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Proteste, scioperi, boicottaggi: nel Regno Unito si moltiplicano le mobilitazioni

17 Settembre 2022 13 min lettura

Proteste, scioperi, boicottaggi: nel Regno Unito si moltiplicano le mobilitazioni

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12 min lettura

Il 5 settembre è stato nominato il nuovo leader del partito Conservatore britannico. A succedere a Boris Johnson è Liz Truss, che ha battuto l’ex ministro dell’Economia Rishi Sunak. Truss ha poi ricevuto ufficialmente l’incarico di premier dalla regina, il giorno successivo - ultimo atto ufficiale di Elisabetta II prima della morte. 

La campagna tra i due candidati ha visto entrambi mostrare un repertorio di promesse legate a tagli fiscali, liberalizzazioni e stretta sui diritti. Tra le varie promesse, Truss ha parlato di pugno duro contro l’immigrazione e di rivedere l’adesione del Regno Unito alla CEDU. Ha scongiurato qualunque tassa “una tantum” per le compagnie del settore energetico perché darebbe un “messaggio negativo agli investitori”, e si è detta disposta a rivedere l’obiettivo Net Zero

Come già dicevamo quando Johnson ha annunciato le proprie dimissioni, il partito Conservatore ha dunque scelto di proseguire a testa bassa verso la direzione intrapresa negli ultimi anni. La Brexit, del resto, è stata soprattutto una chiave di volta per avere le mani libere nelle deregolamentazioni, una volta venuti meno i vincoli imposti da Bruxelles. 

Ma fuori dalla consistente bolla conservatrice e dall’ampia maggioranza in Parlamento, è ormai chiaro a chiunque segua la politica del Regno Unito che i Tory non sono più maggioranza del paese - anche per i sondaggi. Inflazione, conseguenze della Brexit e della pandemia, rincari dell’energia: sono tutti fattori che, negli ultimi mesi, hanno via via mobilitato sindacati e cittadini, con scioperi, proteste e campagne di boicottaggio dal basso. Come scritto ad agosto dal Guardian, i sindacati sono diventati “la nuova opposizione ufficiale nel Regno Unito”.

Scioperi

Uno dei momenti chiave delle mobilitazioni sindacali si è avuto a giugno, quando sono entrati in sciopero i lavoratori del settore trasporti. Al principale sindacato, la National Union of Rail, Maritime and Transport Workers (RMT) si sono poi unite altre sigle minori. Per il mese di settembre sono previsti ancora scioperi a catena dei treni

Per il settore, il blocco dei trasporti ferroviari organizzato a giugno è stata la mobilitazione più grande nel Regno Unito degli ultimi 30 anni. A far scattare le proteste è stato, oltre alla minaccia di licenziamento di circa 2000 dipendenti (più di 2500 secondo il sindacato), il rifiuto di adeguare i salari all’aumento del costo della vita. Troppo bassa la percentuale offerta da Network Rail, la società britannica che gestisce le ferrovie.

Gli scioperi hanno portato alla ribalta Mickael Lynch, il leader sindacale della RMT. Col suo stile serafico e la parlata schietta ha saputo più volte mostrare i nervi scoperti della stampa nel trattare le questioni delle classi lavoratrici. In particolare nel trattare gli scioperi come qualcosa che crea “disagi alle persone”, o persino foriero di violenza. Il noto conduttore Piers Morgan, in un segmento alquanto surreale, ha cercato di metterlo alle strette attraverso la foto profilo Facebook del sindacalista, che ritrae il cattivo della vecchia serie Thunderbird

Mobilitazioni analoghe stanno coinvolgendo anche il settore delle telecomunicazioni con tecnici e lavoratori dei call centre di BT Group in sciopero per la prima volta dopo 35 anni. A guidare gli scioperi è il sindacato dei lavoratori delle comunicazioni (CWU). Alla fine di luglio gli scioperi hanno visto l’adesione di 40 mila persone per protestare contro gli aumenti proposti, ritenuti insufficienti a fronte dell’inflazione crescente. Come fatto notare dal sito Novara Media, il direttore esecutivo di BT Group nel 2021 ha ottenuto un aumento del 32%, portando il suo stipendio a 3 milioni e mezzo di sterline all’anno. Ai lavoratori è stato invece offerto un aumento di 1500 sterline annue.

Sempre la CWU ha organizzato una serie di scioperi per i lavoratori del servizio postale, la Royal mail. Secondo il sindacato circa il 96% dei votanti tra gli iscritti si è espresso in favore dell’agitazione sindacale. La partecipazione per le 4 giornate di sciopero, divise tra agosto settembre, è state di oltre 115 mila lavoratori. Anche i manager del Royal mail group, a fronte di un taglio di 700 posti di lavoro, hanno scioperato lo scorso luglio. Il sindacato promotore, Unite the Union, lamenta inoltre migliaia di ore non pagate: la prospettiva di tagli implicherebbe quindi turni ancora più massacranti e ulteriori disagi nelle retribuzioni.

Unite the Union, sindacato che conta oltre un milione di iscritti, è anche il principale finanziatore del partito Laburista inglese. Le due organizzazioni sono arrivate allo scontro a febbraio, quando Sharon Graham, segretaria generale del sindacato, ha minacciato di sospendere il finanziamento al partito Laburista. Oggetto della disputa, lo sciopero degli autisti della nettezza urbana a Conventry. La città, amministrata dai laburisti, per far fronte all’interruzione del servizio aveva aperto siti temporanei per la raccolta di rifiuti, e assunto autisti di camion della spazzatura per sostituire gli scioperanti.

Graham è un’altra figura che si sta imponendo a sinistra nel panorama politico del Regno Unito: da quando ha assunto il comando del sindacato, l’organizzazione - secondo quanto dichiarato - ha vinto l’80% delle dispute e rimesso circa 150 milioni di sterline nelle tasche dei suoi iscritti. Dal canto suo, il partito Laburista fatica a trovare una bussola in questa tempesa di mobilitazioni. A luglio, infatti, Keir Starmer, leader del partito, ha tolto l’incarico di ministro ombra per il lavoro a Sam Tarry. La colpa di Tarry - ufficialmente - è stata quella di aver concesso un’intervista mentre aderiva a un picchetto di protesta dei ferrovieri. Partecipando al picchetto, tuttavia, Tarry è andato contro la decisione di Starmer e del suo team di tenere lontano i membri del governo ombra da manifestazioni e picchetti.

Quello degli operatori ecologici è uno dei settori che sta provocando i maggiori disagi a causa degli scioperi. Nella capitale scozzese di Edimburgo, per esempio, lo sciopero a oltranza indetto dal 18 agosto è piombato direttamente durante la stagione degli importanti festival che si tengono in città. In tutta la Scozia la categoria ha scioperato nelle principali città nella settimana dal 24 al 31 agosto, facendo temere possibili infestazioni di topi. Per ora gli scioperi sono stati sospesi per discutere una proposta di aumento.

Un altro settore chiave che si è mobilitato è quello della sanità, già stressato dalla pessima gestione della pandemia del governo Johnson, e dalle politiche di austerità. Il personale infermieristico a fronte della mancanza di personale e delle condizioni di lavoro usuranti, ha rifiutato gli aumenti proposti e minaccia scioperi in Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

Anche settori generalmente associati a buone retribuzioni e migliori condizioni di lavoro si sono mobilitati. È il caso degli avvocati penalisti in Inghilterra e Galles, che sono impegnati in un braccio di ferro iniziato ad aprile ora è culminato con l’annuncio di scioperi a oltranza. L’associazione di categoria (la Criminal Barrister Association) chiede un aumento per gli avvocati praticanti (i junior barrister) e un incremento del 25% della retribuzione prevista per chi concede il gratuito patrocinio, assumendo la difesa degli imputati che non possono permettersi di pagare spese legali.

Anche il personale universitario ha dato vita negli scorsi mesi a numerosi scioperi, in Inghilterra, Galles e Scozia, per chiedere un aumento dei salari. Secondo l’University and College Union è dal 2016 che il settore non conosce un’agitazione sindacale su così larga scala. Secondo un rapporto pubblicato nel luglio di quest’anno, nei college inglesi 8 dipendenti su 10 rischiano gravi contraccolpi economici dall’attuale crisi. 

A fronte di un quadro ancora più vasto di quanto descritto finora, c’è da registrare come in questa ondata di agitazione si sommino vari fattori. Oltre al quadro economico, c’è una schiera di leader sindacali che ha perfettamente il polso della situazione, dei conflitti rimasti sotto traccia per troppo tempo. Ma, come spiegato da Frances Lorraine O'Grady, segretaria generale del Congresso sindacale britannico (TUM), tra i fattori decisivi di queste mobilitazioni c’è anche “l’aver scoperto cosa sta accadendo nei consigli di amministrazione". Il divario tra i profitti al rialzo di chi decide tagli e licenziamenti, i bonus che vengono incassati mentre i giornali magari consigliano come risparmiare sul cibo o l’energia è diventato un argomento fin troppo efficace.

Boicottaggi e proteste per gli aumenti di luce e gas

In un simile clima, il governo Johnson ha latitato rispetto alle principali incombenze. Rimasto formalmente in carica dopo le dimissioni, in attesa che la regina nominasse il successore alla carica di Primo ministro una volta terminate le primarie di partito, Johnson si è fatto notare soprattutto per i periodi di vacanza. Fonti vicine a Downing Street hanno parlato persino di “governo zombie”, quando il premier uscente si è rifiutato di partecipare un incontro di emergenza con le compagnie energetiche. Lo stesso parlamento è rimasto praticamente fermo questa estate, e la situazione probabilmente non migliorerà fino a ottobre.

La crisi energitica non ha però fatto altrettanto, ad agosto l’OFGEM (l’ufficio per i mercati di gas ed energia) ha annunciato per ottobre un incremento del tetto delle bollette, con una spesa media di circa 3.500 sterline per nucleo familiare, pari all’80% in più. Per gennaio, invece, l’OFGEM ha previsto un ulteriore aumento, e il prospetto attuale prevede che i prezzi delle bollette saliranno alle stelle. 

Il quadro delineato da questi aumenti è a dir poco drammatico. Si prevede che la metà delle famiglie andrà incontro a seri problemi nel riscaldare casa, con conseguente impatto sulla salute fisica e mentale.

Se a luglio il governo aveva previsto un programma di bonus per far fronte ai precedenti scaglioni di aumenti, è probabile che l’attuale regime di costi per luce e gas renderà comunqe insufficienti i bonus previsti. Per questo motivo i partiti di opposizione stanno chiedendo un congelamento delle tariffe.

Quali che saranno i provvedimenti presi da Liz Truss, sono partite mobilitazioni e proteste anche sul versante bollette. Il 26 agosto, a Glasgow, fuori dalla sede della OFGEM alcuni attivisti hanno dato fuoco alle bollette. La protesta fa parte della campagna Power to the people, lanciata dal consigliere comunale laburista Matt Kerr e dalla sindacalista Frances Curran. “C’è questa sensazione, che in questo momento la nostra politica, nel senso più ampio del termine, stia deludendo le persone. L'idea che l'aumento dei costi dell'energia sia tutto fuorché una scelta politica è piuttosto sciocca”, ha dichiarato Kerr a STV News

A livello nazionale, invece, sta facendo discutere la campagna Don’t pay UK, lanciata a giugno proprio in previsione della comunicazione di OFGEM prevista per agosto - quando già si sapeva che ci sarebbero stati rincari, ma senza conoscerne l’entità. L’obiettivo dichiarato sul sito è di portare almeno un milione di persone a boicottare le compagnie energetiche, sospendendo l’addebito diretto delle bollette di ottobre: ciò per chiedere naturalmente tariffe compatibili con il costo della vita.

Formalmente gli organizzatori si descrivono come “un gruppo di amici” che, preoccupato dagli aumenti, confrontandosi e parlando con le proprie famiglie e le proprie comunità ha compreso di dover fare qualcosa. Di questo nucleo fa parte Jake Cable, che intervistato durante il programma televisivo Good morning Britain ha spiegato perché stanno chiedendo alle persone di “rubare l’elettricità” non pagando le compagnie.

Oltre al materiale divulgativo e promozionale per diffondere la campagna, sul sito di Don’t pay UK sono presenti inoltre dettagliate informazioni su come comportarsi con le compagnie per evitare problemi di morosità, distacchi di luce, o di finire nelle liste di cattivi pagatori. Sono cioè spiegati tutti i rischi cui va incontro chi partecipa al boicottaggio e le strategie adottabili per minimizzare i danni. Naturalmente una larga adesione renderebbe impossibile alle compagnie rivalersi di ogni morosità.

È difficile valutare se si tratti di una campagna di cittadini che si mobilitano, oppure di astroturfing - ovvero una campagna pianificata da un’organizzazione che finge di essere spontanea e nata dal basso. Su Vice UK, Emma Garland si è chiesta se Don’t Pay UK possa effettivamente raggiungere l’obiettivo di fare pressione attraverso il boicottaggio su larga scala. Esiste un precedente degli anni ‘90, quello della Poll Tax, tassa introdotta durante l’era Thatcher e fortemente osteggiata dalla popolazione. Si trattava di una quota fissa da pagare al proprio comune, indipendentemente dalla composizione del nucleo familiare, dalla situazione patrimoniale e dal reddito. Allora 17 milioni di persone, tra il 1990 e il 1993, si rifiutò di pagare la tassa, portando a un sovraccarico del sistema legale. Di fatto diventò impossibile la sua applicazione, e il suo fallimento fu tra le cause delle dimissioni della Thatcher. A circa 30 anni di distanza da quella campagna, insomma, una parte consistente di popolazione pensa che la storia potrebbe ripetersi, e non è certo il caso di sottovalutarla.

In questo clima incandescente è arrivata la notizia della morte della regina Elisabetta II. A ridosso dei concitati momenti in cui tutto il mondo è rimasto col fiato sospeso al susseguirsi di aggiornamenti sulle condizioni di salute della monarca, Liz Truss aveva annunciato i primi interventi contro i rincari energetici. In attesa di conoscere i dettagli, sembra che i prezzi saranno congelati, purché i consumi rimangano entro una certa soglia. Secondo il think-tank Resolution Foundation, la proposta favorirà le famiglie più ricche, complici i contestuali sgravi fiscali e l'assenza di tasse ad hoc sui grandi capitali.

Dio salverà il re?

La morte di Elisabetta II ha di fatto bloccato il paese in una sorta di lutto nazionale prolungato, tanto che gli scioperi previsti per questi giorni sono stati rinviati. Per il Regno Unito l'evento rappresenta "la fine di un'era": non è tanto un'importante leader politica a essere morta, o una figura istituzionale di primo piano. È come se fosse venuto meno un archetipo, qualcosa che da sempre ha sublimato e cementificato l'establishment britannico. L'elaborazione di questa perdita passerà probabilmente per l'elaborazione di un vuoto che l'attuale classe dirigente, così come il successore al trono difficilmente riuscirà a colmare, almeno nel breve periodo. Come scritto dall'editorialista Nesrine Malik:

Quando i vostri politici sono bugiardi e avete un disperato bisogno di credere nei vostri superiori, quando i vostri punti di riferimento culturali comuni sono segmentati in un milione di fornitori di contenuti e quando le vostre famiglie allargate sono frammentate, la gente vuole qualcosa di sacro. La gente vuole la certezza e la sicurezza di potervi rimproverare e dire: sì, tutto il resto della Gran Bretagna moderna può essere messo in palio, ma non questo. Ma nulla è sacro. Non la Regina, né la sua famiglia, che negli ultimi anni è stata scossa da accuse, fermamente smentite, di coinvolgimento del Principe Andrea con una minorenne vittima di traffico sessuale e di investimenti immobiliari in fondi discutibili. E non il paese, per il quale ha rappresentato per troppo tempo non un ponte ma un alibi.

Nel clima di lutto che sta attraversando il paese, hanno infatti trovato spazio contestazioni, e persino arresti di chi ha contestato. Del resto tutto sta lavorando per ricordare ai cittadini britannici che prima di tutto sono sudditi. Per le esequie della regina saranno per esempio sospesi trattamenti medici non urgenti. Tra i principali telegiornali, quasi tutti hanno dedicato in questi giorni ore e ore di servizi alla famiglia reale e alle cerimonie che gli elaborati protocolli prevedono, come se non esistesse altro, nel paese.

A Edimburgo, durante una delle cerimonie per la proclamazione di Carlo III, ci sono state dimostrazioni di protesta. Una donna è stata arrestata per aver esposto un cartello con scritto "fanculo l'imperialismo - aboliamo la monarchia". La stessa cerimonia è stata fischiata e ha ricevuto i classici "buuu" all'annuncio del "Dio salvi il re". Un altro arresto è avvenuto a Oxford, quando un'attivista ha domandato a voce alta "e chi lo avrebbe eletto?" in risposta all'annuncio della proclamazione del nuovo re. Secondo AJ+ sono almeno quattro i contestatori finora arrestati. A Cardiff l'auto che trasportava i reali verso il castello è stata accolta poco festosamente.

L'ex calciatore della nazionale inglese, Trevor Sinclair, è stato invece costretto a cancellare un tweet dove aveva criticato il regno della regina Elisabetta II e il razzismo imperante nel paese. L'emittente radio per cui Sinclair lavora, TalkSport, ha annunciato un'inchiesta interna sull'episodio.

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Il 10 settembre, infine, si è tenuta una marcia di protesta con migliaia di persone che hanno sfilato a Londra urlando il nome di "Chris Kaba". Kaba, 24 anni, è stato ucciso il 5 settembre da un colpo di pistola sparato da un ufficiale di polizia, in seguito sospeso, mentre era disarmato e al volante della propria auto. A margine della manifestazione, ci sono state polemiche per la copertura di Sky News. Uno dei conduttori, infatti, ha parlato della protesta come di una marcia di cordoglio per la morte della Regina. L'emittente si è in seguito scusata.

Come si può intuire, dopo il 19 settembre, giorno per cui sono previsti i funerali della Regina, è molto difficile pensare che i proclami patriottici o alla coesione nazionale possano tenere insieme le molte parti che compongono la nazione. Né si intravedono all'orizzonte nemici di comodo da agitare come spauracchio e diversivo, in chiave sciovinista: prima della Brexit questo ruolo è stato ricoperto dagli immigrati e dall'Unione europea, ma ora questo repertorio appare superato. Lo stesso Johnson, prima di passare il testimone, in un articolo per il Mail ha chiesto alle persone di stringersi insieme per far fronte alle difficoltà, additando la Russia come capro espiatorio dell'aumento del costo delle bollette. Nessuno sembra però averlo preso sul serio, mantenendo l'attenzione sui profitti delle compagnie energetiche e sulle speculazioni. Se un'era è finita, il passaggio alla successiva appare tutt'altro che pacifico e indolore.

Immagine in anteprima: le proteste nel Regno Unito lo scorso giugno – frame video EFE

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