenti di ruolo?
Attualmente le vie per immettere nuovi docenti di ruolo sono due: le graduatorie a esaurimento, che contengono docenti abilitati in attesa di entrare di ruolo, e le graduatorie dei concorsi (a queste vanno aggiunte le graduatorie delle fasce aggiuntive).
Per quanto riguarda la via delle assunzioni mediante le graduatorie a esaurimento e delle fasce aggiuntive, esse non sembrano garantire un’immissione di ruolo regolare. A settembre del 2020, su 84.808 insegnanti nominati dalle graduatorie, solo 24.400 erano poi passati di ruolo (similmente, nell’anno precedente c’erano state circa 22mila assunzioni su 57.322 nomine). È chiaro che 22.000 assunzioni sono a malapena sufficienti per coprire i docenti che vanno in pensione e questo lascia la gran parte dei posti di ruolo vacanti.
Al contempo, anche la via del concorso sembra piena di difficoltà. L’ultimo concorso della scuola concluso risale al 2018, e sia il nuovo concorso straordinario che il nuovo concorso ordinario, indetti ad aprile 2020, hanno subito notevoli rallentamenti per via delle difficoltà legate alla pandemia. Per quanto riguarda il concorso straordinario, indetto per assumere in ruolo almeno una parte dei docenti precari (32mila docenti con almeno tre annualità di servizio), le prove si sono concluse a febbraio, ma si attende ancora la pubblicazione dei risultati. Il concorso ordinario 2020, invece, è sospeso da ormai più di un anno dalla pubblicazione del bando. Anche ammesso che possa ripartire davvero a maggio, come riportato nel DL 1 aprile 2021, visti i tempi necessari per organizzare e effettuare le prove, è da escludere che possa davvero servire a colmare i posti vacanti per il prossimo anno scolastico.
Il sistema italiano presenta dunque un evidente paradosso: da un lato un numero enorme di cattedre vacanti, con i problemi accennati in termini di offerta formativa e organizzazione dei nuovi anni scolastici, dall'altro l'impossibilità per numerosi docenti precari di venire immessi in ruolo per ricoprire quelle stesse cattedre. La classe dei lavoratori precari, che attualmente compone quasi un terzo dei lavoratori effettivi nella scuola, va a colmare le lacune profonde del sistema di assunzione della scuola italiana.
Già l'anno scorso mostravamo che, in un sistema universitario e scolastico che non prevede alcun percorso formativo e di inserimento per i neolaureati desiderosi di intraprendere la via dell'insegnamento, l'unica possibilità è proprio quella di iniziare a insegnare da supplente e senza preparazione.
Allo stesso tempo, c’è un consistente numero di insegnanti che lavorano invece da anni come docenti precari, che hanno eventualmente anche frequentato in passato percorsi formativi, successivamente eliminati, e che attendono concorsi regolari per ottenere finalmente un posto di ruolo.
Data la situazione e in assenza di concorsi regolari, o di un percorso alternativo di immissione efficiente che possa sostituirlo, appare paradossale continuare a paventare rischi di “sanatorie”. Come abbiamo visto, non mancano docenti non di ruolo competenti, che svolgono supplenze da anni e che avrebbero tutte le qualifiche e le competenze per poter essere inseriti come docenti di ruolo. Allo stesso tempo però è chiaro che dietro queste difficoltà non c’è l’irruzione di avvenimenti inaspettati o stati di emergenza temporanei ma un problema strutturale ben più radicato che necessiterebbe di un ripensamento profondo del sistema di inserimento dei docenti.
Intanto, c’è da augurarsi che il nuovo decreto possa servire perlomeno ad affrontare il problema più imminente relativo all'inizio del prossimo anno scolastico e scongiurare un'altra corsa alle supplenze, con probabili difficoltà organizzative e mancanze nell’offerta formativa.
Immagine in anteprima: Luigi Catalani, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons