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Tornare a scuola ai tempi della COVID-19: bisogna considerare non solo i rischi sanitari ma anche quelli sociali e psicologici

29 Giugno 2020 9 min lettura

Tornare a scuola ai tempi della COVID-19: bisogna considerare non solo i rischi sanitari ma anche quelli sociali e psicologici

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La buona notizia è che la scuola riaprirà, tra più di due mesi e mezzo. Dopo 7 mesi di sospensione, dal 14 settembre si potrà tornare in classe o almeno potrà farlo chi accederà a un istituto adempiente alle misure che saranno introdotte per la prevenzione e il contenimento della trasmissione del virus SARS-CoV-2. Le misure sono tutte da definire.

Come stabilito dal Piano scuola 2020-2021 rilasciato dal Ministero dell'Istruzione, saranno le Regioni a istituire tavoli operativi con le rappresentanze degli Enti locali e della Protezione civile per accertare i requisiti degli edifici scolastici e individuare eventuali spazi aggiuntivi, per organizzare la rete di trasporti locali e per assicurare la frequenza a alunne/i e studenti con disabilità.

Dovranno essere rispettate le misure igienico-sanitarie e di distanziamento stabilite dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) nel documento del 28 maggio e negli aggiornamenti successivi, inclusa la decisione sull'obbligo di mascherina in classe che sarà valutata “a ridosso della ripresa scolastica” in base agli andamenti locali dell'epidemia e “una volta che possa essere garantito l’assoluto rispetto del distanziamento fisico”. L'eventuale obbligo non riguarderà in ogni caso le scuole dell'infanzia (l'obbligo è previsto dall'età di 6 anni ma appare più corretto sia definito a partire dalla scuola primaria per includere gli/le alunni/e anticipatari/ie).

La riorganizzazione delle attività didattiche sarà orientata alla flessibilità inerente all'autonomia delle singole istituzioni scolastiche che potranno avvalersi di diversi strumenti come il raggruppamento interno a una classe, tra diverse classi o tra diversi anni di corso, i turni differenziati, la rimodulazione dell'orario settimanale, l'aggregazione delle materie in ambiti disciplinari, l'integrazione delle attività in presenza con la didattica a distanza.

Inoltre, dal 1° settembre saranno attivati i progetti di recupero per alunne e alunni che necessitino il “consolidamento dei contenuti didattici e delle competenze maturate nel corso dell’a.s. 2019-2020”.

Spetterà alle istituzioni scolastiche occuparsi delle campagne informative sulla sicurezza e sulle misure di prevenzione per contenere i rischi di diffusione del virus SARS-CoV-2, da svolgersi in presenza e/o a distanza e rivolte a personale, allieve/i e famiglie.

Nel sopracitato documento del CTS si richiedeva ad alunne/i e studenti di tornare a scuola con responsabilità, attenendosi alle indicazioni generali relative alle misure di protezione, senza però prevedere percorsi specifici per allenare nuovi comportamenti e nuove abitudini.

Il controllo della diffusione del contagio dell'infezione dal nuovo coronavirus è stato possibile proprio per l'adozione di una serie di comportamenti di protezione e di prevenzione da parte di tutta la popolazione e in tutte le fasce di età. La promozione di tali comportamenti attraverso una chiara comunicazione continua a costituire la difesa più efficace contro l'epidemia, in assenza di un vaccino e di terapie farmacologiche mirate.

Per bambine/i e ragazze/i è fondamentale che siano proposti dei modelli per il mantenimento di nuovi comportamenti. Come rilevato dai ricercatori Andrews, Foulkes e Blakemore, i social media offrono ancora una volta un'enorme risorsa che dovrebbe essere adottata dalle istituzioni per promuovere la diffusione di esempi e messaggi da parte di giovani che mantengono il distanziamento nella socializzazione e creano strategie innovative per farlo. Difatti, la richiesta di aderire alle regole del distanziamento può essere colta dalle/dagli adolescenti come una sfida a esporsi a comportamenti a rischio per la propria salute e per la salute degli altri, a meno che non sia veicolata da coetanei o modelli di riferimento. Se si considera l'elevata sensibilità all'influenza dei pari sui comportamenti a rischio, le/gli adolescenti possono diventare parte attiva di campagne che incoraggiano i giovani a seguire le misure di sicurezza sanitaria.

Nel Piano scuola si fa anche cenno al fatto che, in caso di nuova sospensione delle attività didattiche, dovrà essere garantita e sarà appositamente regolamentata “la frequenza scolastica in presenza, in condizioni di reale inclusione, degli alunni con disabilità e degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione”.

Si tratta di un rischio effettivo che può riguardare una scuola nella quale sia individuato un focolaio di infezioni e la regolamentazione della continuazione della didattica per alcune categorie di alunne/i e studenti permetterà di non trascurare ulteriormente bisogni e diritti.

È ancora presto per trarre conclusioni definitive sull'effetto della riapertura delle scuole, perché le chiusure e le riaperture si verificano insieme ad altri interventi di contrasto alla diffusione del virus, ma i primi dati ci dicono che questo rischio è stato molto contenuto nelle scuole che hanno riaperto a circa un mese dal picco epidemico, mentre si è registrato un aumento dei casi in quei paesi che hanno aperto prima del superamento del picco o dove non avevano un solido sistema di tracciamento dei contatti e di rilevamento dei contagi tramite i tamponi (fonte CGD).

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Nel Piano scuola non si fa alcun riferimento a un percorso di transizione psico-educativa per il ritorno a scuola, in modo da accogliere e elaborare le esperienze traumatiche di alunne/i e studenti che siano stati colpiti direttamente dalla COVID-19, che abbiano affrontato lutti, che abbiano vissuto il lungo periodo di isolamento in condizione di deprivazione didattica e sociale o in contesti critici, che si sentano più vulnerabili per il rientro in classe. Vi è un unico cenno alla “prosecuzione degli specifici protocolli con gli ordini degli psicologi per la gestione degli effetti emotivi del lockdown sugli alunni, sul personale della scuola e sulle famiglie”.

È ancora più sorprendente che nel documento del CTS del 28 maggio la parola “psicologiche” venisse menzionata solo una volta, a pagina 4, per descrivere il grave impatto indiretto dell’isolamento, senza indicare alcun tipo di percorso per affrontarlo: “La sospensione delle attività scolastiche e il successivo isolamento hanno determinato una significativa alterazione della vita sociale e relazionale dei bambini e ragazzi determinando al contempo una interruzione dei processi di crescita in autonomia, di acquisizione di competenze e conoscenze, con conseguenze educative, psicologiche e di salute che non possono essere sottovalutate”.

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Bambine/i e adolescenti erediteranno tutte le conseguenze della pandemia e formano quella che in un editoriale di Lancet è definita la Generazione C, quella delle perdite e delle privazioni da COVID-19. Purtroppo, il richiamo delle principali organizzazioni scientifiche e cliniche agli effetti indiretti della pandemia su bambine/i e adolescenti è stato tardivo e, anche in Italia, i vari “allarmi” sono stati lanciati solo alla fine dell'anno scolastico. Per Lancet la responsabilità ora spetta alla politica, chiamata non solo a fornire quello che manca – “pasti, vaccinazioni ed esami” – ma anche a ricostruire il futuro da garantire a bambine/i e adolescenti che dovranno essere parti attive del processo, se vogliamo che “la Gen C rappresenti qualcosa di più del coronavirus”.

Molte azioni più concrete e mirate per la riapertura delle nostre scuole possono essere ancora intraprese, tenendo conto non soltanto dei rischi sanitari dell'epidemia ma anche degli alti e indiretti rischi sociali, economici e di salute psicologica a medio e lungo termine a cui sono già esposte le giovani generazioni mentre vanno approfondendosi le disuguaglianze.

In un editoriale dell'Observer del 20 giugno sono state elencate le azioni da intraprendere per la riapertura delle scuole del Regno Unito e per ridurre l'impatto psicosociale della pandemia sui più giovani. Le proposte si articolano in otto punti: il supporto urgente agli asili nido; un piano dettagliato per la riapertura di tutte le scuole a settembre; un programma gratuito di attività estive strutturate aperto a bambine/i e ragazze/i dai 5 ai 18 anni; l'assegnazione a ogni istituto scolastico di una/o specialista di salute mentale in età evolutiva; un programma di investimenti in servizi per bambine/i e ragazze/i vulnerabili e per le loro famiglie; un servizio civile per giovani tra 18 e 25 anni che offra un lavoro garantito e pagato per sei mesi; la riduzione delle tasse universitarie; investimenti per tutti i giovani che concludono la scuola secondaria di secondo grado, indipendentemente dal fatto che vadano o meno all'università.

Nelle linee guida COVID-19 sulla riapertura delle scuole, adottate congiuntamente da UNICEF, UNESCO, Banca Mondiale e Programma Alimentare Mondiale, sono state identificate le azioni essenziali da attuare Prima della riapertura, come Parte del processo di riapertura e A scuole aperte.

Due aree di queste linee guida sono rilevanti e sono state le più trascurate nel Piano scuola ministeriale e nel documento del CTS. Riguardano le azioni concrete per assicurare il benessere e l'attenzione ai gruppi più vulnerabili.

Si tratta di indicazioni di carattere globale con azioni concrete da adattare al contesto locale.

Nell'area di “Benessere e protezione”:

Prima della riapertura delle scuole occorre “garantire il pagamento continuo e regolare degli stipendi dei docenti, con particolare attenzione a quelli con contratti precari, per attenuare le tensioni e promuovere il benessere”.

Parte del processo di riapertura bisogna “aumentare l'offerta di servizi di supporto psicosociale e di salute mentale che affrontino la stigmatizzazione/discriminazione e sostengano i bambini e le loro famiglie nell'affrontare le continue incertezze legate alla pandemia; condurre una verifica dei rischi per gli insegnanti e per gli altri membri del personale (considerando età, condizioni croniche e altri fattori di rischio), quindi adottare una strategia per il rientro a scuola in modo graduale; ripristinare la regolare e sicura erogazione dei servizi essenziali. Questo include, ma non solo, la nutrizione fondamentale, i servizi igienici e i servizi sanitari come l'alimentazione scolastica, le campagne di vaccinazione, i programmi di protezione (PSP, violenza di genere, abusi, ecc.) e i servizi specializzati per i bambini con disabilità”.

A scuole aperte occorre “condividere informazioni chiare, concise e accurate sul COVID-19, normalizzare i messaggi sulla paura e l'ansia e promuovere strategie di prevenzione non solo per gli studenti e le loro famiglie, ma anche per gli insegnanti e tutto il personale scolastico; rivedere e migliorare le procedure di reindirizzamento, in particolare per i casi gravi. Verificare che tutti i responsabili siano a conoscenza degli altri servizi di assistenza, compresi i servizi relativi alla violenza di genere (GBV), allo sfruttamento e abuso sessuale (PSEA) e ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva (SRH); laddove i servizi non siano disponibili presso la scuola, rafforzare i sistemi di reindirizzamento, anche per i servizi per la salute sessuale e riproduttiva che sono di supporto ai giovani e pienamente accessibili”.

Nell'area “Raggiungere i più emarginati”:

Prima della riapertura delle scuole è necessario “erogare finanziamenti per l’istruzione direttamente alle scuole più colpite dalla crisi, per esempio attraverso sovvenzioni basate su formule che diano priorità ai più emarginati. In termini di meccanismi, prendere in considerazione borse di studio scolastiche e trasferimenti di contante (condizionato o incondizionato) agli studenti; adattare le politiche e le pratiche di apertura della scuola per ampliare l'accesso ai gruppi emarginati, come i bambini precedentemente non scolarizzati, i bambini sfollati/migranti e le minoranze. Diversificare ed estendere le comunicazioni fondamentali, rendendole disponibili nelle lingue pertinenti, in formati accessibili e adattandole alle popolazioni interessate; adottare misure specifiche per ridurre i rischi per le ragazze e altri gruppi emarginati mentre sono fuori dalla scuola, attraverso un maggiore impegno da parte della comunità e migliori interventi”.

Parte del processo di riapertura è necessario “ove possibile rinunciare alle tasse scolastiche […] ed eliminare altre barriere all’ingresso per massimizzare i tassi di reiscrizione...”.

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A scuole aperte è necessario “dare priorità ai finanziamenti a supporto delle nuove esigenze di recupero, soprattutto per gli studenti svantaggiati; garantire materiale didattico/piattaforme di apprendimento, informazioni, servizi e strutture accessibili alle persone con disabilità. Le informazioni e le comunicazioni in materia di salute pubblica dovrebbero essere disponibili in molteplici formati accessibili anche per coloro che soffrono di menomazioni uditive o visive. Dovrebbero essere apportate modifiche per garantire l'accesso all'acqua, all'igiene e ai servizi igienico-sanitari. Pianificare la continuità dei servizi di assistenza in caso di chiusura delle scuole”.

Le modalità con cui riapriranno le nostre scuole tracceranno il futuro di bambine/i e ragazze/i e saremo noi adulte e adulti, assieme alle istituzioni scientifiche e governative, a essere responsabili dei diritti, delle opportunità e delle risposte che daremo alla generazione cresciuta durante la pandemia della COVID-19 e i suoi duraturi effetti.

Foto anteprima di Alexandra_Koch via Pixabay

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