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La posta in gioco delle elezioni in Polonia

13 Ottobre 2023 8 min lettura

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La posta in gioco delle elezioni in Polonia

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C’è molta attenzione sul risultato delle elezioni in Polonia, il prossimo 15 ottobre. Per ragioni di politica interna e di tenuta dei diritti di base, sempre più lesi all’interno della società polacca, e per gli effetti sulla politica estera, sui rapporti con l’Unione Europea e sulla guerra in Ucraina.

Gli elettori eleggeranno per un mandato di quattro anni i 460 membri della Camera bassa del Sejm con un sistema proporzionale, basato su liste di partito in 41 circoscrizioni, e i 100 membri della Camera alta del Senato con voto maggioritario al primo turno in 100 circoscrizioni.

A differenza delle ultime due tornate elettorali, che hanno visto il partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS) ottenere una larga maggioranza, l’esito del voto è infatti molto più incerto. E dal risultato finale dipenderà la direzione che prenderà la Polonia. 

Un terzo mandato a Diritto e Giustizia potrebbe intensificare lo scontro continuo tra Polonia e Unione Europea su questioni come lo Stato di diritto, l’immigrazione e la transizione ecologica. Con un prodotto interno lordo di circa 700 miliardi di dollari, è la più grande economia dell’est dell’Unione Europea e ha ricevuto più finanziamenti dall’UE su base pro-capite rispetto a qualsiasi altro paese membro da quando ha aderito nel 2004. Dall’invasione russa dell’Ucraina, la Polonia è diventata anche un hub di transito chiave per armi e altri aiuti e sta ancora ospitando circa 1 milione di rifugiati. Tuttavia, Bruxelles ha trattenuto i finanziamenti e citato in giudizio Varsavia per le sue politiche che hanno indebolito lo Stato di diritto e limitato l’indipendenza della giustizia.

I sondaggi più recenti danno a Diritto e Giustizia circa il 36% dei voti, 6 punti in percentuali in più della Piattaforma Civica, la coalizione all’opposizione, guidata dall’ex presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk. Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato l’1 ottobre a Varsavia, in Polonia, alla manifestazione organizzata da Piattaforma Civica. Secondo gli organizzatori, erano più di un milione di persone a testimonianza di quanto la posta in palio sia alta. Oltre mezzo milione di polacchi all’estero si sono registrati per votare, riporta Euronews.

L’unica certezza, scrive il Guardian, è che dal voto usciranno una società e un panorama politico profondamente polarizzati. 

I possibili scenari

La maggior parte dei sondaggi vede Diritto e Giustizia (e i suoi alleati Polonia Sovrana e Repubblicani), in vantaggio con circa il 36% dei consensi. Una percentuale lontana dal 43,6% raggiunto nelle elezioni del 2019, e che apre concretamente a scenari fino ad alcuni anni fa inaspettati. 

Diritto e Giustizia può restare al governo solo se i partiti minori – tra cui, Konfederacja (Confederazione Libertà e Indipendenza), un raggruppamento di partiti con posizioni ancora più estreme di Diritto e Giustizia e particolarmente popolare tra i giovani, il partito centrista Terza Via e Nuova Sinistra - non supereranno la soglia per ottenere seggi in Parlamento, fissata al 5% per i singoli partiti e all’8% per le coalizioni. 

Se così non fosse, si aprono tre possibilità: 

1) Per la prima volta Diritto e Giustizia potrebbe essere costretto a cercare almeno un alleato di Governo. Tutti gli occhi sono puntati verso Konfederacja, data al 9%, ma la coalizione di partiti di destra ha già fatto sapere di non essere intenzionata a entrare in alcuna coalizione.

2) La coalizione delle opposizioni, Piattaforma Civica, guidata dall’ex presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, e alcuni partiti minori (come Terza Via) raggiungono la maggioranza necessaria per poter governare. Si tratterebbe di un risultato fino a poco tempo fa impensabile e significherebbe un ribaltamento dell’indirizzo politico finora impresso dall’attuale partito al governo.

3) Una situazione di stallo, in cui nessuno dei due partiti principali è in grado di formare una coalizione. 

Come si arriva al voto

La campagna elettorale tra i diversi contendenti è stata impari. Il Governo – scrive il New York Times – “ha definito le regole del gioco per diventare l'unico giocatore in pista”.

In vista delle elezioni, l'amministrazione ha concesso maggiori benefici agli elettori di riferimento della maggioranza e ha modificato la mappa elettorale, mantenendo inalterate le aree urbane – che hanno maggiori probabilità di votare per l’opposizione e che saranno sotto-rappresentate – e creando nuovi distretti nelle aree rurali che sostengono il Governo. Centinaia di migliaia di polacchi che lavorano all’estero – anche più propensi a votare per l’opposizione – dovranno votare di persona in un numero limitato di seggi, “il che significa che molti non saranno in grado di votare affatto”, evidenzia Anne Applebaum su The Atlantic.

A questo si aggiunge la propaganda dei media statali. Sebbene legalmente obbligata a essere politicamente neutrale, durante la campagna elettorale la televisione di Stato ha puntato su determinati temi vicini alla retorica del partito di Governo. Una dinamica già vista in passato. Prima delle elezioni parlamentari del 2019, la televisione di Stato aveva mandato in onda un documentario intitolato “Invasion”, riferito alla comunità LGBTQ. Durante le elezioni presidenziali del 2020, l’emittente di Stato aveva descritto il candidato dell’opposizione come “servitore degli interessi ebraici”. 

A questo si aggiunge il referendum anti-immigrati che, da un lato, è servito a fare da cassa di risonanza alla retorica governativa sui migranti (a partire dalla formulazione dei quesiti referendari) e, dall’altro, ha permesso a Diritto e Giustizia di avere accesso a più fondi per la campagna elettorale rispetto alle altre compagini. Alla fine di settembre, il partito aveva già speso circa quattro milioni di zloty polacchi, circa 940.000 dollari, per la campagna elettorale su Internet; il più grande gruppo politico dell'opposizione, la Piattaforma Civica, aveva speso appena un quarto. 

Il 15 ottobre, infatti, i cittadini polacchi saranno chiamati anche a esprimersi su un referendum anti-immigrazione: “Sei d’accordo con l’ammissione di migliaia di immigrati illegali dal Medio Oriente e dall’Africa, a seguito del meccanismo di ricollocamento forzato imposto dalla burocrazia europea?”; “Sei d’accordo con la rimozione delle barriere al confine tra Polonia e Bielorussia?”. Il tono di due dei quattro quesiti è emblematico dell’approccio del partito di Governo all’accoglienza dei migranti e distorce l’evidenza dei fatti: nessuna burocrazia europea ha imposto alcun meccanismo di ricollocazione forzata.

La Polonia di Diritto e Giustizia

Guidato da Jarosław Kaczyński, primo ministro polacco dal 2006 al 2007, Diritto e Giustizia è al Governo dal 2015. In questi anni si è contraddistinto per i suoi tentativi di piegare l’indipendenza di media e sistema giudiziario, di utilizzare i beni dello Stato per estendere le maglie del suo potere e per la stretta sui diritti delle donne, della comunità LGBT e dei migranti. Nel 2020, cinque delle 16 province polacche si sono dichiarate “libere dall’ideologia LGBTQ”, salvo poi fare marcia indietro dopo le pressioni dell’Unione Europea. Dall’inizio del 2021 una legge fortemente voluta da Diritto e Giustizia permette alle donne di abortire solo in rarissimi casi tra cui lo stupro, che però deve essere accertato da un magistrato. Le restrizioni sono state ulteriormente inasprite, quando il tribunale costituzionale polacco ha stabilito che gli aborti per difetti fetali sono incostituzionali, ponendo fine alla via legale più comune per l'interruzione della gravidanza.

Per quanto riguarda la giustizia, l’obiettivo dichiarato è modificare il sistema giudiziario limitando ulteriormente i poteri dei giudici e la capacità della Corte suprema di valutare la costituzionalità di leggi e azioni del governo. Diritto e Giustizia afferma, invece, che il suo obiettivo è migliorare l'efficienza dei tribunali e creare un'economia più equa, difendendo al contempo l'identità cattolica della Polonia di fronte alle pressioni liberali occidentali.

Da un punto di vista economico, in un contesto di inflazione a due cifre e di aumento dei costi dell'energia, Diritto e Giustizia ha promesso di incrementare del 60% il programma di sussidi per i bambini, aumentando i pagamenti delle pensioni e riducendo i prezzi della benzina.

E poi c’è la politica estera. Durante la campagna elettorale, preoccupata dalle posizioni del partito rivale di destra (e potenziale alleato di governo), Konfederacja (Confederazione Libertà e Indipendenza) – che ha chiesto a gran voce di ridurre il sostegno della Polonia all'Ucraina – Diritto e Giustizia ha inviato messaggi contrastanti sulla sua politica nei confronti di Kyiv. Finora aveva sempre insistito che non avrebbe fatto nulla per ridurre il flusso di armi per combattere le forze d'invasione russe. Meno di due settimane fa, invece, Morawiecki ha dichiarato a un'emittente nazionale che la Polonia “non trasferirà più armi all'Ucraina, perché ora stiamo armando con armi più potenti”. 

Il presidente polacco, Andrzej Duda, ha poi ritrattato le affermazioni di Morawiecki, segno comunque di prime “crepe nel consenso europeo per aiutare l’Ucraina”, spiega a Bloomberg Piotr Buras, capo dell’ufficio del Consiglio Europeo per le relazioni estere a Varsavia. “Questo cambiamento nella retorica nei confronti dell’Ucraina non se ne andrà dopo le elezioni, ed è anche pericoloso”. La Polonia è stata finora uno degli alleati più solerti dell’Ucraina, fornendo aiuti economici, supporto logistico e accogliendo oltre 1,5 milioni di profughi.

L’annuncio è arrivato dopo le tensioni nate in seguito alla decisione del governo polacco di vietare la vendita di grano ucraino sul proprio territorio. Nel disperato tentativo di tenersi stretti gli elettori delle aree rurali, Diritto e Giustizia ha giurato di bloccare l'importazione di grano ucraino a basso costo e di proteggere gli agricoltori polacchi dai danni causati al loro reddito. Il grano doveva solo transitare per la Polonia, ma una parte è stata venduta sul mercato interno.

E se vincesse Piattaforma Civica?

Il principale gruppo di opposizione è rappresentato dalla coalizione di centro-destra Piattaforma civica, guidata dall'ex presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk. In campagna elettorale Tusk ha promesso di annullare le modifiche introdotte da Diritto e Giustizia al sistema giudiziario e mediatico, al fine di garantire la loro indipendenza e la conformità costituzionale.

Una vittoria di Piattaforma Civica aprirebbe, inoltre, la strada a migliori relazioni con l’Unione Europea, deterioratisi in questi anni, dopo la stretta sui diritti. Nel caso di un cambio di maggioranza, uno dei compiti più urgenti del nuovo Governo sarà quello di dimostrare un’inversione di rotta nel campo della garanzia dello Stato di diritto in modo tale da sbloccare miliardi di euro di fondi Covid per la ripresa e la coesione.

Tuttavia, non mancano le criticità. Recentemente, PIattaforma Civica ha ritirato il sostegno alla candidatura di Jana Shostak, un'attivista femminista con cittadinanza polacca e bielorussia e una solida esperienza nella difesa dei diritti dei rifugiati e delle donne nel paese guidato da Lukashenko, dopo le sue posizioni sull’aborto. Shostak ha infatti espresso il suo sostegno all'accesso all'aborto dopo 12 settimane di gravidanza. 

“Non mi aspettavo che parlare di aborto mi avrebbe fatto cadere”, ha dichiarato Shostak al Guardian, citando i commenti di Tusk all'ultimo Congresso annuale delle donne, dove ha parlato con enfasi a sostegno dell'aborto legale e ha promesso che nessun candidato che si fosse opposto alla liberalizzazione della legge sull'aborto esistente avrebbe potuto candidarsi come parte della coalizione di Piattaforma Civica. “Né il signor Tusk né altri della coalizione mi hanno contattata né si sono mai preoccupati di chiedermi quali fossero le mie reali opinioni”, ha detto Shostak. “Non facciamo passare le donne per pazze. Non è che qualcuno si sveglia all'ottavo mese [di gravidanza] e decide di abortire senza motivo”.

La candidatura di Shostak tra le fila di Piattaforma Civica aveva galvanizzato i progressisti polacchi.

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Potrebbe rimanere inalterate, inoltre, le dure politiche migratorie del paese, inclusi i controlli al confine con la Bielorussia, seppure senza respingimenti.

Non è detto, infine, che la coalizione di Tusk riesca a formare un governo stabile. “Per formare un nuovo governo Piattaforma Civica dovrebbe rivolgersi a partiti che coprono un arco politico che va dai conservatori sociali alla sinistra radicale. E non è detto che abbia pieno sostegno dal presidente Duda, giunto a meno di due anni dalla fine del suo mandato”, commenta a Bloomberg Aleks Szczerbiak, docente dell’Università del Sussex in Inghilterra, esperto di Polonia. “Qualsiasi altra cosa diversa da una maggioranza di Diritto e Giustizia significherà quasi certamente un periodo di instabilità politica”.

Immagine in anteprima: frame video Al Jazeera

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